Pur nella sfiga gener

Hanno però ragione Flores d’Arcais e Galli della Loggia quando imputano a Fini di non aver ancora esplicitato chiaramente in che cosa consiste la sua Destra. Col rischio di prestare il fianco ai manganelli mediatici del Caimano, già da mesi impegnati a dipingerlo come un traditore succube delle “sinistre ” e animato da sete di potere. Si tratta di calunnie, ovvio, ma nel regime mediatico non conta ciò che è vero. Conta ciò che “passa” dai media all’opinione pubblica. E i media sappiamo in che mani sono. Finora Fini s’è smarcato da Berlusconi su questioni cruciali e sacrosante, ma poco sentite dagli elettori di destra: fecondazione assistita, diritti degli immigrati e dei “diversi”, laicità, difesa delle istituzioni e della Costituzione. Sulle due ragioni sociali della politica berlusconiana – guerra alla libera informazione e alla magistratura indipendente – ha detto cose giuste, ma troppo balbettate. Soprattutto in occasione delle leggi vergogna, contestate a mezza bocca ma poi sempre votate. Sappiamo bene che non dipende da questioni ideali o programmatiche la fuga di molti (ex?) finiani da Fini nel momento del divorzio da B.: chi sta col padrone d’Italia ha soldi facili, poltrone a volontà, comparsate televisive e soffietti sulla stampa amica (cioè quasi tutta). Ma se Fini uscisse allo scoperto sventolando le bandiere della libera informazione e della legalità contro mafie, corruzione ed evasione fiscale potrebbe attrarre, o almeno far riflettere, molti elettori di centrodestra e, di riflesso, molti eletti.
Le questioni sono caldissime. La critica ai cordoni stretti di Tremonti sarebbe più efficace se unita a un grande piano contro corrotti ed evasori, che consentirebbe di recuperare enormi risorse da destinare alle vittime della crisi (chi ha perso il lavoro e chi paga troppe tasse al posto di chi non le paga). Un codice etico per i partiti e i politici, che faccia finalmente piazza pulita dei condannati e dei compromessi (ieri il pg di Palermo ha chiesto 11 anni di carcere in appello contro Dell’Utri per mafia), rinverdirebbe la nobile tradizione della destra legalitaria in cui si riconobbero, in anni lontani, Ambrosoli e Borsellino. L’altro giorno Fini ha chiamato Gino Strada per parlare dei tre volontari arrestati-rapiti dalla polizia segreta di Kabul. La difesa dei “nostri ra gazzi” impegnati sui fronti di guerra non può limitarsi al saluto militare. Visto che il governo traccheggia, il presidente della Camera potrebbe raccogliere l’idea semplice e chiara di Di Pietro: o il presidente fantoccio di Karzai ci restituisce subito i nostri connazionali, oppure le nostre truppe lasciano l’Afghanistan. L’orgoglio nazionale si difende anche così. Da destra.
Fonte: Il Fatto Quotidiano del 17 aprile, in edicola
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