Chiamatelo, se volete, un grande "esperimento" tele-democratico. Perché, ovviamente, se non ci saranno colpi di coda drammatici e imprevedibili, e disposizioni disperate dal bunker, giovedì "Annozero" potrà ricominciare. "Noi non abbiamo paura di nulla", ripete più scaramantico che spavaldo Michele Santoro. Eppure, la manifestazione di ieri, costituisce in ogni caso un precedente, una sorta di numero zero possibile, la sperimentazione di una inedita public company televisiva, Teleweb-sogno, se volete darle un nome che renda l’idea, sulle tracce del grande esperimento mancato all’alba degli anni Novanta. All’epoca, infatti – quando quel progetto fallì – c’erano già tutti gli ingredienti di oggi tranne uno: la potenza micidiale rifrattiva e amplificativa della Rete e del Web.
La prima conseguenza di questo fattore è evidente: "Questa volta non hanno potuto spegnerci", ripete da giorni Michele Santoro, mentre "Libero" invita la Rai a non rassegnarsi e a fare causa contro di lui per "violazione dell’esclusiva". A difendere il conduttore, dal punto di vista legale, c’è un’arma molto forte: il patrocinio della Federazione della stampa, primo promotore dell’evento. Ma, a parte queste incognite, sta di fatto che, per la prima volta, intorno a "Raiperunanotte" e all’evento del Paladozza, si è costituita una inedita "syndacation": testate Web, un quotidiano come il Fatto, editori di libri come Feltrinelli, televisioni indipendenti come Current – la tv di inchiesta di Al Gore – la Federazione della stampa, Fastweb che hanno tutti contribuito con un gettone di oltre 10 mila euro. La Cgil, poi, ha fornito uomini e mezzi per la logistica.
E poi il fattore decisivo: quella miriade di piccoli versamenti, non "donazioni", ma una sorta di azionariato popolare. Insomma, 60.000 euro sono arrivati da privati cittadini attraverso la Rete per la prima volta in Italia sul modello delle grandi campagne americane, come quella di Obama. Una tassa di scopo? Una sorta di canone democratico? Sta di fatto che il bilancio di 120 mila euro che copre tutte le spese della puntata è stato coperto con questi due gettiti e per la metà con i contributi privati: editori contributori da un lato, cittadini sottoscrittori dall’altro. Certo, Michele Santoro è cauto: "Ci sono oltre cento persone che hanno lavorato gratis, questo non si può dimenticare". Però è anche vero che prima di ieri – con l’eccezione de Il Fatto nella carta stampata – non era mai accaduto che si creassero forme di partecipazione al finanziamento e per importi così importanti. Dopotutto, ogni puntata di Annozero (versione Rai) costa 230 mila euro, una cifra non impossibile da coprire, con un’organizzazione adeguata.
Altrettanto interessante, poi, è il circuito che in parte in modo pianificato, in parte spontaneamente si è creato intorno alla puntata anti-bavaglio. L’evento del Paladozza è trasmesso dal Web, ovviamente, con connessioni molto curate. Ma anche il digitale terrestre, grazie a Repubblica Tv. Ma anche il satellite grazie a Current, SkyNews24, Rai-News24 e Youdem tv. E allora la domanda che si pone, e ci si porrà, da domani è: "Se è accaduto una volta, si potrebbe ripetere anche in futuro, per aggirare o scalfire la potenza di un monopolio televisivo?". Lino Paganelli, l’editore di Youdem tv (ma anche il responsabile nazionale delle feste del Pd) è riuscito a mettere su, con pochi mezzi, il controfestival di Sanremo e ora riflette: "Se si creasse di nuovo una situazione di emergenza, un gruppo di giornalisti di rango ha la forza di catalizzare l’attenzione e la massa critica che serve ad attrarre risorse e audience". Insomma, si è creata una rete potenziale. Da un lato bisogna auspicare che non serva più, che rimanga come un paracadute da aprire solo in caso di emergenza.
Dall’altro ci si può porre una domanda. Ma se gli appassionati del calcio possono pagare un canone di 70 euro l’anno per le partite della loro squadra del cuore, gli appassionati della democrazia non potrebbero "finanziare" programmi di informazione alternativi e non censurabili? E questo strano trust che si è creato quasi per caso, di televisioni che sono contemporaneamente distributrici e finanziatrici, potrebbe trovare forme di coordinamento più stabili. Forse non ce ne sarà bisogno mai. Ma nel paese del Caimano, anche la deterrenza è un’arma importante, forse decisiva.
Da il Fatto Quotidiano del 26 marzo
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