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Feltri al giornale. per 15 milioni di euro. Cifra Record

Se va in porto, sarà lo scambio di coppia cartacea più sanguinoso (e costoso) da molto tempo: il doppio addio con nuovo inizio Feltri-Belpietro. In 24 ore il Diretùr bergamasco ha abbandonato la poltrona di Libero, dove i rapporti con gli Angelucci non erano più idilliaci, accettando la proposta indecente di Berlusconi al quale aveva sbattuto la porta nel ‘97: una tantum di 15 milioni, stipendio di 3 milioni annui. Infuriati, gli Angelucci hanno fatto shopping alla corte di Arcore offrendo 5 milioni a Maurizio Belpietro, l’unico in grado di contrastare la decapitazione della loro creatura e di depotenziare l’operazione Feltri. L’Antipatico si è preso fino a ieri sera, facendo filtrare un sì ufficioso e guardando il rilancio di Berlusconi che lo ha invitato a cena.

Un’offensiva per cui il premier non ha badato a spese. Le cifre, forse non vere ma non smentite, sono iperboliche: avulse dal mercato dei giornali e anche da quello, più ricco, della tv. Quando furono pubblicati gli stipendi dei direttori per ordine di Visco, il numero uno del Corriere guadagnava 1,5 milioni e quello di Repubblica un terzo. E per il libro La casta dei giornali di Beppe Lopez (2007) i direttori de l’Unità e del Riformista (altro giornale di proprietà degli Angelucci) 9mila, Giuliano Ferrara 8mila. Belpietro 9mila e Feltri stesso appena 15mila al mese.

Feltri scherza sul conquibus con Dagospia: «Milioni già riscossi. Hanno venduto Kakà per pagarmi». Ma la pioggia d’oro lascia di stucco la stampa estera dove,in maggioranza, gli emolumenti un centesimo di quell’una tantum. In Francia il direttore di Le Monde percepisce circa 150mila euro, quello di Libération 100mila, mentre del Nouvel Observateur, dove gli stipendi sono pubblici, 8mila al mese. In Gran Bretagna è prassi non superare la paga del primo ministro, e Gordon Brown intasca circa 250mila sterline annue.

C’è da chiedersi, allora, il perché di una blitzkrieg che ha fatto la prima vittima: Mario Giordano, silurato a sangue freddo, considerato volonteroso ma non adeguato alla guerra (di Papi), reo di aver risposto agli escort-cazzotti con il solletico e della gaffe su Carlà imbarazzante in area G8. Giordano ha scoperto di essere diventato ex dopo la firma con Feltri, ed è partito per «vacanze all’estero», tra la perplessità della redazione che non aveva mai visto il capo trattare così un fedele dipendente.

C’è una ragione pecuniaria, a cui Berlusconi è sensibile: il Giornale è sceso a 165mila copie. Feltri, che si è proposto con insistenza, ha promesso 20mila lettori in più pari a 8 milioni di introiti pubblicitari. Numeri che hanno convinto il premier, contro il parere di Confalonieri e del fratello Paolo. Con una postilla davvero indigesta: oltre al condirettore Sallusti e al direttore generale, più collaboratori come Veneziani e Moggi, il «pacchetto» prevede anche il passaggio della concessionaria di pubblicità di Daniela Santanché, che compirebbe un ulteriore passo di riavvicinamento al PdL. Lei smentisce, ma pare che alla Mondadori siano fuori dalla grazia di dio.

Il prossimo passo tocca a Belpietro, rimasto a bocca asciutta all’ultimo giro di nomine tv (niente Tg1 né Tg5, forse perché Panorama sul Papi-Gate non è sceso in campo) e tentato dall’avventura a briglie sciolte. Gli Angelucci lo hanno pregato come l’unico che può farcela. La redazione di Libero, orfana del padre fondatore, spera. Tanto più dopo la riunione di venerdì scorso, quando il direttore ad interim Paragone ha caricato le truppe, promesso sfracelli, e solo alla fine annunciato - en passant- che stava per diventare vicedirettore di Mazza a RaiUno.

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