Cariche in Tangenziale, ma il presidio per evitare lo smantellamento dei macchinari non si scioglie. Oggi vertice in Regione
A quattro giorni dall’impegno formale di Provincia e Regione a favore della Innse di via Rubattino, gli operai si svegliano e trovano nella fabbrica difesa da oltre un anno dalla liquidazione altri operai, quelli delle ditte acquirenti dei macchinari che, scortati dalle forze dell’ordine, iniziano a smontarli.
È la fine della speranza per i 49 operai della fabbrica che attraverso una guerra legale con la proprietà, tre mesi di autogestione produttiva, presidi di giorno e di notte per la difesa delle macchine, hanno tentato di far sopravvivere la Innse, diventata un vero e proprio simbolo, alla crisi. Ora non resta che la protesta.
Un centinaio di persone tra operai e militanti dei centri sociali si radunano alle 8 davanti alla fabbrica, poi decidono di bloccare il traffico sul cavalcavia della tangenziale est. È alle 13 che esplode così l’unica fiammata di tensione, con le forze dell’ordine che manganellano i dimostranti: un carabiniere e un militante dei centri sociali restano leggermente contusi.
Intanto nei capannoni della Innocenti Santeustacchio, operai della Mpc di Santorso, provincia di Vicenza, e della Nuova Lombarmet di Arluno iniziano a smontare un primo macchinario, come prevede un provvedimento urgente del Tribunale in cui si dispone la consegna delle sette macchine vendute dalla proprietà a due diverse società.
Si fermeranno alle 18 quando si raggiunge il compromesso: gli operai sospendono le proteste in attesa di un incontro stamattina con la giunta regionale, mentre Maria Sciancati, segretaria della Fiom di Milano, e Giorgio Cremaschi della segreteria nazionale, chiedono al prefetto di «sospendere il provvedimento di smantellamento delle macchine e chiusura del sito».
Per i dipendenti lo smontaggio degli impianti è una doccia fredda. «Il 28 giugno la Regione, il 29 la Provincia si sono impegnati per la continuità aziendale» dice Gino Pozzi, uno dei portavoce degli operai. Che mostra due documenti. Quello del consiglio provinciale che “impegna il presidente a favorire la ricerca di una soluzione per la ripresa dell’attività produttiva”. Quello che impegna il governo regionale affinché “il sito produttivo mantenga la sua capacità produttiva come la Regione ha più volte ribadito”.
Ma ieri il presidente Formigoni fa calare il sipario su ogni possibile svolta: «La Regione si è spesa da mesi per cercare una soluzione che purtroppo non ha potuto perfezionarsi». L’assessore regionale al Lavoro Gianni Rossoni si dice sorpreso per il blitz: «Non avevo sentore che potessero intervenire in questi giorni». Fonti della proprietà fanno sapere che è da febbraio che la Ormis, la società bresciana a lungo candidata a rilevare Insse, si è tirata indietro.
Le opposizioni però chiedono a Formigoni di «mantenere gli impegni presi». Il presidente «aveva assicurato che si sarebbe trovata una soluzione accettabile per i lavoratori dello stabilimento e per la proprietà» ricorda il consigliere regionale verde Carlo Monguzzi. Ora si attendono le decisioni del vertice di questa mattina, mentre gli operai preparano altri momenti di lotta. Ieri sera, quattro dimostranti sono stati fermati dalla polizia prima di arrivare a Lambrate. Volevano raggiungere i binari della stazione e bloccare i treni.
A quattro giorni dall’impegno formale di Provincia e Regione a favore della Innse di via Rubattino, gli operai si svegliano e trovano nella fabbrica difesa da oltre un anno dalla liquidazione altri operai, quelli delle ditte acquirenti dei macchinari che, scortati dalle forze dell’ordine, iniziano a smontarli.
È la fine della speranza per i 49 operai della fabbrica che attraverso una guerra legale con la proprietà, tre mesi di autogestione produttiva, presidi di giorno e di notte per la difesa delle macchine, hanno tentato di far sopravvivere la Innse, diventata un vero e proprio simbolo, alla crisi. Ora non resta che la protesta.
Un centinaio di persone tra operai e militanti dei centri sociali si radunano alle 8 davanti alla fabbrica, poi decidono di bloccare il traffico sul cavalcavia della tangenziale est. È alle 13 che esplode così l’unica fiammata di tensione, con le forze dell’ordine che manganellano i dimostranti: un carabiniere e un militante dei centri sociali restano leggermente contusi.
Intanto nei capannoni della Innocenti Santeustacchio, operai della Mpc di Santorso, provincia di Vicenza, e della Nuova Lombarmet di Arluno iniziano a smontare un primo macchinario, come prevede un provvedimento urgente del Tribunale in cui si dispone la consegna delle sette macchine vendute dalla proprietà a due diverse società.
Si fermeranno alle 18 quando si raggiunge il compromesso: gli operai sospendono le proteste in attesa di un incontro stamattina con la giunta regionale, mentre Maria Sciancati, segretaria della Fiom di Milano, e Giorgio Cremaschi della segreteria nazionale, chiedono al prefetto di «sospendere il provvedimento di smantellamento delle macchine e chiusura del sito».
Per i dipendenti lo smontaggio degli impianti è una doccia fredda. «Il 28 giugno la Regione, il 29 la Provincia si sono impegnati per la continuità aziendale» dice Gino Pozzi, uno dei portavoce degli operai. Che mostra due documenti. Quello del consiglio provinciale che “impegna il presidente a favorire la ricerca di una soluzione per la ripresa dell’attività produttiva”. Quello che impegna il governo regionale affinché “il sito produttivo mantenga la sua capacità produttiva come la Regione ha più volte ribadito”.
Ma ieri il presidente Formigoni fa calare il sipario su ogni possibile svolta: «La Regione si è spesa da mesi per cercare una soluzione che purtroppo non ha potuto perfezionarsi». L’assessore regionale al Lavoro Gianni Rossoni si dice sorpreso per il blitz: «Non avevo sentore che potessero intervenire in questi giorni». Fonti della proprietà fanno sapere che è da febbraio che la Ormis, la società bresciana a lungo candidata a rilevare Insse, si è tirata indietro.
Le opposizioni però chiedono a Formigoni di «mantenere gli impegni presi». Il presidente «aveva assicurato che si sarebbe trovata una soluzione accettabile per i lavoratori dello stabilimento e per la proprietà» ricorda il consigliere regionale verde Carlo Monguzzi. Ora si attendono le decisioni del vertice di questa mattina, mentre gli operai preparano altri momenti di lotta. Ieri sera, quattro dimostranti sono stati fermati dalla polizia prima di arrivare a Lambrate. Volevano raggiungere i binari della stazione e bloccare i treni.
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