MILANO -Per andare in pensione, dal 2016, non basteranno più i 40 anni di contributi. È quanto prevede l'emendamento del relatore alla manovra, Antonio Azzollini (Pdl), che fra l'altro innalza l'età pensionabile delle statali. Slitta quindi di un anno, dal primo gennaio 2015 al primo gennaio 2016, l'adeguamento triennale dei requisiti anagrafici per l'accesso al pensionamento all'aumento dell'aspettativa di vita, previsto dalla manovra estiva del 2009. In pratica, a partire dal 2016, tutti i requisiti di pensionamento saranno aggiornati ogni tre anni in base alla variazione della speranza di vita calcolata dall'Istat. Ma la norma riguarderà, oltre all'età di pensionamento, anche il requisito dei 40 anni di contribuzione per poter andare in pensione a prescindere dall'età. Non solo: l'adeguamento all'aspettativa di vita scatterà anche per le pensioni sociali. Anche chi dovrebbe percepire l'assegno più basso, quello che il precedente governo Berlusconi portò a circa 500 euro (il vecchio milione di lire) vedrà spostarsi l'età in avanti a seconda dei successivi adeguamenti dell'Istat.
CGIL - La novità non piace alla Cgil: Vera Lamonica, della segreteria confederale, esprime un giudizio «molto negativo» sull'emendamento del relatore Azzollini e in particolare proprio sulla parte che sottopone all'adeguamento alle aspettative di vita anche il requisito dei 40 anni di contributi. «L'emendamento - spiega Lamonica - peggiora la situazione perché un lavoratore con 40 anni di contributi incappa non solo nella finestra mobile, che significa l'allungamento di un anno, ma anche nell'applicazione dei coefficienti sull'attesa di vita».
ADEGUAMENTO PERIODICO - L'adeguamento periodico dei requisiti è stato previsto dal decreto numero 78 del 2009 che rinviava a un decreto del ministero dell'Economia e del Lavoro l'emanazione delle norme attuative. In base all'emendamento, si legge nella relazione tecnica, l'incremento dei requisiti dal primo gennaio 2016 è stimato in tre mesi, mentre per i successivi adeguamenti triennali dal 2019 al 2030 la stima degli aumenti è di quattro mesi e torna a tre mesi dal 2033 fino al 2050 circa. Questo comporta un adeguamento cumulato al 2050 pari a circa 3,5 anni. E, quindi, rispetto ad oggi nel 2050 si andrà in pensione tre anni e mezzo dopo.
I RISPARMI - Dall'adeguamento triennale dei requisiti di pensionamento all'aspettativa di vita - si legge nella relazione tecnica dell'emendamento -deriveranno risparmi, tra il 2016 e il 2020, pari a circa 7,8 miliardi: 60 milioni nel 2016, 800 nel 2017, 1,7 miliardi nel 2018, 1,9 nel 2019 e oltre 3,3 miliardi nel 2020. Dalla misura saranno interessati circa 400mila persone all'anno in media dal 2016 al 2020. La relazione tecnica evidenzia inoltre come il combinato disposto dell'intervento sulle finestre 'mobilì delle pensioni previsto dalla misura originaria e dell'emendamento Azzollini comporti complessivamente una riduzione dell'incidenza della spesa pensionistica sul Pil di circa 0,2 punti percentuali nel 2015, che sale fino allo 0,7% nel 2030, si attesta intorno allo 0,5% fino al 2040 per poi decrescere fino ad annullarsi intorno al 2050 e tornare intorno allo 0,2% al 2050. Per quanto riguarda invece l'innalzamento a 65 anni dal 2012 dell'età pensionabile per le lavoratrici del pubblico impiego, previsto dallo stesso emendamento del relatore alla manovra, la relazione tecnica evidenzia che la misura interesserà 20-25mila donne e comporterà risparmi al 2020, compresi quelli derivanti della finestra mobile, per circa 1,4 miliardi.
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CGIL - La novità non piace alla Cgil: Vera Lamonica, della segreteria confederale, esprime un giudizio «molto negativo» sull'emendamento del relatore Azzollini e in particolare proprio sulla parte che sottopone all'adeguamento alle aspettative di vita anche il requisito dei 40 anni di contributi. «L'emendamento - spiega Lamonica - peggiora la situazione perché un lavoratore con 40 anni di contributi incappa non solo nella finestra mobile, che significa l'allungamento di un anno, ma anche nell'applicazione dei coefficienti sull'attesa di vita».
ADEGUAMENTO PERIODICO - L'adeguamento periodico dei requisiti è stato previsto dal decreto numero 78 del 2009 che rinviava a un decreto del ministero dell'Economia e del Lavoro l'emanazione delle norme attuative. In base all'emendamento, si legge nella relazione tecnica, l'incremento dei requisiti dal primo gennaio 2016 è stimato in tre mesi, mentre per i successivi adeguamenti triennali dal 2019 al 2030 la stima degli aumenti è di quattro mesi e torna a tre mesi dal 2033 fino al 2050 circa. Questo comporta un adeguamento cumulato al 2050 pari a circa 3,5 anni. E, quindi, rispetto ad oggi nel 2050 si andrà in pensione tre anni e mezzo dopo.
I RISPARMI - Dall'adeguamento triennale dei requisiti di pensionamento all'aspettativa di vita - si legge nella relazione tecnica dell'emendamento -deriveranno risparmi, tra il 2016 e il 2020, pari a circa 7,8 miliardi: 60 milioni nel 2016, 800 nel 2017, 1,7 miliardi nel 2018, 1,9 nel 2019 e oltre 3,3 miliardi nel 2020. Dalla misura saranno interessati circa 400mila persone all'anno in media dal 2016 al 2020. La relazione tecnica evidenzia inoltre come il combinato disposto dell'intervento sulle finestre 'mobilì delle pensioni previsto dalla misura originaria e dell'emendamento Azzollini comporti complessivamente una riduzione dell'incidenza della spesa pensionistica sul Pil di circa 0,2 punti percentuali nel 2015, che sale fino allo 0,7% nel 2030, si attesta intorno allo 0,5% fino al 2040 per poi decrescere fino ad annullarsi intorno al 2050 e tornare intorno allo 0,2% al 2050. Per quanto riguarda invece l'innalzamento a 65 anni dal 2012 dell'età pensionabile per le lavoratrici del pubblico impiego, previsto dallo stesso emendamento del relatore alla manovra, la relazione tecnica evidenzia che la misura interesserà 20-25mila donne e comporterà risparmi al 2020, compresi quelli derivanti della finestra mobile, per circa 1,4 miliardi.
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