NAPOLI – I nuovi fatti riferiti dai collaboratori di giustizia vanno approfonditi e verificati. Tuttavia, al momento, non consentono che la richiesta di arresto nei confronti di Nicola Cosentino possa essere revocata. In ventinove pagine, il gip Raffaele Piccirillo spiega perché ha respinto la richiesta dei difensori dell’indagato. Tre i collaboratori che hanno reso dichiarazioni ulteriori rispetto a quelle già contenute nell’ordinanza: Luigi Guida (il boss della Sanità che è diventato poi reggente del gruppo che fa capo a Francesco Bidognetti), Michele Froncillo e Raffaele Piccolo; quest’ultimo muove una nuova accusa al sottosegretario, la cui candidatura a presidente della Regione è ancora incerta: cambiava assegni per conto del clan.
Il pentito parla di due assegni: uno da 2.500, l’altro da 7.500 euro. Chiarisce di non averli dati lui direttamente a Cosentino ma di aver utilizzato altre persone. Una nuova tegola, dunque, cade sul capo del politico del Pdl, già accusato di aver sostenuto e agevolato in varie occasioni le attività dei casalesi. La difesa, però, non ci sta: «Pagine e pagine di dichiarazioni – rileva l’avvocato Stefano Montone – ma tutte de relato. Luigi Guida, che è definito reggente per conto di Bidognetti, non ha incontrato una volta sola in molti anni Nicola Cosentino. È credibile questo? La verità – prosegue il legale – è che, come negli anni Ottanta per Tortora, i pentiti fanno a gara per parlare di Cosentino. Accusarlo è diventato trendy».
Il caso che da mesi tiene banco sui media e rischia di condizionare gli scenari politici prossimi venturi riserva, probabilmente, altri colpi di scena. I pm Alessandro Milita e Giuseppe Narducci ritengono di avere ancora assi nella manica, mentre la difesa ha presentato ricorso in Cassazione contro la richiesta di arresto. Gli avvocati Stefano Montone e Agostino De Caro hanno presentato proprio l’altro giorno il ricorso per chiedere l’annullamento dell’ordinanza di custodia emessa nei confronti del sottosegretario Nicola Cosentino, provvedimento sospeso per la richiesta di autorizzazione su cui dovrà pronunciarsi la Camera dei Deputati (la giunta della Camera nei giorni scorsi ha respinto la richiesta di arresto). La Corte di Cassazione dovrà pronunciarsi entro trenta giorni. I legali hanno rinunciato all’impugnazione davanti al Tribunale del Riesame facendo ricorso «per saltum» direttamente alla Suprema Corte. I parlamentari La Camera dei deputati dovrà pronunciarsi sulla richiesta di arresto dopo che la giunta l’ha respinta
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Il pentito parla di due assegni: uno da 2.500, l’altro da 7.500 euro. Chiarisce di non averli dati lui direttamente a Cosentino ma di aver utilizzato altre persone. Una nuova tegola, dunque, cade sul capo del politico del Pdl, già accusato di aver sostenuto e agevolato in varie occasioni le attività dei casalesi. La difesa, però, non ci sta: «Pagine e pagine di dichiarazioni – rileva l’avvocato Stefano Montone – ma tutte de relato. Luigi Guida, che è definito reggente per conto di Bidognetti, non ha incontrato una volta sola in molti anni Nicola Cosentino. È credibile questo? La verità – prosegue il legale – è che, come negli anni Ottanta per Tortora, i pentiti fanno a gara per parlare di Cosentino. Accusarlo è diventato trendy».
Il caso che da mesi tiene banco sui media e rischia di condizionare gli scenari politici prossimi venturi riserva, probabilmente, altri colpi di scena. I pm Alessandro Milita e Giuseppe Narducci ritengono di avere ancora assi nella manica, mentre la difesa ha presentato ricorso in Cassazione contro la richiesta di arresto. Gli avvocati Stefano Montone e Agostino De Caro hanno presentato proprio l’altro giorno il ricorso per chiedere l’annullamento dell’ordinanza di custodia emessa nei confronti del sottosegretario Nicola Cosentino, provvedimento sospeso per la richiesta di autorizzazione su cui dovrà pronunciarsi la Camera dei Deputati (la giunta della Camera nei giorni scorsi ha respinto la richiesta di arresto). La Corte di Cassazione dovrà pronunciarsi entro trenta giorni. I legali hanno rinunciato all’impugnazione davanti al Tribunale del Riesame facendo ricorso «per saltum» direttamente alla Suprema Corte. I parlamentari La Camera dei deputati dovrà pronunciarsi sulla richiesta di arresto dopo che la giunta l’ha respinta
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