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Anno giudiziario. Il giorno della protesta dei magistrati


MILANO - Ieri la Cassazione, oggi le 26 Corti di Appello. Si completa la tradizionale due giorni di cerimonia che apre il nuovo anno giudiziario in Italia. E protagonista, ancora una volta, non sarà solo la relazione di procuratori generali e presidenti delle Corti del Belpaese ma anche la protesta dell’Associazione nazionale magistrati. Una protesta che anche quest’anno l’Anm intende manifestare con clamore, per palesare a tutti il «disagio» di fronte a iniziative giudiziarie di governo e maggioranza bollate come «distruttive» della giustizia, mentre mancano interventi per assicurare che il sistema funzioni con efficienza. Da Nord a Sud: la mappa dei «mali» del sistema giudiziario italiano

SEDIE VUOTE - E per dire basta ad «insulti e aggressioni», a cominciare da quelli del presidente del Consiglio. Come è scritto nel documento della Magistratura associata. I giudici iscritti all'Anm saranno presenti alle cerimonie con indosso la toga e con in mano una copia della Costituzione. Ma dalle aule di Giustizia i magistrati usciranno in massa per protesta quando prenderà la parola il rappresentante del governo. Non è successo ieri in Cassazione, presenti Napolitano e Berlusconi, per rispetto alle massime Istituzioni e ai doveri costituzionali di lealtà fra Istituzioni. E non succederà, unico caso, oggi all’Aquila dove a prendere la parola è il Guardasigilli Angelino Alfano. Una distinzione, quest’ultima, decisa in segno di rispetto per una regione e un palazzo di Giustizia così dolorosamente colpiti dal terremoto.

SOTTO LE MACERIE - Nel capoluogo abruzzese la cerimonia si è aperta con i magistrati che hanno sfilato indossando toghe nere, in segno di lutto per il sisma del 6 aprile scorso. «È sembrato a tutti noi opportuno e coerente con la drammatica situazione aquilana - ha detto il presidente della Corte, Giovanni Canzio - che la tradizionale cerimonia di inaugurazione si svolgesse in termini di significativa sobrietà, ridimensionando gli aspetti più esteriori e formali, tenuto conto dell'oggettiva difficoltà di recupero e sistemazione delle consuete toghe rosse, rimaste sepolte tra le macerie del Palazzo di Giustizia». Canzio ha ricordato che «la notte del 6 aprile L'Aquila e il suo circondario sono stati colpiti da un terremoto distruttivo di vaste proporzioni, che ha fatto crollare, in tutto o in parte, la quasi totalità degli edifici pubblici, fra i quali il Palazzo di Giustizia che ospitava, oltre alla Corte d'appello e alla Procura generale, anche il tribunale ordinario, la Procura della Repubblica e il tribunale di sorveglianza». «I magistrati e quasi tutto il personale amministrativo residenti all'Aquila - ha continuato Canzio - hanno perduto la propria abitazione, trasferendosi in alloggi provvisori sulla costa o nelle tendopoli».

«PROCESSO BREVE? SI', MA...» - Nel frattempo arrivano nuove aperture al processo breve, seppure con tutta una serie di distinguo. Il presidente facente funzione della Corte d'Appello di Milano, Ruggero Pesce, spiega ad esempio nella ua relazione che «è un ottimo intendimento, ma se lo si attuasse senza la preventiva realizzazione dei presupposti strutturali, normativi e finanziari, si offrirebbe solo il fianco a dure polemiche, come si è visto». Per il magistrato, quindi, attuare una riforma come quella del processo breve senza mezzi «sarebbe come chiedere a un malato di guarire semplicemente imponendoglielo per regolamento». «È consolante che la politica si sia finalmente accorta dell'inefficienza del sistema Giustizia e che abbia assunto concrete iniziative per velocizzare il processo civile e penale - fa invece notare il presidente della Corte d'appello di Palermo, Vincenzo Oliveri -. È sconfortante invece che queste iniziative si muovano su uno scenario di scontro istituzionale, in un clima avvelenato, caratterizzato da ripetuti e scomposti attacchi ai giudici».

Fonte: Corriere.it
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