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Il Cavaliere furioso con il cofondatore. "Ora basta, con Fini domani chiudo"



CON Giacomo Caliendo siamo al quarto sottosegretario del Pdl finito in un'inchiesta in pochi mesi - Bertolaso, Brancher, Cosentino - , senza contare le dimissioni del ministro Scajola e il coinvolgimento di Marcello Dell'Utri e Denis Verdini nelle indagini.

È una vera emergenza, che potrebbe travolgere l'intero esecutivo e che impone a Berlusconi di agire in fretta. Nel governo l'allarme è ai massimi livelli: "La situazione è molto brutta - ammette Sandro Bondi - ed è persino peggio di Tangentopoli. Allora arrivavano almeno gli avvisi di garanzia e uno si poteva difendere, adesso con le intercettazioni finisci in un frullatore e ti travolgono".

Per questo Silvio Berlusconi ha scelto la linea dura. In cuor suo si è anche pentito di aver lasciato che Brancher e Cosentino si dimettessero, "stavolta con Caliendo non commetteremo lo stesso errore". La difesa del sottosegretario alla Giustizia sarà intransigente e non a caso Berlusconi si è affrettato ad incontrarlo ieri, non appena si è diffusa la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati. Stessa fermezza anche nella difesa di Denis Verdini. "Nessuno dei due si dimetterà - conferma Bondi - è escluso. Non possiamo consentire che la magistratura entri a piedi uniti nella politica in questo modo".

L'altro fronte di attacco scelto dal Cavaliere per puntellare il governo è quello interno. Ma le due questioni si legano. Tanto è vero che il finiano Fabio Granata ieri si è affrettato a dire (la Zanzara, Radio24) che Caliendo dovrebbe dimettersi, perché "sul piano politico quello che vale per Verdini e per Cosentino vale per Caliendo, altrimenti sembrerebbe un accanimento personale nei confronti di Verdini". Prese di posizione che hanno fatto nuovamente perdere le staffe al premier, deciso a mettere al più presto la parola fine su questa vicenda.
Ieri Gianni Letta ne ha discusso con Gianfranco Fini, a margine della conferenza degli ambasciatori alla Farnesina, preannunciandogli l'intenzione del Cavaliere di arrivare allo showdown. Nessuno ancora sa di preciso come Berlusconi intenda sferrare il colpo finale contro il suo avversario interno. Si conosce soltanto la data. Sembra infatti che il premier abbia cerchiato in rosso la giornata di domani. Messa in salvo la manovra e la riforma dell'università (si votano entrambe giovedì), Berlusconi è deciso a dar corso a qualcosa di clamoroso.

Passando ieri mattina alla Camera - dove ha evitato di far capolino in Aula pur di non stringere la mano a Fini (che in quel momento stava presiedendo) - lo ha in parte svelato a un deputato: "Dopo la manovra vedrete... fuochi d'artificio". Si parla di un ufficio di presidenza del Pdl, peraltro ancora non convocato, per mettere ai voti una scomunica del "traditore". Corre voce di una raccolta di firme tra i deputati su un documento di censura alla conduzione "non di garanzia" della presidenza della Camera. C'è persino chi azzarda che i capigruppo di Pdl e Lega potrebbero iniziare a disertare le riunione della conferenza dei capigruppo pur di costringere Fini alle dimissioni. O, più semplicemente, Berlusconi potrebbe prendere a legnate Fini con un'intervista televisiva. Gli stessi "spin doctor" di palazzo Chigi ammettono di non poter ancora diradare il mistero su cosa intenda fare il premier. Ma di certo qualcosa di grosso è in cottura. Senza attendere, come pure sembrava in un primo momento, che venga calendarizzata la mozione di sfiducia personale che l'Italia dei valori ha presentato contro Caliendo. Nel caso i finiani la votassero, scatterebbe immediata l'espulsione dai gruppi e dal partito. Sarebbe il sospirato "casus belli". Ma per quel voto se ne riparlerà solo a settembre, Berlusconi invece ha fretta di chiudere i giochi. Tanto da aver rinunciato giovedì a lasciare la Capitale per incontrare il Milan pur di dar seguito ai suoi propositi di guerra.

Il premier è convinto che questo sia il momento per giocarsi il tutto per tutto, consapevole anche del fatto di non poter resistere all'infinito sotto i colpi delle inchieste. Una "colomba" come Giorgia Meloni attribuisce molta della responsabilità dello scontro interno agli ultras finiani: "Negli scacchi la mossa si chiama "Scacco affogato": è quando il Re viene "mattato" da un solo avversario perché i pezzi amici lo hanno circondato e gli impediscono di muovere. Ecco, dobbiamo salvare Fini dall'abbraccio dei suoi pedoni".

Fonte: Repubblica.it

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