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Ballaman, il leghista recordman dell'auto blu


C'era da andare a prendere i parenti della moglie all'aeroporto? «Autista: la macchina!». Voleva vedere la partita di calcio Padania-Tibet? «Autista: la macchina!». Era invitato a pranzo dei suoceri? «Autista: la macchina!». Finché tutti questi viaggi poco istituzionali sono finiti in un dossier. Sul quale c'è un'inchiesta della Corte dei conti. Protagonista: il presidente del consiglio regionale del Friuli, Edouard Ballaman. Della Lega Nord. Il partito che era nato tuonando contro le auto blu.

La dettagliatissima ricostruzione dell'uso disinvolto dell'auto di servizio da parte dell'alto esponente del Carroccio, già deputato per tre legislature e questore della Camera, è stata pubblicata dal Messaggero Veneto. Dove Anna Buttazzoni ha rivelato un elenco sconcertante di una settantina di «missioni» dure da spacciare come dovute a obblighi d'ufficio. Frequenti trasferte a Campongara (Venezia) a casa dei genitori della fidanzata e poi moglie Chiara Feltrin. Una puntata a Jesolo «da un notaio per rogito appartamento al mare». Una serata con la fidanzata al ristorante «Da Giggetto» a Miane. Un viaggio all'aeroporto di Venezia «con fidanzata per accogliere nonna e zio di lei in arrivo dal sud Africa per il matrimonio». Un paio di sfacchinate fino a Milano per assistere ai primi di maggio 2008 all'incontro di calcio citato tra la Padania e il Tibet e poi per partecipare alla proiezione del film fortissimamente voluto dai leghisti «Barbarossa» di Renzo Martinelli. E via così...

Un dettaglio spicca sugli altri: nella lista ci sono due trasferimenti alla Malpensa. Prima per «partenza viaggio di nozze». Poi per «rientro viaggio di nozze». Esattamente lo stesso sfizio che si era preso Giuseppe Buzzanca che proprio per quel viaggio era stato non solo messo sotto accusa ma addirittura dichiarato decaduto, dopo un tormentone di sentenze e appelli, dalla carica di sindaco di Messina. Qual è la differenza? Che di là c'era il solito «terrone» della solita «Terronia» che si prende i lussi della Casta e di qua invece un virtuoso padano dedito al bene comune e costretto dalla forza degli eventi a utilizzare l'auto blu per il più personale di tutti motivi personali? Difficile da sostenere. Tanto più agli occhi dei leghisti duri e puri. Quelli che non hanno dimenticato come la Lega Nord sia stata per anni scatenata contro l'abuso delle auto di servizio.

Prima di «rassegnarsi» al comfort del sedile posteriore delle macchine dai vetri oscurati («È vero che noi della Lega per anni abbiamo dato battaglia su questa cosa. Ma per una donna e una mamma come me, diciamo la verità, l'auto blu è una bella comodità», spiegò l'allora presidente della regione Friuli-Venezia Giulia, Alessandra Guerra, «Non so come farei, se non venissero a prendermi a casa tutte le mattine») i leghisti erano arrivati al punto di presentare, nel 1993, un progetto di legge per abolire le Croma, le Mercedes, le Bmw da sostituire con Panda, Cinquecento, Renault 4 e Fiat Uno: «I potenti devono viaggiare in utilitaria».

Per non dire del «Manuale di resistenza fiscale» benedetto da Umberto Bossi nel novembre 1996 e illustrato da Mimmo Pagliarini e quel Roberto Maroni che oggi è al Viminale. I quali invitarono il contribuente «a un atto di disobbedienza» e a rivendicare il «diritto naturale» di togliere dalla dichiarazione dei redditi, tra l'altro, «35 mila lire di detrazione per le ingiuste spese delle auto blu». Una offensiva durata anni. E ogni tanto tirata fuori tra mille strilli. Contro il governo quando a palazzo Chigi c'era Dini. Contro la regione Emilia-Romagna. Contro la provincia di Milano quando era presidente Filippo Penati. Contro Letizia Moratti, tre anni fa, quando Matteo Salvini propose di tagliare le auto in dotazione alla giunta e a ventitré dirigenti comunali: «Facciamo andare a piedi gli assessori per costruire due villaggi solidali in Africa».

Rintracciato da Marco Ballico del Piccolo, che a maggio aveva già rivelato come andasse in ufficio tenendo sotto l'ascella un revolver modello «357 magnum» («tranquilli, non lo porto in aula»), Ballaman ha detto: «Se ho sbagliato pagherò. La maggior parte dei viaggi è giustificata. Sul resto vedranno i legali». Pagherà fino alle dimissioni? «Non penso proprio. Si paga il giusto, non di più». Come mai è saltata fuori la lista di questi viaggi? Ovvio: un complotto. Di chi? Dei conducenti: «Probabilmente a lasciarli a casa, mi sono inimicato qualche autista». Come mai? Perché il presidente, il 1° aprile scorso, forse intuendo d'avere un po' esagerato, aveva deciso di fare il bel gesto: la rinuncia all'auto blu! Peccato che lo stesso Piccolo di Trieste l'aveva beccato: grazie al ricorso all'auto propria, una Rover, Ballaman incassava oltre allo stipendio lordo mensile di 16.500 euro, anche 3.200 euro in più al mese di rimborsi.

Ballaman non è nuovo alle cronache. Come scrisse il Gazzettino, nel 2001 il sito internet dei Monopoli dello Stato comunicò che «tra i cinque concorrenti» le concessioni di due sale Bingo erano «state assegnate alla Cristallina Srl (47 punti) e alla Milleuno bingo (45)». E chi c'era tra i soci della Cristallina Srl? Lui. E sempre lui c'entrava nella sventurata speculazione immobiliare leghista a Punta Salvore, in Istria. La faccenda più «curiosa», però, fu lo scambio delle mogli con l'allora sottosegretario agli Interni Maurizio Balocchi. Niente sesso, si capisce: per aggirare la legge che vieta di assumere i propri parenti, lui prese in ufficio la signora Laura Pace, compagna di Balocchi, e Balocchi prese come collaboratrice Tiziana Vivian, alla quale Ballaman era legato prima di fidanzarsi e poi sposarsi con l'attuale compagna di autoblù. Anche allora, manco a dirlo, trovò del tutto superfluo perfino l'accenno alle dimissioni. E quando mai?


Fonte: Corriere.it

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