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Il fumo e la sostanza - Di Concita de Gregorio


In questo incredibile agosto di parole in libertà, un mese dove chiunque - in maglietta bianca che stacca sull'abbronzatura sul ciglio di un burrone nel Salento, in canotta e dito alzato dal Cadore, in doppiopetto a un funerale - si sente in dovere di spiegare agli italiani cosa succederà all'indomani di una crisi di governo che ancora non c'è (nè sappiamo se e quando ci sarà, eventualmente comunque toccherebbe a Napolitano decidere il da farsi, ha ricordato proprio da queste colonne il Presidente) abbiamo registrato ieri un aggiustamento della data delle fantomatiche elezioni inizialmente fissate da Berlusconi per novembre - "ai primi di dicembre", ha corretto Bossi - due parole sul governo tecnico da parte di Casini, un no sicuro alle elezioni anticipate del finiano Granata, varie ed eventuali. Tutto condito dal pentimento postumo dei finiani di Farefuturo (chi l'avrebbe detto che il premier fosse proprio quello che i giudici e i giornali comunisti dicevano di lui, incredibile) e dalla cortina fumogena dei dossieraggi a mezzo stampa a proposito di un appartamentino a Montecarlo - aspettiamo tutti, certo, di sapere com'è andata con il cognato, ci mancherebbe - come se i 165 milioni di tasse fatti risparmiare da Berlusconi a se medesimo (Mondadori) gli affari privati con Gheddafi, le inchieste di mafia pendenti, l'incredibile vicenda di corruzione e collusione degli ultimi vent'anni fosse sempre la solita solfa, che noia, lo sapete Berlusconi com'è: è fatto così, gli italiani lo hanno eletto così. Gli italiani sono come lui, quanto meno vorrebbero esserlo.
Ecco, noi vorremmo restare ai fatti. Almeno a quelli di giornata, non esageriamo a fare ogni volta l'elenco che ci si stanca. Fateci caso: come si toccano le questioni che scottano salta in aria Mavalà Ghedini con il consueto repertorio di ovvietà ripetute a macchinetta all'infinito, come se la reiterazione potesse renderle sensate. Abbiamo toccato il nervo scoperto degli affari di Berlusconi e Gheddafi (giusto ieri si sono sentiti di nuovo al telefono per preparare le celebrazioni del terrificante accordo italo libico sui respingimenti, avete letto su questo giornale cosa siano i lager libici e a quale destino il nostro paese consegni i rifugiati). Abbiamo raccontato degli affari tv, un resoconto dettagliato che aggiorna ad oggi un'inchiesta del Guardian mai smentita - se avessero potuto negare state tranquilli, lo avrebbero fatto. Neppure le minacce di Ghedini all'Unità, nostro pane quasi quotidiano, smentiscono alcunchè nel merito degli assetti societari di cui vi abbiamo parlato. Neppure la nota di Tarak Ben Ammar, l'altro socio di B., che non fa che ripetere ciò che questo giornale ha scritto: castelli di finanziarie e società che ne nascondono altre. La sostanza è quella descritta. Si innervosiscono moltissimo quando si toccano i loro affari, è logico. Di fronte alle carte e ai processi, poi, reclamano il legittimo impedimento. Pd e Idv hanno annunciato ieri interrogazioni parlamentari sui reali interessi che corrono fra il presidente del consiglio e il dittatore libico. Non sarebbe una cattiva idea restare ai fatti, farli conoscere, non muoversi di un millimetro e non lasciarsi intimidire. Non sarebbe male - come tecnica di opposizione - raccontare agli italiani la verità.

Fonte: Unita.it

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