Ennesimo suicidio nelle sovraffollate carceri italiane: ieri sera, nella sezione collaboratori di giustizia del penitenziario romano di Rebibbia, si è tolto la vita Daniele Bellante. L'uomo, 31 anni, si è impiccato annodando una striscia di tessuto alla finestra della cella.
Siciliano, originario di Vittoria, Bellante era un pluripregiudicato, fino al 2009 sottoposto a sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza. Per essersi allontanato da Vittoria, violando così le restrizioni delle misure di prevenzione, era stato arrestato nell'ottobre dello scorso anno. E' il diciannovesimo suicidio negli istituti penitenziari italiani dall'inizio dell'anno.
Negli ultimi dieci anni (2000-2009), i detenuti suicidi nelle carceri italiane sono stati 568, mentre nel decennio 1960-69 sono stati "soltanto" 100, con una popolazione detenuta che era circa la metà dell'attuale: in termini percentuali, la frequenza dei suicidi è quindi aumentata del 300%. I motivi di questo aumento sono diversi: 40 anni fa i detenuti erano prevalentemente criminali "professionisti", spiega l'associazione Ristretti orizzonti, mentre oggi buona parte della popolazione detenuta è costituita da persone provenienti dall'emarginazione sociale, spesso fragili psichicamente e privi delle risorse caratteriali necessarie per sopravvivere al carcere.
La media europea dei suicidi in carcere è di 1 detenuto ogni 1.000 circa e l'Italia è allineata a questo dato. Però bisogna considerare che nel complesso della popolazione italiana avviene un suicidio ogni 20.000 abitanti, mentre in paesi come la Francia, la Gran Bretagna e l'Olanda si registra una frequenza pressoché doppia, quindi da noi è maggiore lo scarto tra popolazione libera e detenuti.
Fonte: Repubblica.it
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