Da tempo andiamo sostenendo che i politici non c’è più bisogno d’intercettarli. Basta intervistarli, anzi lasciarli parlare. Prendiamo Bondi, ammesso che se ne trovi ancora traccia dopo le disavventure degli ultimi giorni. L’altro giorno, quando viene a sapere che ci stiamo occupando di Roberto Indaco, marito della sua compagna on. Manuela Repetti, attualmente in fase di divorzio, del quale peraltro si era già occupato lui facendogli avere una consulenza da 25 mila euro l’anno come massimo esperto nazionale in materia di “Teatro e moda”, telefona in redazione per vedere se non sia possibile stendere un velo pietoso sulla circostanza. Poi scopre che è impossibile, se ne fa una ragione e detta una memorabile dichiarazione: “Nel caso del signor Indaco, io non ho fatto altro che aiutare una persona che si trovava in una drammatica difficoltà. Aveva le competenze professionali per usufruire della consulenza, quindi non ho violato leggi né norme”. Sulle competenze professionali sorvoliamo per carità di patria (pare che il superconsulente accogliesse i clienti nel motel di famiglia a Novi Ligure). Ma facciamo timidamente notare che, in epoca di tagli e austerità, il suo ministero è riuscito a sistemare anche l’altro membro della famiglia acquisita, Fabrizio Indaco, figlio di Roberto e Manuela, assunto con contratto interinale alla direzione Cinema dei Beni culturali per occuparsi, guardacaso, di finanziamenti. E James: “Si tratta di importi molto modesti. Nel caso di Roberto Indaco, al netto delle trattenute, poco più di 1.000 euro al mese”. Ecco, nel paese in cui un giovane su quattro è senza lavoro (tre su quattro nel Sud) e si suicidano a raffica i precari che non si vedono rinnovare il contratto, è consolante sapere che in casa Repetti nessuno perde lavoro, anzi tutti lo trovano, e sempre al ministero di Bondi. Il quale, anziché scavarsi un buco, infilarsi dentro e chiudere il tappo, piagnucola pure: “Desidererei rispetto, si tratta di una vicenda dolorosa. Di una storia amara, ma anche del tutto personale e privata”. Personale e privata, non c’è dubbio. L’unica cosa pubblica sono i soldi. Poi scopriamo che il multiforme ministro ha inventato pure un premio fantasma al Festival di Venezia per una favorita del capo, Dragomira Bonev in arte Michelle, e che sarebbe fantasma pure il film, che nessuno riesce a reperire. Che fa Bondi? Si scava un buco e scompare? No, annuncia querela al Fatto e al Corriere che ha ripreso la notizia.
Motivo: abbiamo scritto che il governo bulgaro smentisce di aver sostenuto le spese della spedizione aviotrasportata di 32 bulgari in Laguna, tra hotel a 5 stelle e cene di gala, e sostiene che han fatto tutto gli italiani. Bondi replica che il suo ministero, eccezionalmente, non ha speso una lira (fra i bulgari, evidentemente, non c’erano parenti della sua fidanzata). Bene: perché non querela il governo bulgaro? E, già che c’è, ci vuol dire gentilmente chi ha pagato il conto, compreso quello per la targa patacca commissionata a una bottega romana per l’inesistente premio europeo per la cinematografia sempre tesa ai diritti umani? E, già che ci siamo, chi ha visionato e giudicato la fantomatica pellicola meritevole di cotanta attenzione, al punto di premiarla prima che fosse pronta (finora l’unica critica lusinghiera sul capolavoro – “è un film grandioso, punto e basta!” – l’ha firmata la Dragomira medesima sul Corriere)? Su questi dettagli James non si attarda. Preferisce querelare. E querela – o almeno così dice al Corriere – pure Mastella perché abbiamo scritto che il Senato ha sollevato conflitto di attribuzioni contro i giudici di Napoli che lo stanno processando per 9 reati. Non è forse vero? Certo, è tutto vero, ma lui dice che “il conflitto è stato sollevato all’unanimità”, mentre noi abbiamo scritto che in aula l’Idv ha votato contro. Il fatto è che l’Idv, in aula, ha votato contro. Ma Mastella querela lo stesso perché “contro di me c’è un disegno politico e forse giudiziario”. E noi che c’entriamo? È sicuro di sentirsi bene?
Fonte: Il Fatto Quotidiano del 26 novembre in edicola
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