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Giù il sipario su cinema e teatri spettacolo, è il giorno dello sciopero


ROMA - Oggi cala il sipario sul mondo dello spettacolo. Più di 250 mila lavoratori del settore aderiscono allo sciopero generale organizzato da Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil contro i tagli previsti nella Finanziaria 2011. Una protesta per chiedere il reintegro del Fus, il contributo statale, attualmente ridotto al minimo storico di 288 milioni di euro, il ripristino delle agevolazioni fiscali, la legge dello spettacolo dal vivo e lo stop alla delocalizzazione delle produzioni cineaudiovisive. Nella capitale, l'appuntamento era alle 10,30 di questa mattina, al cinema Adriano, per fare il punto della situazione: ci sono almeno 1.500 persone, troppe per la sala che è stata loro concessa, e così la manifestazione comincia in ritardo.

Per il resto, per l'agitazione di oggi restano chiuse e sale da concerto, i cinema, i teatri - che cancellano anche le prove - e i set cinematografici. Al teatro Carlo Felice di Genova, in programma un concerto di Zubin Mehta in sostegno della protesta. A Milano organizzato un convegno dove sono previsti gli interventi del direttore del Piccolo, Sergio Escobar, del sovrintendente alla Scala, Strephane Lissner e dell'attore Toni Servillo. A Bari, presidio davanti al Teatro Petruzzelli. Alla giornata aderisce anche l'Enc, l'Ente nazionale circhi.

E in mattinata anche il ministro della Cultura Sandro Bondi (che in presenza di altre manifestazioni, come l'occupazione del red carpet al Festival di Roma, aveva usato toni molto duri) ammette che l'iniziativa di oggi parte da presupposti
giusti: "Non posso non comprendere le ragioni della protesta del mondo dello spettacolo che, nonostante certe strumentalizzazioni politiche, pongono problemi reali. Ribadisco il mio impegno a ottenere la proroga degli incentivi fiscali a favore del cinema, una misura liberale che senza gravare sulle casse dell'erario ha un effetto positivo per lo sviluppo dell'economia, e di un necessario reintegro del fondo unico per lo spettacolo".

"Manifestare in difesa della cultura e del mondo dell'arte è indispensabile - gli fa eco, sul fronte opposto, il regista Giovanni Veronesi - il danno che è stato fatto in questi anni dai governanti alle nuove generazioni è incalcolabile: la cultura come peso della società, come fardello inutile da evitare. I ragazzi finiranno per crederci prima o poi, ecco perche' e' importante che qualcuno si muova, anche se non credo proprio che il governo ci ascolti davvero''.

Le sigle sindacali puntano il dito contro la delocalizzazione delle produzioni cineaudiovisive, e a questo proposito chiedono di gavorire la valorizzazione e lo sviluppo delle infrastrutture dell'industria cineaudiovisiva, a partire dal recupero pieno di Cinecittà. Altre richieste, poi, sono quelle di modificare il ddl cinema per riorganizzare risorse e incentivi volti a rilanciare l'intero settore, e di rinnovare i contratti collettivi nazionali delle fondazioni lirico-sinfoniche, dei teatri di prosa e della produzione cinematografica. In ragione di tutto ciò, si legge in un comunicato diffuso alla vigilia della manifestazione, "i sindacati sperano nell'apertura di due tavoli, uno ministeriale e l'altro interministeriale, per attivare politiche di riemersione per la produzione culturale, per la tutela dei lavoratori del settore e per attivare sinergie e semplificazioni amministrative per riorganizzare il sistema. Alla Regione Lazio invece le sigle chiedono una legge per promuove lo sviluppo del settore nel territorio".

"Le promesse non ci bastano, non possiamo più stare appesi", dice il presidente dell'associazione Centoautori 1, Andrea Purgatori. "Giovedì sera Bondi continuava a promettere e intanto al mattino c'era stato un Consiglio dei ministri dal quale lui è uscito senza una briciola". Resta la possibilità che il rinnovo degli sgravi arrivi a fine anno con il decreto Milleproroghe: "Ma per noi sarebbe comunque tardi - ribatte Purgatori - se la certezza del rifinanziamento arriva a fine dicembre, la conseguenza è che a gennaio, febbraio e marzo le produzioni stanno ferme. Per questo cominciamo a pensare che lo scontro sul cinema sia politico".

Fonte: Repubblica.it

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