Gentile Dino Boffo, un anno fa Lei era costretto a dimettersi da direttore di Avvenire in seguito a una nota campagna del Giornale della famiglia Berlusconi. Campagna basata su una notizia vera e una falsa. Quella vera era la Sua condanna nel 2004 (decreto penale del Gip di Terni, da Lei non impugnato e dunque definitivo) per molestie su una donna. Quella falsa era una presunta (cito da Il Giornale) “nota informativa che accompagna e spiega il rinvio a giudizio emesso dal Gip del Tribunale di Terni il 9 agosto 2004: ‘Il Boffo – si legge – è stato a suo tempo querelato da una signora di Terni destinataria di telefonate sconce e offensive e di pedinamenti volti a intimidirla, onde lasciasse libero il marito con il quale il Boffo, noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni, aveva una relazione’...”. Che non esistesse alcuna nota informativa della Polizia, né agli atti del processo né altrove, apparve evidente a tutti, essendo impensabile che le forze dell’ordine di un Paese democratico “attenzionino” gli omosessuali in quanto tali. Il Corriere pubblicò la “nota”, che non era affatto un documento giudiziario o poliziesco, ma una lettera anonima giunta a diversi vescovi e ad alcuni quotidiani.
Dunque Il Giornale – come confermarono i magistrati ternani – aveva spacciato un pezzo di carta straccia per un atto giudiziario, conferendogli i crismi dell’ufficialità. Dal giorno delle Sue dimissioni Lei ha lodevolmente scelto la strada del silenzio e di Lei si è tornati a parlare solo quando è stato nominato dal governo Berlusconi (ministero dello Sviluppo economico) tra i membri della Consulta Filatelica Nazionale, prestigioso organismo consultivo “per definire gli indirizzi di politica filatelica e il programma annuale di emissione” dei francobolli. L’altra sera però abbiamo appreso da Feltri, ospite di La7, che Lei non ha mai denunciato Il Giornale per ottenere il risarcimento dei gravissimi danni subiti. Feltri ha aggiunto di trovare curioso che, se davvero i vescovi italiani La ritengono vittima di un sopruso, abbiano accettato le Sue dimissioni su due piedi e non Le abbiano offerto una tribuna da cui riprendere l'attività di giornalista. Le affermazioni di Feltri non sono state smentite. La questione ormai esce dal Suo privato e diventa pubblica. Anche perché il “trattamento Boffo” inaugurato dal Giornale con Lei ha conciato per le feste una lunga sfilza di politici, giornalisti e magistrati che avevano osato mettersi di traverso sulla strada del premier padrone (pardòn, fratello del padrone), giù giù sino a Fini (come ha denunciato il Suo successore, Marco Tarquinio). Feltri l’aveva minacciosamente preannunciato nel primo editoriale a Lei dedicato: “La Repubblica scava nel privato del premier e l’Avvenire ha messo mano al piccone per recuperare materiale adatto a creare una piattaforma su cui costruire una campagna moralistica contro Berlusconi... Se il livello della polemica è basso, prima o poi anche chi era abituato a volare alto, o almeno si sforzava di non perdere quota, è destinato a planare per rispondere agli avversari. Cominciamo da Dino Boffo...”.
Forse è venuto il momento di rompere il riserbo e fare definitivamente chiarezza sul Suo caso. Anzitutto rendendo pubblici gli atti del Suo processo, che i cronisti non hanno potuto visionare perché manca il consenso del condannato (Lei). E poi spiegando perché Lei non ha ritenuto di denunciare Il Giornale, anzi è stato visto a pranzo proprio con Feltri nel febbraio scorso. C’è qualcosa che ancora non sappiamo? Forse la famiglia del premier ha preferito chiudere la querelle con un risarcimento preventivo per evitare una causa pubblica? Può farci gentilmente sapere? Attendiamo Sue notizie.
Fonte: Il Fatto Quotidiano del 02 settembre
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