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Luce di pensieri. Il libro fenomeno dell'estate che ha contagiato i lettori di tutta Italia
Il libro è uno scrigno che contiene parole, una teca che libera la magia e crea un’empatia, una connessione, tra due e più persone…
Un libro apparentemente normale che riserva ad ogni sua pagina una sorpresa. Una scoperta interiore che rende protagonista il lettore di una storia che pensava fosse solo sua e invece scoprirà raccontata in pochi versi di una magica poesia.
Pensieri e parole semplici che raggiungono il centro del cuore e aprono la propria mente ai ricordi.
Questo e altro è "Luce di pensieri".
Sicuramente leggendo il libro troverete le immagini della vostra vita. Una o più poesie vi coinvolgeranno poiché vi apparirà di leggere qualcosa che vi appartiene, qualcosa che avete vissuto e resterete sconvolti e piacevolmente sorpresi dallo scoprire che una persona che pensavate estranea sa raccontare così accuratamente le vostre emozioni.
Le emozioni dell'autrice che sono anche le vostre, la sua vita che è anche la vostra. Diverse musiche che cantano vite diverse con le medesime note.
Questi i segreti che hanno contagiato alla lettura più di un milione di italiani.
Questi i segreti che hanno contagiato alla lettura più di un milione di italiani.
Una lettura da non farsi scappare per se stessi e per i propri amici e parenti. Un gradito regalo che saprà donare armonia e gioia in un mondo sempre più cupo e teso.
Il libro si può acquistare in tiratura limitata su Amazon e sul sito Pensieri e Parole.
Le scorte sono limitate poiché il libro è in edizione da collezione, provate a vedere su entrambi i siti se c'è disponibilità.
ACQUISTA:
LINK 1 - Pensieri e Parole
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Buona Lettura
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VENEZIA - Imprenditori e tanti politici. Una raffica di arresti clamorosi. Il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, del centrosinistra, è finito in manette con le accusa di finanziamento illecito relativa alla sua campagna elettorale per le comunali del 2010. L'inchiesta è quella della Procura di Venezia sugli appalti per il Mose e sull'ex ad della Mantovani Giorgio Baita, già colpito da un provvedimento di custodia cautelare lo scorso febbraio. In manette anche l'assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso, di Forza Italia.
Le persone finite in manette sono in tutto 35, mentre sono un altro centinaio gli indagati. Tra gli arrestati anche il consigliere regionale del Pd Giampiero Marchese, gli imprenditori Franco Morbiolo e Roberto Meneguzzo nonchè il generale in pensione Emilio Spaziante. La GdF ha sequestrato beni per un valore di circa 40 milioni di euro.
Coinvolto Galan. E una richiesta di arresto è stata formulata per il senatore di Forza Italia Giancarlo Galan. Trattandosi di un deputato, gli atti dovranno essere trasmessi alla Camera dei deputati. Galan è coinvolto per il periodo in cui è stato presidente della Regione Veneto, dal 2005 al 2010.
La posizione del sindaco Orsoni. La Guardia di Finanza sta ancora portando avanti controlli sul territorio in Veneto, Lazio, Lombardia ed Emilia Romagna con oltre 300 uomini. Secondo i legali del sindaco Orsoni "le circostanze contestate nel provvedimento notificato paiono poco credibili, gli si attribuiscono condotte non compatibili con il suo ruolo ed il suo stile di vita. "La difesa del professore Orsoni esprime preoccupazione per l'iniziativa assunta e confida in un tempestivo chiarimento della posizione dello stesso sul piano umano, professionale e istituzionale", si legge in una nota degli avvocati Daniele Grasso e Mariagrazia Romeo. Nell'ambito dell'inchiesta sono stati perquisiti negli uffici del sindaco di Venezia e dell'assessore regionale Chisso.
inchiesta. Gli arresti partono da una inchiesta della Guardia di finanza di Venezia avviata circa tre anni fa. I pm Stefano Ancillotto, Stefano Buccini e Paola Tonino (Dda) avevano scoperto che l'ex manager della Mantovani Giorgio Baita, con il beneplacito del proprio braccio destro Nicolò Buson, aveva distratto dei fondi relativi al Mose, le opere di salvaguardia per Venezia, in una serie di fondi neri all'estero. Il denaro, secondo l'accusa, veniva portato da Claudia Minutillo, imprenditrice ed ex segretaria personale di Galan, a San Marino dove i soldi venivano riciclati da William Colombelli grazie alla propria azienda finanziaria Bmc.
Appalti e partiti. Le Fiamme gialle avevano scoperto che almeno 20 milioni di euro, così occultati, erano finiti in conti esteri d'oltre confine e che, probabilmente, erano indirizzati alla politica, circostanza che ha fatto scattare l'operazione di questa mattina all'alba. Secondo la ricostruzione degli inquirenti il gruppo avrebbe creato, attraverso un giro di fatture false, fondi neri indirizzati poi su conti esteri, che sarebbero serviti, almeno in parte, per finanziare politici e partiti, di ogni schieramento, durante le campagne elettorali.
Dopo questa prima fase, lo stesso pool, coordinato dalla Finanza, aveva portato in carcere Giovanni Mazzacurati ai vertici del Consorzio Venezia Nuova (Cvn). Mazzacurati, poi finito ai domiciliari, era stato definito "il grande burattinaio" di tutte le opere relative al Mose.
Indagando su di lui erano spuntate fatture false e presunte bustarelle che hanno portato all'arresto di Pio Savioli e Federico Sutto, rispettivamente consigliere e dipendente di Cvn, e quattro imprenditori che si spartivano i lavori milionari.
Il Mose. Il Mose (Modulo Sperimentale Elettromeccanico) è un'opera di ingegneria idraulica pensata negli anni '80 per difendere Venezia e la sua laguna dal fenomeno dell'acqua alta e specialmente da quelle superiori ai 110 centimetri. Il costo complessivo dell'opera è di 5493 milioni di euro e lo stato di avanzamento dei lavori è pari all'87% e. Nel mese di ottobre, serviva ancora un miliardo di
Le persone finite in manette sono in tutto 35, mentre sono un altro centinaio gli indagati. Tra gli arrestati anche il consigliere regionale del Pd Giampiero Marchese, gli imprenditori Franco Morbiolo e Roberto Meneguzzo nonchè il generale in pensione Emilio Spaziante. La GdF ha sequestrato beni per un valore di circa 40 milioni di euro.
Coinvolto Galan. E una richiesta di arresto è stata formulata per il senatore di Forza Italia Giancarlo Galan. Trattandosi di un deputato, gli atti dovranno essere trasmessi alla Camera dei deputati. Galan è coinvolto per il periodo in cui è stato presidente della Regione Veneto, dal 2005 al 2010.
La posizione del sindaco Orsoni. La Guardia di Finanza sta ancora portando avanti controlli sul territorio in Veneto, Lazio, Lombardia ed Emilia Romagna con oltre 300 uomini. Secondo i legali del sindaco Orsoni "le circostanze contestate nel provvedimento notificato paiono poco credibili, gli si attribuiscono condotte non compatibili con il suo ruolo ed il suo stile di vita. "La difesa del professore Orsoni esprime preoccupazione per l'iniziativa assunta e confida in un tempestivo chiarimento della posizione dello stesso sul piano umano, professionale e istituzionale", si legge in una nota degli avvocati Daniele Grasso e Mariagrazia Romeo. Nell'ambito dell'inchiesta sono stati perquisiti negli uffici del sindaco di Venezia e dell'assessore regionale Chisso.
inchiesta. Gli arresti partono da una inchiesta della Guardia di finanza di Venezia avviata circa tre anni fa. I pm Stefano Ancillotto, Stefano Buccini e Paola Tonino (Dda) avevano scoperto che l'ex manager della Mantovani Giorgio Baita, con il beneplacito del proprio braccio destro Nicolò Buson, aveva distratto dei fondi relativi al Mose, le opere di salvaguardia per Venezia, in una serie di fondi neri all'estero. Il denaro, secondo l'accusa, veniva portato da Claudia Minutillo, imprenditrice ed ex segretaria personale di Galan, a San Marino dove i soldi venivano riciclati da William Colombelli grazie alla propria azienda finanziaria Bmc.
Appalti e partiti. Le Fiamme gialle avevano scoperto che almeno 20 milioni di euro, così occultati, erano finiti in conti esteri d'oltre confine e che, probabilmente, erano indirizzati alla politica, circostanza che ha fatto scattare l'operazione di questa mattina all'alba. Secondo la ricostruzione degli inquirenti il gruppo avrebbe creato, attraverso un giro di fatture false, fondi neri indirizzati poi su conti esteri, che sarebbero serviti, almeno in parte, per finanziare politici e partiti, di ogni schieramento, durante le campagne elettorali.
Dopo questa prima fase, lo stesso pool, coordinato dalla Finanza, aveva portato in carcere Giovanni Mazzacurati ai vertici del Consorzio Venezia Nuova (Cvn). Mazzacurati, poi finito ai domiciliari, era stato definito "il grande burattinaio" di tutte le opere relative al Mose.
Indagando su di lui erano spuntate fatture false e presunte bustarelle che hanno portato all'arresto di Pio Savioli e Federico Sutto, rispettivamente consigliere e dipendente di Cvn, e quattro imprenditori che si spartivano i lavori milionari.
Il Mose. Il Mose (Modulo Sperimentale Elettromeccanico) è un'opera di ingegneria idraulica pensata negli anni '80 per difendere Venezia e la sua laguna dal fenomeno dell'acqua alta e specialmente da quelle superiori ai 110 centimetri. Il costo complessivo dell'opera è di 5493 milioni di euro e lo stato di avanzamento dei lavori è pari all'87% e. Nel mese di ottobre, serviva ancora un miliardo di
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Antitrust, si indaga sui viaggi online. Istruttoria su Expedia e Booking
Viaggi online sotto indagini. L‘Antritrust, infatti, ha avviato un’istruttoria nei confronti di Booking ed Expedia, i due servizi di prenotazione viaggi online. L’oggetto delle indagini sarebbe la violazione delle norme della concorrenza, che avrebbe ostacolato la possibilità per i consumatori di trovare offerte e condizioni di viaggio migliori attraverso altre agenzie di prenotazione online o attraverso i siti web degli alberghi.
La decisione dell’Autorità, presieduta da Giovanni Pitruzzella, è stata presa dopo una segnalazione fatta da Federalberghi. L’istruttoria dovrà concludersi entro il 30 luglio 2015; come si legge nella nota pubblicata, sono finite sotto indagini “le clausole previste da Booking ed Expedia che vincolano le strutture ricettive a non offrire i propri servizi alberghieri a prezzi e condizioni migliori tramite altre agenzie di prenotazione online, e in generale, tramite qualsiasi altro canale di prenotazione “.
Secondo l’Antitrust, infatti, “l’utilizzo di queste clausole da parte delle due principali piattaforme presenti sul mercato potrebbe limitare significativamente la concorrenza sia sulle commissioni richieste alle strutture ricettive che sui prezzi dei servizi alberghieri, a danno dei consumatori finali”.
La polemica era stata sollevata nel marzo scorso da Federalberghi, che aveva attaccato i due siti di prenotazione online perché impedivano alle strutture alberghiere di abbassare i prezzi a causa di una specifica clausola, la cosiddetta “parity rate”, che non permetterebbe agli hotel di pubblicizzare offerte più vantaggiose di quelle che si trovano sulle grandi piattaforme di prenotazione. Un intermediario ingombrante, come dichiarava già qualche mese fa Alessandro Nucara, direttore generale di Federalberghi, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera: “E’ come se tra l’albergatore e il cliente si frapponga sempre il portiere e imponga ad entrambi il prezzo che vuole lui senza che le due parti possano svincolarsi”, per questo chiedeva l’annullamento delle “clausole vessatorie che i portali di prenotazione impongono agli hotel e assoggettando le imprese a un regime di commissioni sempre più gravoso”.
La decisione dell’Autorità, presieduta da Giovanni Pitruzzella, è stata presa dopo una segnalazione fatta da Federalberghi. L’istruttoria dovrà concludersi entro il 30 luglio 2015; come si legge nella nota pubblicata, sono finite sotto indagini “le clausole previste da Booking ed Expedia che vincolano le strutture ricettive a non offrire i propri servizi alberghieri a prezzi e condizioni migliori tramite altre agenzie di prenotazione online, e in generale, tramite qualsiasi altro canale di prenotazione “.
Secondo l’Antitrust, infatti, “l’utilizzo di queste clausole da parte delle due principali piattaforme presenti sul mercato potrebbe limitare significativamente la concorrenza sia sulle commissioni richieste alle strutture ricettive che sui prezzi dei servizi alberghieri, a danno dei consumatori finali”.
La polemica era stata sollevata nel marzo scorso da Federalberghi, che aveva attaccato i due siti di prenotazione online perché impedivano alle strutture alberghiere di abbassare i prezzi a causa di una specifica clausola, la cosiddetta “parity rate”, che non permetterebbe agli hotel di pubblicizzare offerte più vantaggiose di quelle che si trovano sulle grandi piattaforme di prenotazione. Un intermediario ingombrante, come dichiarava già qualche mese fa Alessandro Nucara, direttore generale di Federalberghi, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera: “E’ come se tra l’albergatore e il cliente si frapponga sempre il portiere e imponga ad entrambi il prezzo che vuole lui senza che le due parti possano svincolarsi”, per questo chiedeva l’annullamento delle “clausole vessatorie che i portali di prenotazione impongono agli hotel e assoggettando le imprese a un regime di commissioni sempre più gravoso”.
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Il bonus da 80 euro anche per cassintegrati e disoccupati
MILANO - Anche i cassintegrati, i disoccupati che percepiscono l'indennità e i lavoratori in mobilità riceveranno il bonus Irpef di 80 euro. E' quanto prevede una circolare applicativa dell'Agenzia delle Entrate sullo sgravio fiscale, ora all'attenzione del Senato sotto una pioggia di emendamenti, che dovrebbe arrivare nella busta paga di maggio. Tra le novità anche il fatto che le somme percepite come incremento della produttività, tassate al 10%, non concorrono ai fini del bonus.
L'Agenzia precisa in una nota che "il credito Irpef scatta anche per i lavoratori che percepiscono somme indirizzate a sostegno del reddito, come la cassa integrazione guadagni, l’indennità di mobilità e di disoccupazione. Non concorrono al superamento del limite di 26mila euro le somme percepite a titolo di incremento della produttività che godono di una imposta sostitutiva del 10% mentre le stesse somme, a esclusivo vantaggio del lavoratore, vengono conteggiate per calcolare l’imposta lorda da confrontare con le detrazioni da lavoro dipendente". Nel caso delle "somme a sostegno del reddito" il diritto al bonus, chiarisce la circolare, è da considerarsi "automatico", perché le somme percepite costituiscono proventi comunque conseguiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente, quindi assimilabili alla stessa categoria di quelli sostituiti.
Per quanto riguarda invece i redditi soggetti all’imposta sostitutiva per l’incremento
di produttività, questi (entro il limite di 3mila euro lordi) sono fuori dal calcolo della soglia di reddito di 26mila euro, tetto massimo oltre il quale si perde il diritto al bonus Irpef. "Nel 2014", spiegano dalle Entrate, "la retribuzione di produttività individuale che può beneficiare di questa agevolazione fiscale non può essere complessivamente superiore a 3mila euro lordi e questa cifra non contribuisce al raggiungimento della soglia di 26mila euro di reddito complessivo. Allo stesso tempo, precisa il documento di prassi, il reddito di lavoro dipendente assoggettato a imposta sostitutiva deve comunque essere sommato ai redditi tassati in via ordinaria per la verifica della 'capienza' dell’imposta lorda, calcolata sui redditi da lavoro rispetto alle detrazioni da lavoro spettanti". Nel conteggio dei 26mila euro, invece, bisogna considerare i redditi provenienti da affitti di immobili sotto il regime della "cedolare secca".
Tra le altre precisazioni, l'Agenzia ricorda che il bonus da 80 euro spetta anche ai lavoratori deceduti in relazione al loro periodo di lavoro nel 2014 e sarà calcolato nella dichiarazione dei redditi del lavoratore deceduto presentata da uno degli eredi.
Sul fronte del sostituto d'imposta, invece, si segnalano i ragguagli circa il calcolo del credito da erogare. La circolare specifica gli step che il sostituto d’imposta deve seguire per il calcolo del credito. Una volta calcolato il credito, la successiva ripartizione potrà avvenire tenendo conto del numero di giorni lavorati in ciascun periodo di paga. Per semplicità di applicazione, è comunque possibile utilizzare anche altri criteri, purché oggettivi e costanti, ferma restando la ripartizione dell’intero importo del credito spettante tra le retribuzioni dell’anno 2014. Ad esempio, per i rapporti di lavoro che si protraggono per l’intero anno 2014, l’importo del credito di 640 euro su base annua potrà essere erogato per un importo pari a 80 euro al mese per ciascuno degli 8 mesi che vanno da maggio a dicembre 2014.
Nel caso di contribuenti che hanno lavorato solo una parte dell’anno, inoltre, il sostituto d’imposta deve calcolare il credito sulla base del periodo di lavoro effettivo. Ad esempio, un lavoratore il cui reddito complessivo è di 22mila euro e che ha svolto 120 giorni di lavoro nel 2014 avrà diritto a un credito pari a 210,41 euro (640/365 x 120). Dopo aver individuato l’importo complessivo del credito spettante, particolare attenzione dovrà poi essere posta nella ripartizione del bonus nelle varie buste paga da maggio in poi. Infatti, l’importo da erogare nel mese andrà parametrato in base ai giorni di cui è composto il singolo mese di retribuzione.
L'Agenzia precisa in una nota che "il credito Irpef scatta anche per i lavoratori che percepiscono somme indirizzate a sostegno del reddito, come la cassa integrazione guadagni, l’indennità di mobilità e di disoccupazione. Non concorrono al superamento del limite di 26mila euro le somme percepite a titolo di incremento della produttività che godono di una imposta sostitutiva del 10% mentre le stesse somme, a esclusivo vantaggio del lavoratore, vengono conteggiate per calcolare l’imposta lorda da confrontare con le detrazioni da lavoro dipendente". Nel caso delle "somme a sostegno del reddito" il diritto al bonus, chiarisce la circolare, è da considerarsi "automatico", perché le somme percepite costituiscono proventi comunque conseguiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente, quindi assimilabili alla stessa categoria di quelli sostituiti.
Per quanto riguarda invece i redditi soggetti all’imposta sostitutiva per l’incremento
di produttività, questi (entro il limite di 3mila euro lordi) sono fuori dal calcolo della soglia di reddito di 26mila euro, tetto massimo oltre il quale si perde il diritto al bonus Irpef. "Nel 2014", spiegano dalle Entrate, "la retribuzione di produttività individuale che può beneficiare di questa agevolazione fiscale non può essere complessivamente superiore a 3mila euro lordi e questa cifra non contribuisce al raggiungimento della soglia di 26mila euro di reddito complessivo. Allo stesso tempo, precisa il documento di prassi, il reddito di lavoro dipendente assoggettato a imposta sostitutiva deve comunque essere sommato ai redditi tassati in via ordinaria per la verifica della 'capienza' dell’imposta lorda, calcolata sui redditi da lavoro rispetto alle detrazioni da lavoro spettanti". Nel conteggio dei 26mila euro, invece, bisogna considerare i redditi provenienti da affitti di immobili sotto il regime della "cedolare secca".
Tra le altre precisazioni, l'Agenzia ricorda che il bonus da 80 euro spetta anche ai lavoratori deceduti in relazione al loro periodo di lavoro nel 2014 e sarà calcolato nella dichiarazione dei redditi del lavoratore deceduto presentata da uno degli eredi.
Sul fronte del sostituto d'imposta, invece, si segnalano i ragguagli circa il calcolo del credito da erogare. La circolare specifica gli step che il sostituto d’imposta deve seguire per il calcolo del credito. Una volta calcolato il credito, la successiva ripartizione potrà avvenire tenendo conto del numero di giorni lavorati in ciascun periodo di paga. Per semplicità di applicazione, è comunque possibile utilizzare anche altri criteri, purché oggettivi e costanti, ferma restando la ripartizione dell’intero importo del credito spettante tra le retribuzioni dell’anno 2014. Ad esempio, per i rapporti di lavoro che si protraggono per l’intero anno 2014, l’importo del credito di 640 euro su base annua potrà essere erogato per un importo pari a 80 euro al mese per ciascuno degli 8 mesi che vanno da maggio a dicembre 2014.
Nel caso di contribuenti che hanno lavorato solo una parte dell’anno, inoltre, il sostituto d’imposta deve calcolare il credito sulla base del periodo di lavoro effettivo. Ad esempio, un lavoratore il cui reddito complessivo è di 22mila euro e che ha svolto 120 giorni di lavoro nel 2014 avrà diritto a un credito pari a 210,41 euro (640/365 x 120). Dopo aver individuato l’importo complessivo del credito spettante, particolare attenzione dovrà poi essere posta nella ripartizione del bonus nelle varie buste paga da maggio in poi. Infatti, l’importo da erogare nel mese andrà parametrato in base ai giorni di cui è composto il singolo mese di retribuzione.
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Il Napoli di Genny A' carogna vince la Coppa Italia della vergogna
Tentato omicidio. E’ questa l’accusa con cui la polizia di Roma ha arrestato Daniele De Santis, 48enne romano, già noto alle forze dell’ordine proprio perché già protagonista di reati da stadio. Le manette direttamente nell’ospedale in cui è stato ricoverato dopo che ieri aveva riportato una frattura alla gamba negli scontri con i tifosi napoletani. Disordini che, a sentire la questura, sono partiti proprio dal vivaio in cui De Santis lavora come custode. Anzi. E’ stato lui che, stando a una delle ipotesi fornita agli inquirenti, avrebbe innescato la miccia che ha scatenato il finimondo. De Santis avrebbe provocato alcuni tifosi del Napoli lanciando contro di loro dei fumogeni. I tifosi azzurri avrebbero reagito e l’uomo avrebbe risposto esplodendo dei colpi d’arma da fuoco (Ciro Esposito, 30 anni, di Napoli, lotta ancora tra la vita e la morte). Questo è quanto sarebbe emerso dalle versioni di alcuni testimoni.
Chi indaga, ora, aspetta di interrogare il tifoso arrestato, che è ancora piantonato al policlinico Gemelli. Perché ancora non è chiaro quale è stata la vera scintilla che ha portato agli scontri. Per i napoletani si è trattato di un agguato premeditato. Gli agenti, invece, tendono a credere ad un’altra ricostruzione: i napoletani avrebbero riconosciuto De Santis anche per via di un tatuaggio sulla mano (‘Spqr‘) e lo avrebbero aggredito nell’esercizio commerciale in cui lavora. Tra tanti dubbi due certezze: il 48enne romano è stato trovato nel ‘suo’ vivaio privo di sensi, con la testa insanguinata. Poco distante una pistola semiautomatica calibro 7,65 con matricola abrasa, da cui sono partiti i sette colpi che hanno ferito i tifosi del Napoli. Agli agenti, ora, il compito di chiarire la dinamica e di rispondere alla domanda più importante: si è trattato di un ‘normale’ scontro pre-gara o un regolamento di conti organizzato a tavolino? Perché in tal senso la presenza del capoultras romanista nel vivaio-discoteca di Tor di Quinto, con la pistola pronta a far fuoco proprio quando stavano transitando i tifosi napoletani, merita risposte più approfondite di quel “causa occasionale” con cui la polizia ha motivato la sparatoria.
Daniele ‘Gastone’ De Santis, la curva e quel derby del 2004 deciso dalla curva della Roma
Il nome di Daniele De Santis, del resto, negli ambienti di destra della curva romanista dice poco: qui è conosciuto come Gastone ed è un punto di riferimento per tutto il tifo giallorosso. Nel 2004, lui ed altri sei tifosi riuscirono a non far giocare il derby Roma-Lazio. I fatti di quei giorni sono tristemente noti. Prima della stracittadina, tra ultras laziali e romanisti fu diffusa ad arte la notizia (falsa) che durante i violenti scontri tra fazioni opposte nei pressi dello stadio Olimpico era morto un bambino perché schiacciato da una camionetta della polizia. Non era vero, ma i tifosi, dopo un conciliabolo in campo con Francesco Totti, impedirono l’inizio del match. Come andò a finire quella storia? Che il 25 settembre del 2008 il tribunale di Roma decise che “non si doveva procedere” nei confronti dei sette. Reato andato in prescrizione: vittoria dei tifosi e di Gastone, già prescritto per altre contestazioni specifiche. Quali? Invasione di campo, violenza privata e istigazione a disobbedire alle leggi dello Stato.
Reati da stadio, reati da ultras. Perché ‘Gastone’, a Roma, questo è: un capo ultras, di destra, con amicizie importanti anche nella curva della Lazio. Da almeno due decenni. Le forze dell’ordine lo conoscevano bene già primadel mancato derby del 2004. Nel 1996, ad esempio, De Santis fu arrestato insieme ad altri tifosi giallorossi e ad esponenti di estrema destra romana perché autori di una serie di ricatti all’allora presidente della As Roma Franco Sensi. Biglietti omaggio o diserzione e incidenti: questo il ricatto di Gastone e gli altri al petroliere capitolino. La conferma della stretegia in un’intercettazione raccolta dalla polizia: “Se non ci dai i biglietti facciamo lo sciopero del tifo, e allo stato non ci verrà più nessuno. Oppure sfasciamo tutto, vedi un po’ se ti conviene”. Ma nel pedigree di Daniele ‘Gastone’ De Santis c’è anche un altro precedente: era il 20 novembre 1994 quando il 48enne fu arrestato insieme ad altre 18 persone per gli scontri durante Brescia-Roma, in cui fu accoltellato il vice questore di polizia Giovanni Selmin. In quell’occasione per poco non ci scappò il morto: i giallorossi ferirono gravemente a colpi d’ascia 16 agenti. De Santis (di cui i tifosi romanisti ascoltavano la voce nelle radio private) fu assolto insieme ad altri quattro tifosi per “non aver commesso il fatto”. Aveva 28 anni. Fu l’inizio ‘ufficiale’ della sua carriera da ultras: dopo dieci anni è riuscito a non far giocare un derby, dopo venti ha fatto scoppiare l’inferno prima di Napoli-Fiorentina.
La questura conferma: “Partita iniziata in ritardo per dare informazioni ai tifosi del Napoli”
Al vaglio della polizia anche le posizioni degli altri protagonisti della rissa a cui sarebbe seguita la sparatoria. Il bilancio degli eventi che ruotano intorno alla partita conta anche sette feriti, cinque agenti delle forze dell’ordine e due steward, durante l’afflusso dei tifosi allo stadio nel tentativo di impedire che le opposte tifoserie venissero a contatto. Inoltre un 33enne tifoso del Napoli è stato arrestato per resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale: l’uomo è stato sanzionato con un Daspo per cinque anni. Altri due tifosi del Napoli sono stati denunciati, uno per resistenza a pubblico ufficiale, l’altro per possesso di un petardo: entrambi sono stati sanzionati anche loro con il Daspo. Il più grave dei tifosi feriti, Ciro Esposito, è stato sottoposto ieri sera a un’operazione all’ospedale ‘Villa San Pietro’ ed è stato poi trasferito al Policlinico Gemelli: le sue condizioni di salute restano gravi dato che un proiettile ha quasi raggiunto la colonna vertebrale. Il ragazzo è ricoverato nel reparto rianimazione. La questura, intanto, ha diramato una nota in cui ha confermato che la finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina è iniziata in ritardo “in quanto ai supporter napoletani sono state fornite notizie circa lo stato di salute dei feriti” che si sono registrati nei disordini avvenuti nei pressi dello stadio prima della partita. Poi il teatrino con Genny ‘a Carogna, il capoultras napoletano che ha virtualmente (ma non solo) deciso che si poteva giocare.
Chi indaga, ora, aspetta di interrogare il tifoso arrestato, che è ancora piantonato al policlinico Gemelli. Perché ancora non è chiaro quale è stata la vera scintilla che ha portato agli scontri. Per i napoletani si è trattato di un agguato premeditato. Gli agenti, invece, tendono a credere ad un’altra ricostruzione: i napoletani avrebbero riconosciuto De Santis anche per via di un tatuaggio sulla mano (‘Spqr‘) e lo avrebbero aggredito nell’esercizio commerciale in cui lavora. Tra tanti dubbi due certezze: il 48enne romano è stato trovato nel ‘suo’ vivaio privo di sensi, con la testa insanguinata. Poco distante una pistola semiautomatica calibro 7,65 con matricola abrasa, da cui sono partiti i sette colpi che hanno ferito i tifosi del Napoli. Agli agenti, ora, il compito di chiarire la dinamica e di rispondere alla domanda più importante: si è trattato di un ‘normale’ scontro pre-gara o un regolamento di conti organizzato a tavolino? Perché in tal senso la presenza del capoultras romanista nel vivaio-discoteca di Tor di Quinto, con la pistola pronta a far fuoco proprio quando stavano transitando i tifosi napoletani, merita risposte più approfondite di quel “causa occasionale” con cui la polizia ha motivato la sparatoria.
Daniele ‘Gastone’ De Santis, la curva e quel derby del 2004 deciso dalla curva della Roma
Il nome di Daniele De Santis, del resto, negli ambienti di destra della curva romanista dice poco: qui è conosciuto come Gastone ed è un punto di riferimento per tutto il tifo giallorosso. Nel 2004, lui ed altri sei tifosi riuscirono a non far giocare il derby Roma-Lazio. I fatti di quei giorni sono tristemente noti. Prima della stracittadina, tra ultras laziali e romanisti fu diffusa ad arte la notizia (falsa) che durante i violenti scontri tra fazioni opposte nei pressi dello stadio Olimpico era morto un bambino perché schiacciato da una camionetta della polizia. Non era vero, ma i tifosi, dopo un conciliabolo in campo con Francesco Totti, impedirono l’inizio del match. Come andò a finire quella storia? Che il 25 settembre del 2008 il tribunale di Roma decise che “non si doveva procedere” nei confronti dei sette. Reato andato in prescrizione: vittoria dei tifosi e di Gastone, già prescritto per altre contestazioni specifiche. Quali? Invasione di campo, violenza privata e istigazione a disobbedire alle leggi dello Stato.
Reati da stadio, reati da ultras. Perché ‘Gastone’, a Roma, questo è: un capo ultras, di destra, con amicizie importanti anche nella curva della Lazio. Da almeno due decenni. Le forze dell’ordine lo conoscevano bene già primadel mancato derby del 2004. Nel 1996, ad esempio, De Santis fu arrestato insieme ad altri tifosi giallorossi e ad esponenti di estrema destra romana perché autori di una serie di ricatti all’allora presidente della As Roma Franco Sensi. Biglietti omaggio o diserzione e incidenti: questo il ricatto di Gastone e gli altri al petroliere capitolino. La conferma della stretegia in un’intercettazione raccolta dalla polizia: “Se non ci dai i biglietti facciamo lo sciopero del tifo, e allo stato non ci verrà più nessuno. Oppure sfasciamo tutto, vedi un po’ se ti conviene”. Ma nel pedigree di Daniele ‘Gastone’ De Santis c’è anche un altro precedente: era il 20 novembre 1994 quando il 48enne fu arrestato insieme ad altre 18 persone per gli scontri durante Brescia-Roma, in cui fu accoltellato il vice questore di polizia Giovanni Selmin. In quell’occasione per poco non ci scappò il morto: i giallorossi ferirono gravemente a colpi d’ascia 16 agenti. De Santis (di cui i tifosi romanisti ascoltavano la voce nelle radio private) fu assolto insieme ad altri quattro tifosi per “non aver commesso il fatto”. Aveva 28 anni. Fu l’inizio ‘ufficiale’ della sua carriera da ultras: dopo dieci anni è riuscito a non far giocare un derby, dopo venti ha fatto scoppiare l’inferno prima di Napoli-Fiorentina.
La questura conferma: “Partita iniziata in ritardo per dare informazioni ai tifosi del Napoli”
Al vaglio della polizia anche le posizioni degli altri protagonisti della rissa a cui sarebbe seguita la sparatoria. Il bilancio degli eventi che ruotano intorno alla partita conta anche sette feriti, cinque agenti delle forze dell’ordine e due steward, durante l’afflusso dei tifosi allo stadio nel tentativo di impedire che le opposte tifoserie venissero a contatto. Inoltre un 33enne tifoso del Napoli è stato arrestato per resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale: l’uomo è stato sanzionato con un Daspo per cinque anni. Altri due tifosi del Napoli sono stati denunciati, uno per resistenza a pubblico ufficiale, l’altro per possesso di un petardo: entrambi sono stati sanzionati anche loro con il Daspo. Il più grave dei tifosi feriti, Ciro Esposito, è stato sottoposto ieri sera a un’operazione all’ospedale ‘Villa San Pietro’ ed è stato poi trasferito al Policlinico Gemelli: le sue condizioni di salute restano gravi dato che un proiettile ha quasi raggiunto la colonna vertebrale. Il ragazzo è ricoverato nel reparto rianimazione. La questura, intanto, ha diramato una nota in cui ha confermato che la finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina è iniziata in ritardo “in quanto ai supporter napoletani sono state fornite notizie circa lo stato di salute dei feriti” che si sono registrati nei disordini avvenuti nei pressi dello stadio prima della partita. Poi il teatrino con Genny ‘a Carogna, il capoultras napoletano che ha virtualmente (ma non solo) deciso che si poteva giocare.
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Morto il poliziotto che ha combattuto le ecomafie Ucciso dai veleni che ha respirato
LA guerra di Roberto Mancini è finita. È morto a 53 anni dopo una battaglia lunga 12 anni. Lascia una moglie e una figlia. Ha combattuto fino alla fine, “come un leone”, dicono gli amici, ma non ce l’ha fatta. Il poliziotto che con le sue indagini ha anticipato di 15 anni ciò che poi è stato il disastro della Terra dei Fuochi è morto questa mattina all’ospedale di Perugia. Lo ha ucciso un linfoma non-Hodgkin, un cancro al sangue, conseguenza dei veleni respirati durante anni di lavoro tra rifiuti tossici e radioattivi. "Se qualcuno avesse preso in considerazione la mia indagine – raccontava a Re Le inchieste – forse non ci sarebbe stata Gomorra. Da 11 anni lotto contro il cancro e ho fatto causa alla Camera dei Deputati dopo aver ricevuto un indennizzo di soli 5mila euro".
Roberto Mancini era sostituto commissario di Polizia a Roma. È morto all’ospedale di Perugia a causa di un’infezione polmonare, complicanza di un trapianto di midollo osseo, unica cura per combattere la sua leucemia.
Nei primi anni ’90 inizia a lavorare sul traffico illecito di rifiuti in Campania. Nel 1996, dieci anni prima dell’uscita del libro “Gomorra” di Roberto Saviano, consegna un’informativa alla Procura di Napoli che verrà presa in considerazione soltanto nel 2011. Le carte consegnate da Mancini svelavano nel dettaglio attraverso intercettazioni, pedinamenti, dichiarazioni di pentiti, i nomi delle aziende del Nord coinvolte nel traffico: come l’Indesit e la Q8. Descrivevano i rapporti tra camorra, massoneria e politica. Anticipavano quel sistema che ha portato al biocidio della Terra dei fuochi.
L’informativa rimane in un cassetto per 15 anni. Fin quando nel 2011 il pubblico ministero Alessandro Milita la trova e la mette agli atti del processo per disastro ambientale e inquinamento delle falde acquifere. Tra gli imputati anche Cipriano Chianese, broker dei rifiuti del clan dei casalesi, che gestiva tutto il sistema criminale.
Negli anni successivi alle indagini, tra 1997 e il 2001, Mancini lavora come consulente per la Commissione rifiuti della Camera dei deputati. Il presidente è Massimo Scalia. Esegue decine d’ispezioni e sopralluoghi in discariche di rifiuti tossici nocivi e in siti di stoccaggio di materiali radioattivi. È proprio in questo periodo che Mancini si ammala di Linfoma non-Hodgkin.
La diagnosi arriva nel 2002. Il ministero degli Interni certifica il suo cancro del sangue come “causa di servizio” e gli riconosce un indennizzo di 5000 euro. A Roberto Mancini non bastano: “È un’ingiustizia”, dice. Così inizia la sua guerra contro lo Stato. Nel luglio 2013 la Camera gli nega un ulteriore indennizzo. La battaglia continua. Il 6 Aprile 2014 vengono consegnate a Montecitorio oltre 20mila firme in calce a un appello che chiede che a Mancini sia riconosciuto il giusto risarcimento. La Camera promette l’apertura di un’istruttoria. A oggi la petizione di change.org è stata sottoscritta da più di 50mila persone.
È proprio da sito di change.org che la moglie Monika si appella allo Stato: “Spero che le sofferenze che Roberto ha dovuto sopportare per aver servito lo Stato contro le ecomafie in Campania non cadano nell'indifferenza delle istituzioni e dell'opinione pubblica e mi auguro che il suo ricordo possa servire da esempio per tutti coloro che non vogliono arrendersi a chi vuole avvelenare le nostre terre, le nostre vite''.
Roberto Mancini era sostituto commissario di Polizia a Roma. È morto all’ospedale di Perugia a causa di un’infezione polmonare, complicanza di un trapianto di midollo osseo, unica cura per combattere la sua leucemia.
Nei primi anni ’90 inizia a lavorare sul traffico illecito di rifiuti in Campania. Nel 1996, dieci anni prima dell’uscita del libro “Gomorra” di Roberto Saviano, consegna un’informativa alla Procura di Napoli che verrà presa in considerazione soltanto nel 2011. Le carte consegnate da Mancini svelavano nel dettaglio attraverso intercettazioni, pedinamenti, dichiarazioni di pentiti, i nomi delle aziende del Nord coinvolte nel traffico: come l’Indesit e la Q8. Descrivevano i rapporti tra camorra, massoneria e politica. Anticipavano quel sistema che ha portato al biocidio della Terra dei fuochi.
L’informativa rimane in un cassetto per 15 anni. Fin quando nel 2011 il pubblico ministero Alessandro Milita la trova e la mette agli atti del processo per disastro ambientale e inquinamento delle falde acquifere. Tra gli imputati anche Cipriano Chianese, broker dei rifiuti del clan dei casalesi, che gestiva tutto il sistema criminale.
Negli anni successivi alle indagini, tra 1997 e il 2001, Mancini lavora come consulente per la Commissione rifiuti della Camera dei deputati. Il presidente è Massimo Scalia. Esegue decine d’ispezioni e sopralluoghi in discariche di rifiuti tossici nocivi e in siti di stoccaggio di materiali radioattivi. È proprio in questo periodo che Mancini si ammala di Linfoma non-Hodgkin.
La diagnosi arriva nel 2002. Il ministero degli Interni certifica il suo cancro del sangue come “causa di servizio” e gli riconosce un indennizzo di 5000 euro. A Roberto Mancini non bastano: “È un’ingiustizia”, dice. Così inizia la sua guerra contro lo Stato. Nel luglio 2013 la Camera gli nega un ulteriore indennizzo. La battaglia continua. Il 6 Aprile 2014 vengono consegnate a Montecitorio oltre 20mila firme in calce a un appello che chiede che a Mancini sia riconosciuto il giusto risarcimento. La Camera promette l’apertura di un’istruttoria. A oggi la petizione di change.org è stata sottoscritta da più di 50mila persone.
È proprio da sito di change.org che la moglie Monika si appella allo Stato: “Spero che le sofferenze che Roberto ha dovuto sopportare per aver servito lo Stato contro le ecomafie in Campania non cadano nell'indifferenza delle istituzioni e dell'opinione pubblica e mi auguro che il suo ricordo possa servire da esempio per tutti coloro che non vogliono arrendersi a chi vuole avvelenare le nostre terre, le nostre vite''.
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"Aiuto, mia madre sta morendo". Dalla Asl: "Mi spiace, è Pasqua, ci sentiamo martedì"
Locorotondo, la denuncia del figlio di una malata di Sla: "Bisognava sostituire la cannula attraverso la quale respira. Ma non c'era nessun medico disponibile".
«Aiuto, mia madre sta morendo». «Mi spiace, è Pasqua, poi c’è Pasquetta... Ci sentiamo martedì». Il dialogo, seppur surreale, purtroppo è realmente accaduto: venerdì, a Locorotondo, in provincia di Bari, quando il figlio di una paziente affetta da Sla «ad alta intensità assistenziale», «in pratica - racconta - è completamente intubata e allettata», ha chiamato il medico di riferimento della Asl che ha il compito di assistenza in caso di urgenze. «Mia madre - ricostruisce il figlio - aveva un problema con la cannula tracheostomica che era danneggiata e assolutamente da sostituire. Un’operazione non complicata, ma chiaramente che deve fare un medico». Proprio per situazioni di questo genere, in questo tipo di pazienti, la Asl di Bari ha una sorta di numero verde con un professionista da chiamare all’occorrenza. «A quel numero ha risposto non però il solito medico con cui siamo in contatto, ma un altro che mi ha detto che il collega era in ferie, che lui non poteva aiutarci né tantomeno dare un altro riferimento. Ah, e che comunque avrei potuto richiamare martedì. Certo, perché domani è Pasquetta. Peccato che mia madre non sarebbe mai arrivata a martedì». A quel punto l’unica possibilità è stato chiamare un medico “amico” che, nonostante fosse il week end di Pasqua, è andato a casa della signora per cambiare la cannula. E sostituire così un vergognoso welfare di Stato con uno più sano, fatto di deontologia e buoni sentimenti.
«Aiuto, mia madre sta morendo». «Mi spiace, è Pasqua, poi c’è Pasquetta... Ci sentiamo martedì». Il dialogo, seppur surreale, purtroppo è realmente accaduto: venerdì, a Locorotondo, in provincia di Bari, quando il figlio di una paziente affetta da Sla «ad alta intensità assistenziale», «in pratica - racconta - è completamente intubata e allettata», ha chiamato il medico di riferimento della Asl che ha il compito di assistenza in caso di urgenze. «Mia madre - ricostruisce il figlio - aveva un problema con la cannula tracheostomica che era danneggiata e assolutamente da sostituire. Un’operazione non complicata, ma chiaramente che deve fare un medico». Proprio per situazioni di questo genere, in questo tipo di pazienti, la Asl di Bari ha una sorta di numero verde con un professionista da chiamare all’occorrenza. «A quel numero ha risposto non però il solito medico con cui siamo in contatto, ma un altro che mi ha detto che il collega era in ferie, che lui non poteva aiutarci né tantomeno dare un altro riferimento. Ah, e che comunque avrei potuto richiamare martedì. Certo, perché domani è Pasquetta. Peccato che mia madre non sarebbe mai arrivata a martedì». A quel punto l’unica possibilità è stato chiamare un medico “amico” che, nonostante fosse il week end di Pasqua, è andato a casa della signora per cambiare la cannula. E sostituire così un vergognoso welfare di Stato con uno più sano, fatto di deontologia e buoni sentimenti.
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