Antonio Di Pietro parla e scattano le ovazioni, Franco Marini parla e partono i fischi. Per un’ora si va avanti così, alla Festa nazionale del Pd. Tanto che alla fine del faccia a faccia l’ex presidente del Senato lascia Torino scuotendo la testa, e dicendo: «Si era portato dietro la claque». Gli organizzatori della kermesse democratica indicano i dirigenti provinciali e regionali dell’Idv, ancora tutti sotto il palco. E effettivamente la presenza massiccia di sostenitori dell’ex pm è evidente fin dal modo in cui viene accolto appena sale sul palco. Ma gli applausi e le contestazioni risuonano troppo ampiamente per essere solo prodotti da gruppi organizzati. E non a caso, dietro le quinte, va anche in scena una sorta di scaricabarile su chi sia il responsabile di questa non felicissima situazione: colpa dei dirigenti locali che non hanno saputo organizzare la sala; no, colpa dei dirigenti nazionali che hanno scelto male l’accoppiata.
Quanto a Di Pietro, rimane per altre interviste fino a sera, per poi lasciare Torino sorridente: «Claque? Ma quando mai? Marini offende la sua intelligenza se dice una bugia come questa. La verità è che il popolo del Pd vuole chiarezza». A piacere, al migliaio di persone raccolte sotto il tendone dell’area dibattiti, è il modo in cui il leader dell’Idv dice «no alle alleanze con chi ci frega» e spara a zero contro Casini («che c’azzecca con l’Alleanza democratica di cui parla Bersani?, Casini fa il più vecchio mestiere del mondo: vengo con te o con te?, chi mi dà di più?») e contro l’«avversario Fini» e «i finiani quaquaraqua», il modo in cui boccia l’ipotesi del governo istituzionale in caso di caduta di Berlusconi, il modo in cui dice soddisfatto, parlando delle contestazioni a Como a Dell’Utri, «finalmente hanno detto a un mafioso: ehi, che ci fai qua?».
E a non piacere, a queste persone che pure si fanno appuntare sul petto la coccarda del Pd mentre entrano in Piazza Castello, è l’idea di un accordo con l’Udc («dobbiamo fare di tutto per portare con noi Casini», ripete più volte Marini) e, nell’emergenza di un voto anticipato, anche con Fini («sta facendo una battaglia giusta»), o l’appello a lasciar lavorare la magistratura: «Dell’Utri ha un problema di cui si deve occupare la magistratura, fino al terzo grado di giudizio. È sbagliato impedire a qualcuno di parlare in piazza. È un errore che abbiamo già visto commettere negli anni 70, contro i sindacati. Se il Pd vuole andare al governo non lo può accettare». Prima erano stati applausi per Di Pietro, ora sono “buuu” per Marini. E ancora applausi, per l’ex pm, arrivano quando Di Pietro gli replica: «Ma proprio tu che vieni dal sindacato metti sullo stesso piano sindacalisti e mafiosi?».
Per un’ora si va avanti così, con Marini prova ad argomentare perché «centrosinistra e sinistra non bastano per vincere» e subito la platea rumoreggia. E poi con Di Pietro che dice che no, «senza Fini e Casini e con una bella alleanza democratica gagliarda e tosta possiamo vincere», e incassa applausi. Di Pietro dice anche che potrebbe presentarsi alle primarie per il candidato premier, se non lo convinceranno altri, anche se si rende conto che non potrebbe rappresentare un vasto schieramento, così come pure Vendola. E Bersani? «Bravissima persona - dice - ma dobbiamo sapere chi si candida cosa vuol fare e con chi».
Fonte: Unita.it
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