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Il Corriere della Sera su Berlusconi: "Intervenga il Papa". La Stama: "Dittatura"

Se il Corriere della Sera invoca in prima pagina l’intervento del Papa, se in due articoli de La Stampa compare rispettivamente la parola “Dittatura” e nell’altro l’immagine di “Vaghi timbri sudamericani nel tono”, se questo accade all’indomani dell’ultimo Berlusconi, quello dei “Giudici da punire” e del “Violare la mia abitazione è contro la Costituzione”… Se le cose stanno così e non altrimenti purtroppo stanno, cosa sta succedendo davvero? Corriere della Sera, editoriale di prima pagina, si legge: “Occorrerebbe da parte della Chiesa una parola più esplicita…se ora arrivasse un richiamo al dovere di chiarire, di rispondere con serietà ad accuse tanto serie e di sottoporsi al giudizio della magistratura, il forte rapporto Stato-Chiesa, costruito anche da Berlusconi, darebbe un contributo prezioso al Paese”. Sembra niente, sembrano solo parole stampate. E invece è un appello disperato: il maggior quotidiano italiano chiede, implora l’intervento del Papa perché in Italia nessun altro può, vuole, immagina di intervenire. E’ l’invocazione di un potere esterno, è come chiamare l’Onu, è una disperata preghiera laica perché il Papa scongiuri…

Scongiuri cosa? Nell’editoriale di prima pagina de La Stampa si legge: “La nostra Costituzione, come quelle di tutti i paesi non retti da una dittatura, impone una trasparenza, una dignità di comportamenti, anche personali, che non sono richiesti a coloro che non hanno i doveri dell’uomo pubblico…”. Compare, si affaccia quella parola: “dittatura”. E nella cronaca politica dello stesso giornale si legge appunto di un “tono dai vaghi timbri sudamericani” nell’ultimo messaggio video del premier. Cosa annusano, sentono nell’aria, insieme e non per coincidenza insieme, Aldo Cazzullo e il suo direttore Ferruccio de Bortoli, Luigi La Spina, Ugo Magri e il loro direttore Mario Calabresi? Avvertono che il confine è stato varcato, che bisogna tornare indietro, che il “caso Italia”, per dirla con Tremonti, è entrato in “terra incognita”, ma stavolta terra sconosciuta non per l’economia ma per la democrazia. I due giornali “avvertono” nel senso che leggono e capiscono quel che accade e anche nel senso che provano ad “avvertire”. Un po’, sommessamente, la pubblica opinione. Ma quelli che leggono i giornali sono cinque milioni su sessanta di italiani e quelli in grado di decrittarli molti, molti meno. I due giornali avvertono soprattutto se stessi e quel che resta delle autorità civili e civiche del paese.

Perché un governo che si assegna come programma quello di “punire i giudici” è “terra incognita” per la democrazia. Nel testo che Berlusconi doveva leggere nel suo messaggio video c’era scritto “reazione”. Berlusconi non ha voluto leggere quella parola, l’ha volutamente trasformata in “punizione”. E’ questo quello che ha detto e voluto dire. Ma un governo democratico e occidentale non può e non deve neanche concepire di punire i giudici. Può ricorrere contro i loro atti e sentenze ad altri giudici, ma “punire” mai. Ma a quali altri giudici può ricorrere un premier e una maggioranza che ogni giorno dice che la Corte Costituzionale non è affidabile e rispettabile nelle sue sentenze perché la maggioranza di quei giudici “sono di sinistra”? E se fossero di destra, allora la Corte sarebbe davvero “costituzionale”? Il programma, la voglia, la legge in incubazione per punire i giudici danno purtroppo corpo, rendono non fuori luogo e fuori tempo quella parola: “Dittatura”.

E fuori dagli usi, costumi e valori delle democrazie occidentali è sostenere che è illegale monitorare “la casa del premier”. In nessuna democrazia occidentale la “casa del premier” gode di extra territorialità rispetto alla legge. La sua inviolabilità è un valore che in occidente non esiste, anzi vige e viene rispettato il valore contrario e opposto: la casa del premier come casa di vetro. E nessuna democrazia occidentale considera come minima e irrilevante circostanza l’intervento del premier sulle forze di polizia per consigliare di rilasciare una persona fermata. Da quel momento, da quella telefonata in Questura a Milano, per scelta e azione dello stesso Berlusconi tutta la vicenda smette di essere “privata”, se mai solo privata è stata. Stabilire che i giudici possono, anzi debbono essere puniti per mano del governo, stabilire che la casa del premier è “zona delegificata” e che il premier può non rendere conto dei suoi interventi “privati” sulle forze di polizia è stabilire che l’Italia si avvia in terra ignota alla democrazia occidentale.

L’altra sera in tv un vecchio film: si vede la storia vera della regina di Spagna che invano chiede a ben sette presidenti americani di riconsegnare alla Spagna una cinquantina di schiavi negri che si erano liberati ribellandosi ai loro negrieri, la rivolta passata alla storia come quella della nave “Amistad”. La regina di Spagna li rivuole quei negri ribelli, non tanto per il loro valore di merce, quanto per non intaccare il principio e il valore economico della schiavitù. Ma i presidenti americani dicono no e non perché siano anti schiavisti, la storia data infatti dal 1839 al 1863, prima della abolizione della schiavitù negli Usa. I presidenti dicono no dicendo alla regina di Spagna una cosa che la regina proprio non può capire: che i giudici americani hanno deciso altrimenti, altrimenti anche rispetto a quanto converrebbe agli inquilini della Casa Bianca. La regina trova questo incomprensibile, incomprensibile è per la regina che il governo non possa ordinare ai giudici quale sentenza emettere. Replica un presidente dei sette e gli altri sei faranno altrettanto: “Noi siamo liberi proprio perché quei giudici sono indipendenti e nulla possiamo ordinare loro”. Ecco, un secolo e mezzo dopo, qui in Italia, il giorno e i giorni dopo l’ultimo Berlusconi dobbiamo scegliere se essere quella Spagna della regina o quegli Usa dei presidenti. Siamo già un passo, anzi due, in “terra spagnola”.

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Fonte: Blitzquotidiano.it

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