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Il Cavaliere s'inchina a Gheddafi

Non visita un centro di «accoglienza». Non accenna al rispetto dei diritti umani. In compenso, pone la prima pietra dell’autostrada «risarcitoria». E si esalta per l’esibizione delle Frecce Tricolori. Domenica 30 agosto. È il giorno del «Grande abbraccio» tra il Cavaliere e il Colonnello.
Silvio Berlusconi sbarca a Tripoli per celebrare il primo anniversario della firma del Trattato di amicizia Italia-Libia. Un amicizia che mette tra parentesi i diritti dei più deboli. Ed esalta gli affari.

«Noi rispettiamo tutte le leggi. Se vogliamo davvero procedere ad una politica vera di integrazione, dobbiamo essere rigorosi per non aprire l’Italia a chiunque». Così Berlusconi risponde ai cronisti sul respingimento in Libia dei 75 immigrati intercettati ieri nel canale di Sicilia. Quei migranti senza diritti né speranza non devono turbare la giornata di gloria del Cavaliere tripolino. Le cose «importanti» sono ben altre.

Altre le «imprese storiche» da celebrare. L’autostrada costiera che percorrerà tutta la Libia dalla Tunisia all’Egitto la cui realizzazione sarà finanziata dall’Italia è «un’impresa storica». Così il premier italiano a margine della cerimonia a Shabit Jfarai (40 chilometri da Tripoli) della posa simbolica della prima pietra dell’autostrada voluta dal leader libico Muammar Gheddafi tra le contropartite per chiudere il contenzioso sul passato coloniale italiano.

Non è il caso di tirare fuori argomenti spinosi (per l’amico Colonnello): quei centri di accoglienza regno della sopraffazione e della violenza; il diritto d’asilo negato...Italia e Libia stanno andando «verso la realizzazione dell’accordo (firmato un anno fa) che ritengo sia molto conveniente per entrambi i Paesi e che sia positivo in tutte le direzioni», dice il Cavaliere. «C’è la volontà assoluta di concretizzare tutti i punti dell’accordo», assicura il Cavaliere. «Ne abbiamo parlato - spiega Berlusconi - con il primo ministro Bagdadi Mahmoudi e anche con il leader» Muammar Gheddafi.

Sono arrivati insieme, in macchina, il Cavaliere e il Colonnello a Shabit Jfarai, zona predesertica ad una quarantina di chilometri da Tripoli, per posare la prima pietra simbolica dell’«autostrada della riconciliazione» tra Roma e Tripoli. Il resto sembra materiale buono per cinegiornali di altri, e brutti, tempi: insieme Berlusconi e Gheddafi - accolti da ovazioni e da loro gigantografie che spiccavano tra numerose bandiere italiane e libiche - salutano, sorridono e stringono le mani alla folla venuta ad assistere alla cerimonia. Per il premier il progetto dell’autostrada «serve anche alla pace perché - dice - collega tutti i Paesi del Maghreb». «Si tratta della concretizzazione dell’accordo (tra Italia e Libia, ndr). Ad appena un anno dalla sua firma c’è già un progetto e c’è già tutto», aggiunge Berlusconi. Bene l’autostrada. L’asilo (inteso come diritto), neanche a parlarne. Certo non con il Colonnello.

Terminata la cerimonia - una quindicina di minuti appena - Berlusconi e Gheddafi risalgono in auto insieme. Pronti per un faccia a faccia seguito da una cena per fare il punto sullo stato degli accordi contenuti nel Trattato di amicizia. Ma prima della cena c’è lo spettacolo offerto dal munifico Cavaliere. Berlusconi e Gheddafi assistono insieme in un parco sul lungomare di Tripoli al passaggio delle Frecce Tricolori. La pattuglia acrobatica italiana effettua varie figure completando l’esibizione rilasciando alla fine la classica striscia di fumo tricolore in un passaggio a bassa quota.

Poi l’incontro finale. «Molto cordiale», raccontano i collaboratori del Cavaliere. Dagli ultimi sondaggi risulta che «il mio gradimento è al 68,4%», confida Berlusconi a Gheddafi. Che apprezza e si complimenta. «Siamo venuti qui per dare attuazione al trattato italo-libico che per noi è molto importante», dice il premier al suo ospite. I due leader si sono poi scambiati dei doni: Gheddafi ha offerto a Berlusconi due targhe commemorative del Trattato italo-libico, una su sfondo d'oro e l'altra d'argento; il premer invece ha portato in dono due candelabri e un’alzata di vetro di Murano. È notte. Il «Grande abbraccio» è finito.
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