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Viaggio in Libia, Berlusconi: "Polemiche inutili per strumentalizzare la mia visita"

ROMA - "Sono polemiche inutili. Fatte solo per strumentalizzare la mia visita in Libia". Silvio Berlusconi difende la sua scelta. Non solo quella di mantenere l'appuntamento con Gheddafi per domenica prossima ma anche quella di aver avallato in prima persona la decisione di concedere le Frecce Tricolori per festeggiare il 40° anniversario della Rivoluzione con cui il Colonnello depose re Idris.

"Sono tanti i paesi che ogni anno ci chiedono i nostri piloti acrobatici, perché avremmo dovuto dire di no proprio a Tripoli?". Un interrogativo che nelle ultime ore il premier ha ripetuto ad alcuni ministri sentiti telefonicamente. Una domanda retorica posta solo e semplicemente per confermare l'alleanza con il capo della Jamahiriya. E già, perché la Libia - secondo il presidente del Consiglio - è in questa fase un "alleato cruciale".

In questo senso non possono incidere né le polemiche dopo la liberazione in Scozia dell'attentatore di Lockerbie né i dubbi che sono rimbalzati da Washington. Né, tanto meno, la decisione del principe inglese Andrea di annullare la visita nel paese africano. "Chi ci critica per il feeling con Gheddafi, lo fa solo per una strumentalizzazione politica. Oppure non si rende conto di quanto sia importante per noi la Libia".

Il riferimento non è solo alle intese per bloccare le partenze di immigrati clandestini dalle coste libiche. "Accordi che stanno funzionando bene - ripete da giorni il premier - . Se non ci fossero, avremmo sbarchi ad ogni ora". La preoccupazione di Palazzo Chigi è però soprattutto un'altra. Le relazioni commerciali. Gli investimenti italiani in quella zona sono consistenti. Eni, Enel, Telecom, Finmeccanica sono in prima fila.

L'attenzione del capo del governo, però, si sta concentrando su due aspetti: l'alleanza "petrolifera" e quella "finanziaria". Secondo i consulenti di Berlusconi, infatti, senza l'"oro nero" e soprattutto il gas del deserto della Sirte la situazione "energetica" dell'Italia potrebbe rivelarsi "critica".

Non a caso proprio di recente è stato rinnovato l'accordo - "l'Exploration and production sharing" - che consente all'Eni di individuare e sfruttare i giacimenti di petrolio e di gas. Per altri venticinque anni (fino al 2042 per il petrolio e fino al 2047 per il gas) l'azienda italiana potrà operare in quell'area. Un fronte che il Cavaliere considera "strategico" anche nello scacchiere internazionale. Tant'è che le ultime polemiche sono state messe in connessione proprio con la presenza massiccia del "cane a sei zampe" in Africa.

"Qualcuno forse - è il dubbio del premier - non gradisce il ruolo italiano in un mercato tanto importante. Forse a qualcuno dei nostri alleati stranieri la vicenda non piace poi tanto". Anzi, è sicuro che "le polemiche di questi giorni in altri paesi d'Europa non ci sarebbero state. C'è chi le provoca ad arte".

Il Colonnello, inoltre, da qualche anno rappresenta per Berlusconi anche un referente sempre "disponibile" per affrontare altri problemi. Una sponda spesso positiva per sciogliere in extremis i nodi di carattere finanziario che si sono presentati in alcuni dei grandi gruppi nostrani. Le presenze nell'azionariato di Unicredit e Finmeccanica sono note. Ma l'interesse è stato manifestato su un ampio spettro di Spa italiane.
Un anno fa lo stesso presidente del Consiglio - nel corso di una conferenza stampa a Napoli - aveva accennato al ruolo dei fondi sovrani, in particolare di quello libico. E negli ultimi giorni non ha nascosto ai fedelissimi che il Lia, appunto il fondo sovrano di Gheddafi, possa rivelarsi risolutivo nelle "partite" più delicate che verranno giocate in autunno da alcune società più in vista nel panorama borsistico italiano.

L'inquilino di Palazzo Chigi, insomma, è sicuro di poter ricorrere al socio libico in caso di necessità. Ad esempio nel caso in cui prendessero corpo Opa ostili per conquistare il controllo di aziende giudicate "strategiche" e di interesse nazionale.

Nel frattempo la missione delle Frecce Tricolori per i 40 anni della Rivoluzione libica rappresenta in primo luogo una "mossa diplomatica". Un modo pure, ripete Berlusconi, per "esportare il made in Italy e mostrare un vanto del nostro paese". Anche se nel centrosinistra fanno notare: "E allora perché non festeggiare pure l'espulsione degli italiani del '70?".

Fonte: Repubblica.it
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