Di ieri la notizia del rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi e suo figlio Pier Silvio, per il processo "mediatrade". Vediamo nel dettaglio come il procuratore ha ricostruito ciò che secondo la procura è oggetto di reato.
MILANO - Una società quotata in borsa, con migliaia di azionisti e sottoposta alle rigide norme del mercato, utilizzata come il salvadanaio di casa. Il direttore generale di Mediaset, Giovanni Stabilini, che anziché vigilare sui conti aziendali, "disperde e occulta il denaro ricevuto, provento del delitto di appropriazione indebita ai danni di Mediaset spa", gestisce i liquidi attraverso triangolazioni "sul conto corrente di cui era titolare (Soriso presso Banca Syz & Co di Ginevra)", e successivamente tenta di farli sparire versandoli sul conto "Pallas", sempre a Ginevra, foraggiandolo anche attraverso "versamenti in contanti". Il destinatario finale? Silvio Berlusconi.
Un "sistema di frode", quello che sono convinti di aver scoperto i magistrati De Pasquale e Spadaro analizzando le operazioni finanziarie di Mediaset, addirittura "utilizzato dalla fine degli anni '80". Meccanismo piuttosto semplice, nella sintesi, mascherato da complessi bonifici girati tra istituti di credito di mezzo mondo. Fininvest prima, Mediaset poi, acquistavano a "prezzi gonfiati" i diritti di programmi televisivi prodotti dalla major americana Paramount. Telefilm e serial famosissimi poi trasmessi sui canali del Biscione, arrivavano in Italia a prezzi che l'accusa, oggi svela, essere stati fuori mercato. A giustificare tutto, ecco che in scena entra il mediatore di origini egiziane, Frank Agrama. Amico personale di vecchia data di Berlusconi, titolare di società in mezzo mondo, di fiduciarie ad Hong Kong, di conti bancari in Svizzera, Agrama è dal 1976 che è in affari con il Cavaliere, e sulla sua scrivania negli uffici di Los Angeles, a testimoniarlo campeggia una foto che li ritrae sorridenti insieme. I due si conoscono dai tempi di Telemilano, la prima avventura nell'etere dell'attuale presidente del Consiglio.
Che gli affari con Agrama non fossero propriamente convenienti per Mediaset, prima dei magistrati, lo avevano già sostenuto alcuni manager chiamati alla fine degli anni '90 a riequilibrare i conti del gruppo. Erano stati loro i primi che avevano provato a stoppare le mediazioni di Agrama, considerandole decisamente "salate". Ma direttamente dai vertici aziendali, erano arrivati ordini precisi e tassativi: il ruolo di Agrama, non si tocca. È un "amico del Dottore", si sente rispondere un giorno del 2001 il manager Roberto Pace dall'allora presidente Fininvest. Quando di Dottore, in "ditta", ce ne è uno solo: ovvero il fondatore dell'azienda.
Il cambio di rotta ha prodotto i suoi frutti anche a questi manager, fino ad allora meticolosi. Secondo l'accusa, gli ex responsabili della direzione acquisti di RTI spa, Gabriela Ballabio, di Mediatrade, ovvero lo stesso Pace, e di Fininvest prima e Mediaset dopo, Daniele Lorenzano, avrebbero ottenuto il loro tornaconto. Una parte della "torta" sarebbe spettata anche a loro, su conti svizzeri, lontani dal fisco italiano. E ora, tutti e tre, rischiano un processo per appropriazione indebita.
La differenza con il reale prezzo dei format televisivi ("il 45%", sostengono oggi i magistrati), finiva su conti "di società di comodo dello stesso Agrama". Qui, per capire esattamente i destinatari, il percorso a ritroso si è decisamente complicato per gli inquirenti. Solo grazie a faticose rogatorie (le autorità Usa hanno misteriosamente stoppato un imponente sequestro effettuato direttamente dall'Fbi negli uffici di Agrama), la procura si è convinta di aver ricostruito gli "utilizzatori finali" di questi soldi. Il denaro "successivamente veniva depositato presso l'Ubs di Lugano nella disponibilità di fiduciari". Lo schema fin qui descritto, era già emerso dai pochi atti resi necessariamente pubblici dalle attività di indagini svolte in questi tre anni dalla procura di Milano. Il passaggio successivo, frutto degli esiti delle rogatore e di indagini blindate, fino a ieri invece si poteva solo intuire. Ora, si scoprono i ruoli centrali proprio di Stabilini, ma anche del banchiere italo-svizzero Paolo Del Bue. Entrambi indagati per riciclaggio, sarebbero stati loro a permettere al Cavaliere di riottenere su altri conti, il denaro delle sovrafatturazioni dei diritti cinematografici, per creare fondi neri. Del Bue, in particolare, scorrendo l'atto di accusa, avrebbe assecondato la spartizione del denaro sottratto a Mediaset, "ricevendo tramite la Bankers Trust di New York e occultando su conti di Banca Arner Sa, fondi per un ammontare di un milione di dollari".
I soldi, nella schema finale tracciato dai magistrati, uscivano dalle casse Mediaset, raggiungevano i conti di Agrama, poi, stornati dell'effettivo valore, in parte restavano nelle mani del mediatore egiziano, e in parte rientravano nella disponibilità del fondatore di Mediaset, assecondato dai suoi stessi manager. Ma il denaro, anche in questa circostanza, sfuggiva agli azionisti e soprattutto al fisco. Questo meccanismo, spinge la procura di Milano a sostenere nelle sue conclusioni come Frank Agrama sia, in realtà, nientemeno che il "socio occulto di Silvio Berlusconi".
---
Se hai trovato interessante l'articolo iscriviti ai feed via mail per rimanere sempre aggiornato sui nuovi contenuti del blog
0 commenti to " Mediatrade. Ecco come Berlusconi frodava la legge, secondo i pm "