Tra le tante cose che non tornano del caso Marrazzo ci sono anche le date in cui il video è stato visionato dal direttore di “Chi”, Alfonso Signorini, l’uomo più vicino a Marina Berlusconi. Signorini, domenica scorsa a La Stampa ha confermato di aver visto le immagini del governatore del Lazio con una trans: “Effettivamente una decina di giorni fa dall’agenzia fotografica Masi mi è stato proposto”.
A Il Fatto risulta che Signorini visiona il filmato il 5 ottobre, almeno dieci giorni prima di quanto dica. Signorini, come lui stesso ha confermato a Skytg24, avverte Marina Berlusconi e l’amministratore delegato della Mondadori, Maurizio Costa, ma smentisce di aver parlato con il premier. «Le foto mi sono state offerte dall'agenzia fotografica Masi alla modica cifra di 200 mila euro trattabili e non appena ho visto le immagini - ha spiegato ritenuto che non fosse assolutamente il caso di renderle pubbliche, né di acquistarle…. Credo proprio sia vero che Berlusconi abbia contattato Marrazzo, ma non sono stato io ad avvertire Berlusconi».
Questa la sua versione ieri, nella giornata in cui uno dei vice direttori di “Chi”, Rita Pinci, è stata licenziata (stessa sorte era capitata nello scorso luglio a Paola Bergna, photoeditor, non proprio in linea con la direzione di Signorini). La comunicazione alla Pinci è arrivata a mezzogiorno, un quarto d’ora dopo è stata direttamente “accompagnata” fuori dalla Mondadori. Chi è l’unico giornale che ha ottenuto una copia del filmato di Marrazzo per visionarlo, non era stato possibile né per Oggi né per Libero.
Il settimanale della Rizzoli è stato il primo giornale a cui la Photo Masi si è rivolta. Lo conferma il condirettore, Umberto Brindani: “Sono stato contattato nella prima metà di agosto da Carmen Masi, titolare dell’agenzia. Ha chiamato subito me perché c’è un rapporto di fiducia, è un’agenzia molto seria con cui lavoro da anni. La signora Masi mi ha detto che, come mediatrice di personaggi romani, mi proponeva un video che ritraeva il governatore Marrazzo con un trans, mi ha detto anche che su un tavolo si vedevano strisce di cocaina e denaro.
Rientrato dalle vacanze il direttore Andrea Monti, decidiamo di comune accordo di mandare il nostro cronista più esperto, Giangavino Sulas, a Roma per prendere visione. Il nostro inviato va il primo di settembre a Roma dove, alla trattoria Cacio e pepe incontra due dei quattro carabinieri arrestati, ma quel giorno non rivelano certo la loro identità. Portano Sulas in un appartamento della periferia romana e gli mostrano il video, di un paio di minuti e di scarsa qualità, su un computer. Sulas li avverte che deve parlare con Monti e con me prima di qualsiasi decisione e chiarisce che sarà necessaria una perizia e rintracciare il trans.
L’inviato di Oggi torna a Milano il 2 settembre e racconta quanto visto a Monti e Brindani che nel giro di una paio di giorni rifiutano di aprire qualsiasi trattativa: “In primo luogo - spiega Brindani - pensiamo che c’è di mezzo la vita di un uomo, prima ancora che di un politico, inoltre bisogna tenere conto che all’epoca non avevamo notizie di estorsione e ricatti, di carabinieri coinvolti. Valutiamo solo che non era pubblicabile per violazione della privacy e per probabile violazione di domicilio. In più non avevamo potuto parlare con il transessuale e non era chiaro che il video fosse autentico. Per noi la vicenda era archiviata. In questi casi la correttezza professionale impone di dimenticarsi della cosa, e non usare la notizia ricevuta in alcun modo, come purtroppo altri fanno”.
da Il Fatto Quotidiano n°30 del 27 ottobre 2009
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A Il Fatto risulta che Signorini visiona il filmato il 5 ottobre, almeno dieci giorni prima di quanto dica. Signorini, come lui stesso ha confermato a Skytg24, avverte Marina Berlusconi e l’amministratore delegato della Mondadori, Maurizio Costa, ma smentisce di aver parlato con il premier. «Le foto mi sono state offerte dall'agenzia fotografica Masi alla modica cifra di 200 mila euro trattabili e non appena ho visto le immagini - ha spiegato ritenuto che non fosse assolutamente il caso di renderle pubbliche, né di acquistarle…. Credo proprio sia vero che Berlusconi abbia contattato Marrazzo, ma non sono stato io ad avvertire Berlusconi».
Questa la sua versione ieri, nella giornata in cui uno dei vice direttori di “Chi”, Rita Pinci, è stata licenziata (stessa sorte era capitata nello scorso luglio a Paola Bergna, photoeditor, non proprio in linea con la direzione di Signorini). La comunicazione alla Pinci è arrivata a mezzogiorno, un quarto d’ora dopo è stata direttamente “accompagnata” fuori dalla Mondadori. Chi è l’unico giornale che ha ottenuto una copia del filmato di Marrazzo per visionarlo, non era stato possibile né per Oggi né per Libero.
Il settimanale della Rizzoli è stato il primo giornale a cui la Photo Masi si è rivolta. Lo conferma il condirettore, Umberto Brindani: “Sono stato contattato nella prima metà di agosto da Carmen Masi, titolare dell’agenzia. Ha chiamato subito me perché c’è un rapporto di fiducia, è un’agenzia molto seria con cui lavoro da anni. La signora Masi mi ha detto che, come mediatrice di personaggi romani, mi proponeva un video che ritraeva il governatore Marrazzo con un trans, mi ha detto anche che su un tavolo si vedevano strisce di cocaina e denaro.
Rientrato dalle vacanze il direttore Andrea Monti, decidiamo di comune accordo di mandare il nostro cronista più esperto, Giangavino Sulas, a Roma per prendere visione. Il nostro inviato va il primo di settembre a Roma dove, alla trattoria Cacio e pepe incontra due dei quattro carabinieri arrestati, ma quel giorno non rivelano certo la loro identità. Portano Sulas in un appartamento della periferia romana e gli mostrano il video, di un paio di minuti e di scarsa qualità, su un computer. Sulas li avverte che deve parlare con Monti e con me prima di qualsiasi decisione e chiarisce che sarà necessaria una perizia e rintracciare il trans.
L’inviato di Oggi torna a Milano il 2 settembre e racconta quanto visto a Monti e Brindani che nel giro di una paio di giorni rifiutano di aprire qualsiasi trattativa: “In primo luogo - spiega Brindani - pensiamo che c’è di mezzo la vita di un uomo, prima ancora che di un politico, inoltre bisogna tenere conto che all’epoca non avevamo notizie di estorsione e ricatti, di carabinieri coinvolti. Valutiamo solo che non era pubblicabile per violazione della privacy e per probabile violazione di domicilio. In più non avevamo potuto parlare con il transessuale e non era chiaro che il video fosse autentico. Per noi la vicenda era archiviata. In questi casi la correttezza professionale impone di dimenticarsi della cosa, e non usare la notizia ricevuta in alcun modo, come purtroppo altri fanno”.
da Il Fatto Quotidiano n°30 del 27 ottobre 2009
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