Da quasi due mesi l'Italia è spaccata in due. Una frana a Montaguto, in provincia di Avellino, cominciata nel maggio del 2006 e mai fermata, dopo aver occupato una statale ha invaso anche i binari della ferrovia impedendo così il passaggio dei treni. Chi da Bari o da Lecce deve raggiungere Roma è costretto a utilizzare a scendere dal treno, salire su autobus sostitutivi, poi rimettersi in treno. E perdere così due ore in più rispetto al tragitto originale pur pagando il prezzo intero del biglietto. I disagi colpiscono ogni giorno decine di migliaia di passeggeri. Ma soltanto ieri il governo ha dichiarato lo stato di crisi. Il capo della protezione civile Guido Bertolaso ha deciso di prendere in mano direttamente la situazione assicurando che nel giro di un mese e mezzo al massimo la situazione tornerà com'era. I tecnici sono però molto scettici: "Prima dell'estate - dicono - non sarà possibile fare nulla". Anche perché dietro l'incredibile storia di Montaguto c'è un sospetto, una domanda che si stanno ponendo gli amministratori locali, politici nazionali (come l'onorevole Dario Ginefra del Partito democratico), tecnici e anche la magistratura. Il sospetto è che qualcuno abbia avuto interesse a lasciare la frana così com'era. Per appaltare lavori, per intascare denaro, per lucrare sul grande business dell'emergenza. Quel sospetto ha un nome: camorra.
Per capire come sono andate le cose, il primo passo è quello di ricostruire la vicenda. È il 12 maggio del 2006 quando dopo il primo smottamento della montagna, il Consiglio dei ministri dichiara lo stato di emergenza e affida al presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, "tutte le iniziative necessarie alla rimozione delle situazioni di pericolo e alla messa in sicurezza dell'area interessata dal movimento franoso". Con quel provvedimento stanziava la somma di due milioni e mezzo di euro per i primi interventi urgenti. "Nel mese di gennaio 2009 - si legge ancora in una delle informative di Bertolaso - ossia a distanza di più di due anni dall'insorgenza della predetta situazione di rischio il presidente della Regione chiedeva una nuova proroga dello stato di emergenza fino al 31 dicembre 2009, comunicando di dover ancora provvedere all'espletamento della campagna di indagini geognostiche, alla realizzazione di opere di allontanamento delle acque superficiali a monte dell'area di distacco dal movimento franoso, nonché di opere di sbancamento e riprofilatura e sistemazione versante del piede della frana per la riaperture della sede stradale della Statale 90". In sostanza, dice Bertolaso, in due anni e mezzo avevano fatto poco e nulla. "Non conoscevo nemmeno lo stato di progettazione di tutti gli interventi da fare" scrive il Capo della protezione civile.
Per tutti quei mesi, in Regione non erano stati però con le mani in mano. Bassolino aveva scelto un subcommissario, l'ingegnere Bruno Orrico. E il subcommissario aveva scelto un'azienda della provincia di Caserta per i primi lavori. Bisognava fare in fretta e per questo non c'era stata nessuna gara d'appalto. Affidamento diretto. L'emergenza è durata abbastanza a lungo: le proroghe sono state almeno cinque, forse sei e si sono protratte per quasi due anni. "Le carte non le ho ancora viste - dice oggi il commissario delegato, Mario De Biase, che Bertolaso di fatto ha ieri a sua volta commissariato - Ma parliamo di appalti per quattro, cinque milioni di euro, sempre senza gare d'appalto. Qualcuno di questi signori che ha lavorato qui a Montaguto nei giorni scorsi mi è venuto a chiedere i pagamenti , ma io prima devo leggere. Quindi vediamo come stanno le cose". De Biase di tutta questa storia non sa nulla. È stato nominato soltanto il 19 febbraio del 2010 dopo che Orrico si era dimesso travolto da uno scandalo giudiziario.
L'uomo che in un primo momento era stato scelto da Bassolino per risolvere il problema della frana è indagato (per lui i pm avevano chiesto l'arresto, respinto dal gip) nell'indagine che coinvolge l'ex sottosegretario del Pdl Nicola Cosentino. Secondo alcuni pentiti, Orrico è un amico del clan dei casalesi e avrebbe aiutato i mafiosi a vincere alcuni appalti (la questione Montaguto non c'entra). Il gip Raffaele Piccirillo racconta che "in un interrogatorio del 24 giugno 2008 il pentito Vassallo rievoca due relazioni corruttive allacciate dalla famiglia mafiosa degli Orsi con l'indagato Bruno Orrico". "L'esistenza di tali relazioni - continua il giudice - risulta da evidenze granitiche, acquisite prima che Vassallo cominciasse a parlare". Orrico ha incontrato anche a cena gli emissari dei casalesi, chiedendo loro di assumere una persona "sicura". Tra l'altro, avrebbe autorizzato i camorristi legati al business delle discariche ad attuare "sversamenti non consentibili", come "i rifiuti provenienti dai cimiteri, pezzi di bare di legno e zinco provenienti da esumazioni". Insomma, non esattamente quello che dovrebbe fare un buon funzionario. Ecco perché c'è chi vuole capire esattamente cosa è accaduto a Montaguto, con questo ripetersi di affidamenti diretti senza gara sempre alla stessa ditta casertana tra l'altro coinvolta recentemente in una delicata indagine, ma non di mafia.
La vecchia azienda ora a Montaguto non c'è più. Arrivato De Biase, hanno preso a lavorare gli operai di una ditta di San Martino Valle Caudina. "Noi non vogliamo dire niente - sussurrano - Ma andate su YouTube per vedere cosa facevano prima. Ci sono i video: prendevano i detriti e invece di metterli da un'altra parte li buttavano soltanto un po' più su".
Fonte: repubblica.it
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