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"Egregio Riina le scrivo e la informo mia figlia, sua vittima, si è laureata"

Lettera di Giovanna Maggiani Chelli al boss mafioso in carcere Francesca, ferita nell'attentato di via dei Georgofili, è da oggi dottore in Architettura.

ROMA - "Egregio signor Salvatore Riina". Comincia così la lettera che Giovanna Maggiani Chelli, portavoce dell'associazione dei familiari delle vittime della strage mafiosa di via dei Georgofili a Firenze, ha scritto al boss dei boss, in carcere. L'occasione che ha spinto la signora Maggiani a scrivere, per la terza volta, a Riina è la laurea della figlia Francesca, rimasta ferita nell'esplosione del 1993 in cui perse la vita anche il fidanzato Dario Capolicchio, insieme ad altre quattro persone.

La laurea in architettura di Francesca è "una rivincita su quei 300 chili di tritolo usato sulla pelle di innocenti per nascondere ancora una volta le miserie di chi ha dato alla mafia la possibilità di andare in Parlamento".

Francesca Chelli, originaria di La Spezia, oggi si è laureata in architettura a Firenze con 110 e lode. All'epoca dell'attentato abitava in via dei Georgofili con Dario. Da allora non è più stata la stessa. "I suoi uomini - scrive la madre a Riina - le hanno rovinato la vita", ma aggiunge: "Il suo tritolo, il vostro tritolo e di quanti con voi lo hanno fortemente voluto per salvarsi dalla galera, ha spezzato mia figlia ma non l'ha piegata. Pur tra mille difficoltà e uno Stato spesso disattento, mia figlia ce l'ha fatta a raggiungere l'obiettivo che si era prefissata".

Nella lettera Giovanna Maggiani Chelli ricorda di aver già scritto a Riina per chiedere un suo pentimento ma "lei ritiene di non essere 'un infame', "lei una coscienza non ce l'ha. Ma se può consolarla, tra i politici, nelle istituzioni, fra i dirigenti di aziende e finanziarie importanti, fra i direttori di banca come fra gli alti prelati sono in tanti a non avere una coscienza... come lei". E conclude: "Dica a sua figlia di trovarlo lei il coraggio di raccontare tutto quello che sa, di dirci con chi il padre andava a braccetto e anche sua figlia ce l'avrà fatta, alla faccia di chi, ogni giorno, dice fra sé e sé tanto i Riina non parlano perché sono mafiosi con la coppola e loro non tradiscono, noi invece con i colletti bianchi li sappiamo tradire eccome". a di voler informare l'ex capo dei capi" della laurea della figlia, perché "suo cognato Leoluca Bagarella brindò quando esplosero le bombe nel 1993. Oggi sappiamo che tutti brindaste perché sapevate che vi avrebbero abolito il '41 bis'". "Io brinderò pubblicamente - continua la Maggiani Chelli - quando moriranno coloro che nel 1993 ci hanno messo nelle mani della mafia, ogni volta che ne morirà uno solleverò un calice e urlerò come fece Bagarella quando morirono i nostri figli (...) Posso oggi ben dirlo: quella mattina del 27 maggio 1993, mia figlia doveva affrontare un importante esame di architettura. Il sistema marcio, colluso con Cosa nostra, colluso con lei , ha cercato di fermarla, ma non ce l'avete fatta".


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