Home , , � Caccia a Messina Denaro, sequestrati beni.

Caccia a Messina Denaro, sequestrati beni.

Arrivati al sequestro da un troncone di indagine sul
senatore d’Alì (Pdl), ex sottosegretario all’Interno.


L'ultimo identikit della Polizia di Stato del super latitante Matteo Messina DenatoTRAPANI – La task force che dà la caccia a Matteo Messina Denaro ha sequestrato un albergo di San Vito Lo Capo, il Panoramic, e beni per 25 milioni di euro a un rampante imprenditore accusato di essere un prestanome del super latitante di Cosa nostra e di averlo ospitato in proprietà di sua pertinenza, a Trapani. Almeno questa è l’accusa mossa contro Michele Mazzara, un piccolo commerciante di 52 anni che in pochi anni dal nulla ha costruito un impero economico e che, a sua volta, dopo essere stato arrestato nel 1997, avrebbe trovato un secondo prestanome Francesco Nicosia, ufficialmente titolare di decine di ville, palazzine in costruzione, terreni e opifici per l’ammasso di cereali e olio. BRACCATO DAL SEGUGIO - Sono state le intercettazioni telefoniche e ambientali a tradire il presunto socio occulto dell’impero che produrrebbe risorse canalizzate alle necessità di quella primula da dieci anni braccata da un segugio come Giuseppe Linares, l’ex capo della Mobile di Trapani da qualche tempo direttore della Divisione anticrime della questura di Trapani dove è stato istituito un apposito gruppo composto anche da militari della Guardia di Finanza.
ISPIRATORE OCCULTO - Oltre a 99 beni immobili, pari a una estensione di 150 ettari, sono stati sequestrati 17 fra trattori e autocarri, 8 automobili fra cui due Suv, 86 conti correnti e rapporti bancari, una casa di cura per anziani e due società, compresa quella del Panoramic, l’albergo ufficialmente intestato a Nicosia. Ma la task force ha la certezza che sia Mazara «l’ispiratore occulto di diverse iniziative imprenditoriali e di alcune speculazioni immobiliari per l’allestimento di alberghi e strutture ricettive nelle popolari località estive di San Vito Lo Capo e Castelluzzo-Makari e di cantieri di edilizia privata nei comuni di Paceco e Trapani...».
POTENTI ECCELLENTI - L’aspetto più inquietante della vicenda è che a questo sequestro si sia arrivati utilizzando un troncone di indagine aperto nei confronti di un potente personaggio della politica trapanese, il senatore Antonio d’Alì del Pdl, già sottosegretario all’Interno con Scajola e Pisanu. Proprio il ministro fautore del “pacchetto sicurezza” al quale lavorò con il prefetto Cirillo l’attuale questore di Trapani, Carmine Esposito, titolare in virtù di quello stesso “pacchetto” del potere di sequestro adesso esercitato contro Mazzara. Una scure abbattutasi anche su alcuni colletti bianchi e professionisti di quella che la polizia considera una cricca trapanese.
LA SMENTITA DEL SENATORE – Sorpreso dal contesto in cui viene inserito il suo nome, il senatore D’Alì si affida alle precisazioni dell’avvocato Biagio Bosco: “Non c’è alcun troncone di indagine relativo al senatore D’Alì per il sequestro di beni. Il senatore ha un suo procedimento estraneo a questa vicenda. Né con il signor Mazara ha rapporti di sorta. All’udienza di dicembre, davanti al Gip, è stata solo prodotta dal Pm una informativa della Squadra mobile con l’unico riferimento a un presunto tentativo di raccomandazione a favore di un nipote di Mazara per la realizzazione di un programma tv su una emittente locale, programma mai prodotto”.


I COVI DEL BOSS - Figura eccellente è considerato l’ingegnere Salvatore Alestra, attuale presidente della “ATO rifiuti numero 1”, l’ente che gestisce il trattamento dei rifiuti solidi urbani in mezza provincia, indicato come «fidato consulente» di Mazzara. Dell’attività di prestanome di Nicosia e del fattivo apporto di Alestra in favore di Mazzara, ignari delle intercettazioni, avrebbero parlato questi ultimi a Giuseppe Maurici, un ex deputato dell’Assemblea regionale, oggi presidente dell’Area di sviluppo industriale, accompagnato davanti a un palazzo in via di definizione per il possibile acquisto di un appartamento. E in quell’occasione a Maurici avrebbero fatto capire chi è il vero proprietario. Per la task foce è la conferma che Nicosia sarebbe il paravento. Mentre socio occulto sarebbe Mazzara. Appunto, il piccolo-grande imprenditore riconosciuto, si legge nel provvedimento di sequestro, da alcuni pentiti del calibro di Francesco Milazzo o Vincenzo Sinacori come uomo vicino al capo mandamento Vincenzo Virga, da tempo in carcere, e come il proprietario di case di campagna nelle vicinanze di Dattilo, a due passi da Paceco, trasformate in covi dove Matteo Messina Denaro, altra pesantissima accusa, avrebbe soggiornato e organizzato riunioni.




Fonte: Corriere.it
vota su OKNotizie

0 commenti to " Caccia a Messina Denaro, sequestrati beni. "

Leave a comment