Il suo avvocato, Alessio Lanzi, ha sostenuto che la sentenza “mette a dura prova la fede nello stato di diritto”. Chapeau. Noi abbiamo sempre pensato, al contrario del legale di David Mills, che il farsi corrompere o il sottrarsi alle sentenze della magistratura mettano a dura prova la fede nello stato di diritto.
Soprattutto da parte dei cittadini onesti, soprattutto quando ad entrare in ballo c’è anche la figura del premier.
Le affermazioni del legale di Mills -a caldo della decisione con cui oggi la Corte d'Appello di Milano ha confermato la condanna a quattro anni e sei mesi dell'avvocato inglese per corruzione in atti giudiziari- confermano la percezione di vivere in un Paese in cui si è realizzata una inversione dei valori democratici a dir poco perversa.
Questa inversione, sostenuta con la martellante propaganda mediatica, genera un corto circuito voluto per cui male e bene sociale si confondono con promiscuità, per cui il bene comune diventa il soddisfacimento degli interessi di uno solo al comando.
Così, in questo paese di Alice senza meraviglia, il presidente del Consiglio può, tranquillamente, attaccare la magistratura minacciandone l’autonomia attraverso leggi (ad personam) e riforme (ritorsioni) nefaste per la giustizia.
Un’inversione dei valori democratici per cui anche il legale del presidente del Consiglio, vera mente al lavoro per realizzare lo stato pieno dell’ingiustizia, ovvero l’on. Niccolò Ghedini, può affermare, serenamente, che dopo la sentenza odierna “ancora una volta, si conferma che a Milano non si possono celebrare processi quando, ancorchè indirettamente, vi sia un collegamento con il presidente Berlusconi”. Chapeau.
Noi invece abbiamo sempre pensato che sia un premier implicato –direttamente o indirettamente- in procedimenti giudiziari a rappresentare un’anomalia per il consorzio democratico.
Oltre ad aver sempre pensato che se c’è un testimone ammaestrato e addomesticato con la cifra di 600mila dollari in due processi nei quali era imputato Berlusconi, quello su "All Iberian" e quello sulle tangenti ad uomini della Guardia di finanza, allora ci dovrà anche essere qualcuno che lo abbia prima comprato e poi addestrato a dovere.
Questo qualcuno però non si lascia processare e per mezzo del lodo Alfano ha visto stralciata la sua posizione, con la conseguente sospensione del dibattimento a suo carico. Ora la leggina ad personam è stata dichiarata incostituzionale dalla Consulta, nonostante i tentativi di pressione portati avanti su di essa, e quindi il dibattimento ricomincerà. Davanti a nuovi giudici però, perchè quelli di un tempo, che avevano condannato Mills in primo grado, sono stati ricusati per incompatibilità.
Cosa accadrà domani è difficile da prevedere, perché in questa inversione di valori democratici sfuma ogni possibilità di previsione, venendo meno la logica comune e il comune senso del bene e del male. In agguato c’è sempre infatti un nuovo stratagemma legale e come disse qualcuno “un Ghedini, un Ghedoni pronto a trovare un nuovo cavillo” per evitare al premier i processi.
Noi speriamo e lottiamo per il cambiamento, che in questo caso consiste nel ridare al Paese il senso del confine: per cui bene e male esistono e il bene di tutti non è quello di uno solo al comando. Loro “fanno il deserto e lo chiamano pace”. Per noi il deserto resta deserto.
Tratto da: luigidemagistris.it
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Soprattutto da parte dei cittadini onesti, soprattutto quando ad entrare in ballo c’è anche la figura del premier.
Le affermazioni del legale di Mills -a caldo della decisione con cui oggi la Corte d'Appello di Milano ha confermato la condanna a quattro anni e sei mesi dell'avvocato inglese per corruzione in atti giudiziari- confermano la percezione di vivere in un Paese in cui si è realizzata una inversione dei valori democratici a dir poco perversa.
Questa inversione, sostenuta con la martellante propaganda mediatica, genera un corto circuito voluto per cui male e bene sociale si confondono con promiscuità, per cui il bene comune diventa il soddisfacimento degli interessi di uno solo al comando.
Così, in questo paese di Alice senza meraviglia, il presidente del Consiglio può, tranquillamente, attaccare la magistratura minacciandone l’autonomia attraverso leggi (ad personam) e riforme (ritorsioni) nefaste per la giustizia.
Un’inversione dei valori democratici per cui anche il legale del presidente del Consiglio, vera mente al lavoro per realizzare lo stato pieno dell’ingiustizia, ovvero l’on. Niccolò Ghedini, può affermare, serenamente, che dopo la sentenza odierna “ancora una volta, si conferma che a Milano non si possono celebrare processi quando, ancorchè indirettamente, vi sia un collegamento con il presidente Berlusconi”. Chapeau.
Noi invece abbiamo sempre pensato che sia un premier implicato –direttamente o indirettamente- in procedimenti giudiziari a rappresentare un’anomalia per il consorzio democratico.
Oltre ad aver sempre pensato che se c’è un testimone ammaestrato e addomesticato con la cifra di 600mila dollari in due processi nei quali era imputato Berlusconi, quello su "All Iberian" e quello sulle tangenti ad uomini della Guardia di finanza, allora ci dovrà anche essere qualcuno che lo abbia prima comprato e poi addestrato a dovere.
Questo qualcuno però non si lascia processare e per mezzo del lodo Alfano ha visto stralciata la sua posizione, con la conseguente sospensione del dibattimento a suo carico. Ora la leggina ad personam è stata dichiarata incostituzionale dalla Consulta, nonostante i tentativi di pressione portati avanti su di essa, e quindi il dibattimento ricomincerà. Davanti a nuovi giudici però, perchè quelli di un tempo, che avevano condannato Mills in primo grado, sono stati ricusati per incompatibilità.
Cosa accadrà domani è difficile da prevedere, perché in questa inversione di valori democratici sfuma ogni possibilità di previsione, venendo meno la logica comune e il comune senso del bene e del male. In agguato c’è sempre infatti un nuovo stratagemma legale e come disse qualcuno “un Ghedini, un Ghedoni pronto a trovare un nuovo cavillo” per evitare al premier i processi.
Noi speriamo e lottiamo per il cambiamento, che in questo caso consiste nel ridare al Paese il senso del confine: per cui bene e male esistono e il bene di tutti non è quello di uno solo al comando. Loro “fanno il deserto e lo chiamano pace”. Per noi il deserto resta deserto.
Tratto da: luigidemagistris.it
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