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De Bortoli, Vespa, gli scandali e le opinioni


Ieri il direttore del Corriere della Sera ha pubblicato un suo commento, dopo il botta e risposta con Vespa. Lo trovate QUI.
Ecco la mia risposta. Non spero in una pubblicazione. Ma volevo almeno indurlo a riflettere su alcuni punti sostanziali, al di là dell'episodio da cui scaturisce la polemica. Chi ne condivide il senso, può inviarla o inviare un suo commento a fdebortoli@corriere.it. Sarà lieto di sapere che lo leggiamo con interesse.

Gentile dottor de Bortoli,
l'altro ieri lei ha compiuto il suo dovere di direttore pubblicando sul Corriere la mia replica a Bruno Vespa con la medesima evidenza concessa al conduttore Rai. Di questo mi congratulo.

Quasi a farsi perdonare, lei ieri ha pubblicato un commento (non firmato, ma facilmente attribuibile al direttore) in cui fa affermazioni assai discutibili e direi anche emblematiche di un sistema culturale che discute di opinioni e non di fatti, mentre considera i cittadini che alzano la testa dei facinorosi, quando non degli squadristi.

Replico per punti.

1 Lei definisce la nostra contestazione a Vespa "un episodio di intolleranza grave". Su quali basi? Criticare a viva voce le storture dell'informazione Rai ed esporre dei piccoli cartelli per cinque minuti, di fronte a uno che abita in tv da quarant'anni, è così grave? Per la cronaca, l'unico momento di violenza è stato quando Vespa ha messo le mani addosso a una persona del nostro gruppo, strattonandolo. Se l'avessimo fatto noi, cosa avrebbe detto Vespa e cosa avremmo letto sul Corriere?

2 Lei associa la nostra contestazione all'episodio del giorno dopo a Genova, che - secondo le cronache - ha visto alcune persone fare a pezzi delle copie del volume di Vespa in una libreria. E dice di aspettarsi che io prenda le distanze da quell' "episodio violento". Non ci siamo, dottor de Bortoli: accostare la critica politica, pacifica e documentata, per quanto accesa possa essere, alla violenza, per quanto simbolica essa sia, non è un buon servizio alla verità. In tanti anni non ho MAI compiuto il benché minimo gesto di violenza verso uomini o cose. Né io, né i miei amici. Anzi, abbiamo spesso subito le attenzioni non benevole di militanti di partito, poliziotti e bodyguard. Perché dovrei prendere le distanze rispetto a una modalità di comportamento che non ho mai adottato?

3 Come per dimostrare che non parteggia per me, lei ricorda di aver subito le mie "sgradevoli attenzioni" e le mie "gratuite accuse", "più volte", proprio come Vespa. Non discuto che le mie attenzioni le risultino "sgradevoli". Quel che contesto è il seguito: quali sarebbero le mie "accuse gratuite", dottor de Bortoli? Con lei, insieme ad alcuni amici di Qui Milano Libera, finora ho avuto due momenti di dissenso diretto: il primo, sulla sentenza Andreotti; il secondo, sulla corruzione Mondadori. Su Andreotti, lei ha sostenuto di non avere alcun imbarazzo a dibattere con lui senza chiedergli conto delle responsabilità (gravi?) che al più longevo parlamentare italiano sono addebitate da una sentenza definitiva che l'ha assolto per intervenuta prescrizione del reato, ritenuto commesso - ma lei questo l'ha negato - fino al 1980. Sulla corruzione Mondadori, in sostanza le domandai: è moralmente compatibile con la dignità di una democrazia che il committente e beneficiario di un (grave?) reato di corruzione, da cui se l'è cavata per un cavillo procedurale, dunque di fatto un ladro di case editrici, sia primo ministro? Pur riconoscendo, a differenza di Vespa, il fatto che la corruzione previtian-berlusconiana è risultata provata in giudizio, lei abilmente svicolò. Né ha mai toccato la questione della compatibilità morale di un premier-corruttore prescritto in un suo editoriale contro la "decandenza morale della politica". Rispetto a questi due momenti, di grazia, quali sarebbero le "accuse gratuite"? Sa com'è, le parole sono importanti, proprio come i toni.

4 Lei scrive che "Vespa ha perfettamente ragione" quando reclama la ghettizzazione dei "moderati". Verrebbe da domandarsi quale sarebbe questo ghetto, forse lo schermo televisivo nazionale occupato dal nostro eroe mattina e sera, oppure la direzione di un grande quotidiano? Ma il punto sostanziale è un altro. Noi non critichiamo la "moderazione" di Vespa, ma le gravi anomalie dell'informazione Rai che egli rappresenta, effettuali rispetto alla dipendenza dell'informazione "pubblica" dall'oligarchia dei partiti, e in particolare, in questa fase, dal gruppo di potere berlusconiano. Per dirla con il Giorgio Bocca di ieri, "Vespa è un servo di regime, la verità non è di destra né di sinistra".

5 Chissà perchè, dottor de Bortoli, lei sente il bisogno di dire che ci divide tutto, a cominciare dall' "educazione". Io penso che restare in silenzio o parlare sottovoce di fronte agli abusi e alle ingiustizie non sia necessariamente un segno di buona educazione. Specialmente quando il cittadino ha nelle corde vocali il suo unico potere. Chi trasforma anche gli scandali in opinioni e non avverte come nemico della Costituzione e della cultura liberaldemocratica il gruppo di potere capeggiato da Silvio Berlusconi non è un moderato. Perché c'è un solo modo di difendere i principii non negoziabili: l'intransigenza.

6 Spesso i giornali liberaldemocratici all'estero si domandano: perché gli italiani non reagiscono? Si potrebbe aggiungere quest'altra domanda: perché gli italiani che reagiscono vengono trattati come facinorosi dai quotidiani (sedicenti) liberaldemocratici?

fonte: pieroricca.org

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