Bisogna leggerla bene, la lettera in cui il capo dello Stato esprime «profonde perplessità» sullo scudo intergalattico retroattivo postdatato ed altre ghedinian-alfaniane meraviglie, lo scudo che più dell'elisir di lunga vita che va cercando in farmaceutiche alchimie è in grado di assicurare a B. l'avvenire. Se il capo del governo rispondesse alle regole che valgono per ciascuno di noi e che dovrebbe pretendere fossero da tutti rispettate anzichè irriderle - se dunque si sottoponesse all'esame e alle eventuali sanzioni della giustizia, per esempio - con grandissima probabilità sarebbe interdetto dai pubblici uffici, una pena accessoria elementare e automatica quando risulti accertato che si sono commessi reati di un certo calibro e gravità. Come capite se uno è interdetto dai pubblici uffici non può pensare di diventare presidente della Repubblica. Questo è un problema. Allora vediamo. Cosa dice Napolitano?
Dice che la sospensione dei processi penali non deve riguardare il presidente della Repubblica. Ricorda che questo aspetto non era contenuto nella legge Alfano da lui promulgata a luglio del 2008: è una novità. Sta parlando per sé? Sta dicendo che a lui non interessa - che non vuole, che non condivide - l'estensione dello scudo alla sua persona? No, per nulla. Sta parlando dell'Istituzione. Dice infatti che questa norma «contrasta con l'articolo 90 della Costituzione» (messa in stato d'accusa del capo dello Stato) in modo «irragionevole» e riduttivo «dell'indipendenza del Presidente della Repubblica», che incide sull'Istituzione «indipendentemente dalla mia persona». Indipendentemente dalla sua persona. Sta parlando al presente? Non proprio, non solo. Parla al futuro, soprattutto. Dice: per il Quirinale lo scudo non vale, chiunque lo abiti. È chiaro il messaggio? Si tratta semplicemente, in fondo, di difendere la Costituzione da quelli che Bersani definisce gli assalti dell'«avventurismo costituzionale», appunto. Fini asseconda Napolitano: «Parole di cui tenere conto». Prove tecniche di argine comune: i prossimi mesi promettono molto di più.
Mentre i solerti lacchè eletti e pagati per rappresentare gli italiani si occupano di risolvere i problemi del Capo nel paese reale, al solito, l'umanità è presa da altro. La spazzatura della camorra sommerge Napoli. La guerriglia di Terzigno, derubricata dal premier a "fenomeno locale", è alle barricate. Bossi evoca morti. Il tentativo di addossare le responsabilità ai sindaci è respinto al mittente, con dovizia di dettagli, da Rosa Russo Iervolino. Del resto è (anche) sulla soluzione dell'emergenza rifiuti in Campania che B. ha impostato e vinto la sua campagna elettorale. Promesse e bugie. Eccone alcune.
«Sarò a Napoli tre giorni alla settimana e resterò lì ad operare fino alla certezza dell'avvio concreto della soluzione del problema», Ansa, 14 aprile 2008.
«Tornerò a Napoli con continuità, per monitorare l'azione del sottosegretario e per confermare che lo Stato c'è». Ansa, 21 maggio 2008.
«A chi mi chiede se a Napoli tornerà ancora l'emergenza rifiuti io dico: no. Non si tornerà alla situazione precedente». Ansa, 28 agosto 2008.
Ieri, infine: «Prevediamo che in dieci giorni la situazione possa tornare nella norma».
Dieci giorni, cominciate a contare.
Fonte: Unita.it
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