“Credo che le massime autorità dello Stato debbano poter esercitare con pienezza di poteri il loro mandato, come accade in Francia”. Lo dice il viceministro finiano Adolfo Urso, rispondendo al Corriere della sera sull’idea di regalare l’ennesimo “salvacondotto a Berlusconi”. Evidentemente Urso, un po’ confuso, è convinto che B. sia già stato eletto presidente della Repubblica. Altrimenti non avrebbe evocato la Francia, dove è appunto immune il presidente della Repubblica (e solo per i reati connessi con le funzioni esercitate all’Eliseo o in precedenti incarichi), ma non il primo ministro. Non vogliamo nemmeno prendere in considerazione l’altra ipotesi, e cioè che Urso non sappia dove sta di casa la Francia o la confonda con una repubblichetta delle banane, perché egli è noto come persona preparata (peraltro, soprattutto in vicende immobiliari. Naturalmente, se i finiani hanno deciso di suicidarsi nella culla prim’ancora di diventare partito, tradendo la tanto sbandierata “legalità”, che vuol dire “legge uguale per tutti” e che è costata l’espulsione dal Pdl di Fini e di alcuni discepoli, liberissimi di farlo. E se il Pompiere della Sera ha deciso di sponsorizzare la nuova campagna impunitaria pro B., è affar suo e dei suoi giornalisti. L’importante è che non si prendano in giro gli elettori e i lettori. Perché né in Francia né in nessun’altra democrazia esiste alcun tipo di immunità per il presidente del Consiglio e per i suoi ministri. Lo ha ben spiegato due anni fa, in occasione del lodo Al Fano, l’Associazione Italiana Costituzionalisti quando Angelino Jolie provò a raccontare la frottola dell’“allineamento con le altre democrazie”. Ma lo ha affermato persino l’Ufficio studi del Senato, nella relazione di accompagnamento al lodo poi bocciato dalla Consulta.
In tutto il mondo libero l’immunità è prevista per i parlamentari e perlopiù soltanto per i reati di opinione, o al massimo per quelli “funzionali” (dunque in nessuna democrazia se ne parlerebbe per B., imputato per corruzioni, falsi in bilancio, frodi fiscali e appropriazioni indebite commesse in veste di padrone di Mediaset). Non per i ministri, né tantomeno per quelle che il povero Urso chiama “le massime autorità dello Stato” (categoria sconosciuta a tutte le costituzioni democratiche). Fanno eccezione alcuni capi di Stato (in Grecia, Francia, Portogallo e Israele, immuni finché restano in carica e solo per reati funzionali) e i sovrani superstiti, essendo l’immunità un retaggio delle monarchie. In Francia, dunque, premier e ministri sono processabili per qualsiasi reato e, non potendo essere parlamentari, possono essere addirittura arrestati, non godendo nemmeno dell’immunità parlamentare per le manette. Anche in Germania il Cancelliere e i ministri sono imputabili come gli altri cittadini. Idem in Inghilterra. E in Spagna, dove i membri del governo vengono processati dalla sezione penale della Corte suprema. Negli Usa, non è immune nemmeno il presidente: ne sanno qualcosa Nixon e Clinton. Del resto, spiegava l’Ufficio studi del Senato all’insaputa di Urso, la Costituzione italiana già tutela “la funzione e gli atti ad essa correlati” dei ministri, che sono imputabili dinanzi al Tribunale dei reati ministeriali che, quando li ritiene tali, chiede l’autorizzazione a procedere al Parlamento.
Ma B. è accusato di reati commessi da privato cittadino. Quindi non ha diritto ad alcun trattamento speciale. Qualche ingenuo, a questo punto, domanderà: come fanno negli altri paesi i membri del governo, per dirla con Urso, a “esercitare con pienezza di poteri il loro mandato”? Molto semplice: quando vengono indagati, si dimettono all’istante e passano la mano a un compagno di partito o di coalizione non indagato; quando invece sono già indagati o imputati prima delle elezioni, non vengono neppure candidati, onde evitare che una volta eletti rischino una condanna e comunque debbano dividersi fra il governo e il tribunale. Pare che il sistema funzioni benissimo.
Fonte: Il Fatto Quotidiano del 27 agosto, in edicola
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