ROMA - L'altra faccia dello smog è la paralisi. Le arterie delle città sono intasate, la congestione aumenta, gli ingorghi ci rubano tempo e salute. Lo stop di Milano rende visibile il collasso del traffico che minaccia la nostra vita quotidiana: la mobilità in auto si è trasformata nel suo opposto nell'indifferenza generale. Nel 1991 in Italia eravamo a 501 automobili per ogni 1.000 abitanti. Lo smog era già un problema molto grave e gli urbanisti avevano avvertito: macchine più pulite non bastano, bisogna rilanciare il trasporto pubblico. Mentre grandi città del centro Europa (da Zurigo a Stoccolma, da Friburgo a Copenaghen) seguivano questi suggerimenti e allentavano la morsa degli ingorghi, nei nostri centri urbani il nodo del traffico continuava a stringersi. Nel 2006 siamo arrivati a 598 macchine ogni 1.000 abitanti. Peggio di noi solo Stati Uniti (760), Lussemburgo (659), Malesia (640) e Australia (610). La media dei 27 Paesi dell'Unione si attesta a quota 463.
Non va meglio nelle città. A New York ci sono 20 macchine ogni 100 abitanti, a Copenaghen 27, a Madrid 32, a Berlino 35, a Londra 36, a Los Angeles 57, a Milano 63, a Roma 76. È una bulimia di possesso che paghiamo cara anche in termini di spazio oltre che di salute. Legambiente ha calcolato la superficie occupata dalle 820 mila auto dei milanesi e dalle 800 mila auto dei pendolari: sono 16 milioni di metri quadrati. L'equivalente di 2.250 campi di calcio: il 10 per cento del territorio cittadino sacrificato a un oggetto che resta inutilizzato per la maggior parte del tempo.
A fronte dello strapotere dell'auto, in tutta Italia le isole pedonali languono (0,35 metri quadrati per abitante), le zone a traffico limitato si sono rimpicciolite perdendo il 10 per cento in 12 mesi (da 2,38 metri quadrati a 2,08 metri quadrati), il traffico inghiotte due settimane di vita all'anno costringendo le macchine a un'andatura analoga a quella di un atleta in corsa: si va dai 20 chilometri orari di Palermo ai 26 di Torino. E per chi prende il mezzo pubblico la velocità quasi si dimezza: 12 chilometri all'ora a Roma, 15 a Genova. «Per capire il perché basta confrontare Roma e Vienna», spiega Marcello Panettoni, presidente di Asstra, l'associazione delle aziende di trasporto pubblico locale.
«A Vienna ci sono 600 chilometri di corsie preferenziali e i mezzi pubblici viaggiano a 20 all'ora. A Roma ci sono 109 chilometri di corsie preferenziali e i mezzi pubblici viaggiano a 12 all'ora». Serve un'altra prova? Prendiamo l'uso dei mezzi pubblici nel 2009. «Complessivamente - continua l'esperto di trasporto pubblico - è sceso del 15 per cento, ma nelle tratte protette non c'è stata flessione e spesso si è registrato un aumento. La terapia anti-ingorgo è semplice: dare ossigeno ai mezzi pubblici. Peccato che in Italia si faccia il contrario. Nelle ultime due finanziarie non c'è stato un euro sugli investimenti».
In Francia nel contratto di servizio delle aziende di trasporto è previsto l'80 per cento per l'oggi, le spese di gestione, e il 20 per cento per il domani, gli investimenti strutturali. In Italia il futuro vale zero. E infatti l'età media dei mezzi si sta avvicinando ai 9 anni, contro i 6,5 dei maggiori paesi europei. Risanare il sistema a livello nazionale comporterebbe un investimento annuale di un miliardo di euro. Ma eviterebbe spese da congestione calcolate in 10 miliardi di euro solo nelle principali città. In Italia, secondo l'Aci, il "disastro traffico" costa 30 miliardi all'anno in termini di ore di lavoro perse, ricoveri ospedalieri, turisti in fuga, danni al patrimonio artistico. «Il rilancio del mezzo pubblico è la medicina principale, ma non vanno dimenticate le alternative come il car sharing», aggiunge Alberto Fiorillo, responsabile aree urbane di Legambiente. «E per la bici, che da ferma occupa un decimo dello spazio di un'automobile parcheggiata, bisogna uscire dalla logica della riserva indiana: le piste ciclabili non bastano, le due ruote devono riconquistare la strada».
Fonte: Repubblica.it
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