Pentiti scellerato, è l'ultimo momento», risposta «No, no, ch'io non mi pento,vanne lontan da me!». In questi giorni sembra di assistere all'ultimo duetto tra il commendatore e Don Giovanni: il mondo dello spettacolo protesta contro i tagli economici che lo stanno mandando in rovina e chiede un ultimo ripensamento, ovvero un reintegro del 35% dei finanziamenti decurtati dal governo Berlusconi, che ha sempre guardato con sospetto la cultura, allontanandola con sdegno.
Monta perciò la protesta: oggi pomeriggio alle 17 sarà una manifestazione davanti a Montecitorio: l'iniziativa vedrà la partecipazione di attori, tecnici, musicisti, danzatori, che naturalmente invitano i cittadini a partecipare, ed è stata lanciata da associazioni come 0.3, Centoautori, Anec, Cgil - Slc, Fials e Anac. Allo studio anche altre forme di protesta, come un sit-in permanente sempre davanti alla Camera, con i passanti che potrebbero essere coinvolti in varie forme. Se gli artisti in piazza al centro della capitale impartissero piccoli stage e lezioni a romani e turisti, beh per la prima volta la cultura sarebbe un incentivo al turismo non solo a parole.
A esprimere gli stati d’animo esacerbati di questi giorni è stato Dario Fo: «Tagliare così pesantemente su spettacolo, cultura, ricerca e scuola è un atto volgare che mortifica» ha detto il premio Nobel. Ma in effetti, dopo la bocciatura degli emendamenti che reintegravano i tagli del ministro Tremonti ai già scarsi finanziamenti dello stato alle attività culturali (il Fus passato dai 511 milioni di euro previsti dal governo Prodi per il 2008, ai 380 del 2009), non ci sono stati segni di risipiscenza da parte del governo. A livello parlamentare il senatore Giambrone, Idv, ha presentato una mozione che, qualora approvata, impegnerebbe il governo a una maggiore spesa per la cultura. Difficile però che l'iniziativa possa passare, proprio quando si stanno consumando gli ultimi tentativi di mediazione per inserire nel decreto anticrisi qualche misura, magari solo alcuni spiccioli per una questione d'immagine.
La situazione è a suo modo singolare, considerando che erano iniziative bipartisan che avevano visto in prima linea a fianco del Pd anche celebri rappresentati del Pdl come Gabriella Carlucci e Luca Barbareschi. Oltretutto il ministro alla cultura Sandro Bondi e il suo sottosegretario Francesco Giro avevano insistito sulla necessità di questo reintegro, peraltro promettendolo in più occasioni: possibile che personalità così esimie del centrodestra contino così poco alla corte di Berlusconi?
Il Global summit dei produttori cinematografici, riunito a Ischia, insisteva sul boicottaggio della mostra di Venezia, ma si fa largo l'ipotesi ben più perigliosa di sciopero fiscale e contributivo: i lavoratori, gli imprenditori e le istituzioni di spettacolo dovrebbero congelare ogni pagamento per il 2009, per dimostrare che tra contributi e tasse lo Stato dalle attività culturali percepisce molto più di quanto investa. Non è difficile scorgere dietro queste iniziative anche la mano dell'Agis che, dopo il lungo direttivo di giovedì, sembra dar segno di aver dissotterrato l'ascia di guerra, tanto che il suo presidente, Alberto Francesconi, ha chiesto finanziamenti da parte dello stato per 700 milioni di euro -attualmente sono circa la metà.
«Qui non è questione di una piccola prebenda da 30 milioni di euro che forse, ma non è detto, riusciranno a infilare nel prossimo decreto anticrisi – aggiunge Maurizio Roi presidente di Ater Teatri dell’Emilia Romagna e vicepresidente dell'Agis-: di fronte a una crisi strutturale dell'economia occidentale, gli Stati Uniti e il resto d'Europa investono in cultura, e da noi si taglia. Significa che questo governo ha una visione delle attività culturali come un parco giochi, insomma uno spreco. Tanto è vero che ogni settore produttivo ha avuto aiuti dal governo, a eccezione del nostro per cui ci sono stati solo tagli ai finanziamenti, ma nessuna agevolazione fiscale o sul credito, oltre a molte false promesse. Evidentemente a questo esecutivo interessa più qualche mega evento per creare consenso, che la cultura italiana». E certo viene in mente un teatro come il San Carlo, commissariato per il suo passivo, dove si cancellano i titoli in stagione e ci si lascia andare a megaconcerti in piazza, certo belli, suggestivi, ma molto molto estivi.
Monta perciò la protesta: oggi pomeriggio alle 17 sarà una manifestazione davanti a Montecitorio: l'iniziativa vedrà la partecipazione di attori, tecnici, musicisti, danzatori, che naturalmente invitano i cittadini a partecipare, ed è stata lanciata da associazioni come 0.3, Centoautori, Anec, Cgil - Slc, Fials e Anac. Allo studio anche altre forme di protesta, come un sit-in permanente sempre davanti alla Camera, con i passanti che potrebbero essere coinvolti in varie forme. Se gli artisti in piazza al centro della capitale impartissero piccoli stage e lezioni a romani e turisti, beh per la prima volta la cultura sarebbe un incentivo al turismo non solo a parole.
A esprimere gli stati d’animo esacerbati di questi giorni è stato Dario Fo: «Tagliare così pesantemente su spettacolo, cultura, ricerca e scuola è un atto volgare che mortifica» ha detto il premio Nobel. Ma in effetti, dopo la bocciatura degli emendamenti che reintegravano i tagli del ministro Tremonti ai già scarsi finanziamenti dello stato alle attività culturali (il Fus passato dai 511 milioni di euro previsti dal governo Prodi per il 2008, ai 380 del 2009), non ci sono stati segni di risipiscenza da parte del governo. A livello parlamentare il senatore Giambrone, Idv, ha presentato una mozione che, qualora approvata, impegnerebbe il governo a una maggiore spesa per la cultura. Difficile però che l'iniziativa possa passare, proprio quando si stanno consumando gli ultimi tentativi di mediazione per inserire nel decreto anticrisi qualche misura, magari solo alcuni spiccioli per una questione d'immagine.
La situazione è a suo modo singolare, considerando che erano iniziative bipartisan che avevano visto in prima linea a fianco del Pd anche celebri rappresentati del Pdl come Gabriella Carlucci e Luca Barbareschi. Oltretutto il ministro alla cultura Sandro Bondi e il suo sottosegretario Francesco Giro avevano insistito sulla necessità di questo reintegro, peraltro promettendolo in più occasioni: possibile che personalità così esimie del centrodestra contino così poco alla corte di Berlusconi?
Il Global summit dei produttori cinematografici, riunito a Ischia, insisteva sul boicottaggio della mostra di Venezia, ma si fa largo l'ipotesi ben più perigliosa di sciopero fiscale e contributivo: i lavoratori, gli imprenditori e le istituzioni di spettacolo dovrebbero congelare ogni pagamento per il 2009, per dimostrare che tra contributi e tasse lo Stato dalle attività culturali percepisce molto più di quanto investa. Non è difficile scorgere dietro queste iniziative anche la mano dell'Agis che, dopo il lungo direttivo di giovedì, sembra dar segno di aver dissotterrato l'ascia di guerra, tanto che il suo presidente, Alberto Francesconi, ha chiesto finanziamenti da parte dello stato per 700 milioni di euro -attualmente sono circa la metà.
«Qui non è questione di una piccola prebenda da 30 milioni di euro che forse, ma non è detto, riusciranno a infilare nel prossimo decreto anticrisi – aggiunge Maurizio Roi presidente di Ater Teatri dell’Emilia Romagna e vicepresidente dell'Agis-: di fronte a una crisi strutturale dell'economia occidentale, gli Stati Uniti e il resto d'Europa investono in cultura, e da noi si taglia. Significa che questo governo ha una visione delle attività culturali come un parco giochi, insomma uno spreco. Tanto è vero che ogni settore produttivo ha avuto aiuti dal governo, a eccezione del nostro per cui ci sono stati solo tagli ai finanziamenti, ma nessuna agevolazione fiscale o sul credito, oltre a molte false promesse. Evidentemente a questo esecutivo interessa più qualche mega evento per creare consenso, che la cultura italiana». E certo viene in mente un teatro come il San Carlo, commissariato per il suo passivo, dove si cancellano i titoli in stagione e ci si lascia andare a megaconcerti in piazza, certo belli, suggestivi, ma molto molto estivi.
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