La parola d’ordine è ergonomia. L’incontro svoltosi martedì pomeriggio a Roma tra il ministro per lo Sviluppo, Claudio Scajola, e l’amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, ha sancito il trionfo delle linee morbide. Si parlava del futuro di Pomigliano d’Arco, tema spigolosissimo, 5.200 dipendenti utilizzati quest’anno al 32%. Circa 500 potrebbero andare in pensione, ma che fare per gli altri?
L’idea è di portare in Campania la produzione della nuova Panda trasferendola dalla Polonia. Ma gli stabilimenti subiranno un totale stravolgimento produttivo: altissima automazione, sistemi ergonomici di assemblaggio, grande flessibilità da parte degli operai nel seguire i nuovi ritmi di lavoro. Marchionne è stato chiaro nel dettare le condizioni per l’arrivo della Panda a Pomigliano: “Non intendo essere costretto a passare i miei fine settimana in trattative snervanti per un sabato lavorativo in più o per qualche altra forma di flessibilità”. Insomma, se si stringeranno i denti, niente chiusura o tagli drastici: solo Termini Imerese sarà abbandonato da Fiat a fine 2011, Pomigliano invece si trasformerà in un polo tecnologicamente avanzato. Molti aspetti restano da chiarire, i sindacati scalpitano per conoscere i dettagli operativi, ma il clima generale è cambiato. Il primo passo serio di riavvicinamento tra il governo e Fiat è stato lo sblocco dei fondi per gli ecoincentivi 2009: l’ok arrivato qualche giorno fa dall’Agenzia delle Entrate ha chiuso una crisi diplomatica iniziata lo scorso novembre.
Allora, mentre tutti discutevano animatamente sull’ipotesi di rinnovare anche per il 2010 l’aiuto statale al settore auto, fece scalpore la dichiarazione di Marchionne: “Sugli incentivi deciderà il governo. Ma noi stiamo ancora aspettando i 400 milioni di euro che lo Stato ci deve”. Apriti cielo. Nella bagarre delle reazioni, tra chi ricordava come Fiat sia stata foraggiata costantemente da fondi pubblici e chi invece negava l’appoggio economico governativo negli ultimi anni (disse Montezemolo: “Mai preso un euro”), si cominciò a fare i conti. Scoprendo che l’ad diceva la pura verità: Fiat aveva anticipato ai suoi clienti lo sconto previsto dagli incentivi statali, in attesa di essere poi ripagata dallo Stato. A fine 2009 la cifra s’è fatta consistente, circa 500 milioni per i quali i tecnici dell’Agenzia delle Entrare, avevano immaginato non un ritorno cash ma un’operazione di tipo fiscale. Ovvero,la compensazione tra i crediti Fiat (gli incentivi anticipati) e le imposte dovute dal gruppo all’erario. Ma c’era ancora un problema: il credito superava abbondantemente il debito. Così l’Agenzia ha deciso di attribuire a Fiat direttamente un bonus, un vero e proprio credito fiscale, cedibile anche a terzi. Quasi un assegno circolare da sfruttare sia all’interno che all’esterno del gruppo. Il 5 marzo un’apposita risoluzione ha chiarito ogni dettaglio, dando finalmente il via libera all’operazione. Giusto nei giorni in cui veniva presentato il decreto Incentivi, totalmente privo di fondi per l’auto. Una scelta storica, criticata da sindacati e lavoratori, viste le difficoltà del settore, ma non dai vertici aziendali . Che si sono invece molto agitati per le indiscrezioni emerse sui tagli contenuti nel Piano Strategico attualmente in fase di elaborazione: 5 mila posti in bilico secondo i rumors, nessuna conferma né smentita dalle “precisazioni” firmate Marchionne.
Bisognerà dunque attendere il 21 aprile per conoscere i nuovi assetti, ma qualche segnale interessante è già arrivato. Qualche giorno fa Scajola ha fatto una mezza dichiarazione d’amore alla Fiat sulle pagine de La Stampa, il quotidiano del gruppo torinese: “Molti politici e sindacalisti hanno con la Fiat un rapporto complesso e a volte poco razionale. Ma io non partecipo al tiro al bersaglio”. Lui no, e anzi si dimostra interlocutore più che attento anche quando deve aprire i cordoni della borsa. Perché Tremonti avrà avuto i 300 milioni di incentivi da gestire, ma anche Scajola ha cominciato a fare sul serio con la sua lampada di Aladino. Trattasi di Industria 2015, il progetto ideato dall’allora ministro Bersani per favorire l’innovazione industriale, un’area di autonomia e indipendenza difesa con i denti dal ministro dello Sviluppo. Dopo un avvio incerto, Industria 2015 sta faticosamente decollando, con i primi cicli d’investimento ormai lanciati: il bando Made in Italy (180 milioni di euro la dotazione) distribuisce denaro a 429 obiettivi, ma è partito anche quello sull’Efficienza energetica (altri 200 milioni) che vede tra i beneficiari Fiat per alcuni progetti di ricerca e innovazione. Non grandi cifre. Non si raggiungono gli 80 milioni, ma sono in molti a giurare che proprio dal finanziamento ai progetti più futuribili passi il destino delle buone relazioni tra Torino e Roma. Del resto, nei bandi di Industria 2015 c’è praticamente di tutto, dall’ideazione di nuovi “macchinari per l’essiccazione della pasta lunga” conferito alla Fava Spa ai fondi per mega aziende come Enel e Telecom. Fiat ci può stare benissimo.
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da Il Fatto Quotidiano del 6 aprile 2010
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