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Adesso lo scontro è sulla legalità


Gianfranco Fini ha passato di nuovo il cerino della crisi a Berlusconi, ma lo ha fatto con un discorso che stabilisce alcuni punti definitivi.

Primo: sulla casa di Montecarlo ha chiarito con accenti di sincerità, arrivando a garantire le dimissioni (cui non sarebbe tenuto) se venisse fuori con certezza che il proprietario è suo cognato e che la sua colpa (di Fini) è solo quella di avergli creduto. Una scelta di moralità che da oggi potrà pretendere da qualsiasi altro dirigente di centro-destra (luogo di malaffare dove circolano montagne di crimini penali, compresi crimini mafiosi, non leggerezze familiari).

Secondo: lo scontro è sulla questione della legalità, della legge eguale per tutti, dell’autonomia della magistratura, principi che Berlusconi non riesce neppure a capire.

Terzo: qualcuno ha montato un “affaire” utilizzando faccendieri di ogni risma, investendo denari evidentemente ingenti, arrivando a far muovere ministri di Stati sovrani (benché più “off-shore” ed equivoci di qualsiasi “Stato libero di Bananas”), piegando la libertà di stampa – in tre o quattro paesi! – a scopi abietti. Insomma, mettendo a repentaglio la democrazia stessa.

Quarto: … E a questo punto Fini ha passato di nuovo il cerino a Berlusconi.

Non ha voluto pronunciare la frase e il nome che di tutte le parole precedenti erano il logico corollario. Non ha voluto dichiarare che il mandante di questo aggressione alla Costituzione e alle libertà democratiche è Berlusconi, e che i giorni che si aprono, e che al massimo potranno durare pochi mesi, e che si concluderanno con le elezioni, vedranno per l’Italia una scelta senza possibilità di mediazioni, “a somma zero”: o Berlusconi uscirà ignominiosamente di scena, travolto dalla rivolta morale degli italiani, o inizierà la sua dittatura “senza prigionieri”, sulle macerie di una Costituzione assassinata e di un paese degradato a livelli premoderni sotto ogni aspetto: sociale, culturale, istituzionale, economico.

Gianfranco Fini tutto questo lo sa perfettamente. Lo ha fatto intuire in filigrana nei primi sette minuti del suo discorso, ma negli ultimi due ha voluto fingere che Berlusconi possa desistere dal suo progetto di regime totalitario-proprietario, e dalla sua natura di Caimano. Se prima di parlare avesse riletto l’antica favola della rana e dello scorpione avrebbe concluso diversamente. Speriamo che una conclusione comprensibile solo “tatticamente” non si riveli tragica per la democrazia.

Fonte: Il FQ


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