Gli amministratori delegati delle due grandi società statali che si occupano di energia elettrica e carburanti nel 2011 hanno guadagnato il 40 e 30 per cento in più rispetto all'anno precedente. Stessa sorte per gli altri manager delle aziende. Un incremento in busta paga inversamente proporzionale all'andamento dei bilanci di entrambi i gruppi
L’energia costa sempre di più? La benzina aumenta e il gasolio pure? La bolletta della luce prende il volo? Peggio per voi che dovete pagare. E peggio ancora vi sentirete nell’apprendere che nel 2011 i due super manager che guidano Eni ed Enel hanno visto aumentare alla grande i loro già elevatissimi stipendi. Paolo Scaroni, il gran capo del cane a sei zampe, l’anno scorso ha ricevuto compensi per un totale di oltre 5,8 milioni, il 30 per cento in più del 2010. Il suo collega Fulvio Conti, amministratore delegato dell’azienda elettrica, si è invece accontentato (si fa per dire) di 4,37 milioni, con un balzo del 40 per cento circa rispetto a quanto, dedotte alcune voci di competenza dell’anno precedente, gli era stato accordato nel 2010.
Insomma, ai piani alti di Eni ed Enel, entrambe a controllo pubblico, la crisi proprio non si sente. Scaroni e Conti festeggiano due volte. L’anno scorso il governo di Silvio Berlusconi li ha riconfermati in carica fino al 2014. E poi, ad abundantiam, hanno ricevuto una busta paga di gran lunga più pesante d quella del 2010. Del resto, anche gli amministratori che hanno fatto le valigie non hanno davvero motivo di lamentarsi. Prendiamo Roberto Poli, il commercialista di provata fede berlusconiana che giusto 12 mesi fa è stato sostituito da Giuseppe Recchi sulla poltrona di presidente dell’Eni. Poli ha ricevuto 262 mila euro per quattro mesi di lavoro (gennaio-aprile 2011), a cui va aggiunto un bonus di 375 mila euro. Infine, il consiglio di amministrazione ha deciso di elargire al presidente uscente un altro milione sotto forma di “compenso straordinario”. Un premio, si legge nelle carte ufficiali, per “il significativo apporto professionale profuso nella realizzazione degli obiettivi aziendali”. Morale della storia: l’addio di Poli all’Eni è stato addolcito da una buonuscita di 1,63 milioni di euro.
Anche Piero Gnudi, passato dalla poltrona di presidente dell’Enel a quella di ministro al Turismo, Sport e Affari regionali nel governo di Mario Monti, ha preso il largo con tanto di ricco premio e buonuscita. Il commercialista bolognese, che ha lasciato l’incarico a fine aprile del 2011, ha ricevuto 490 mila euro di bonus che si sommano ai 233 mila euro di stipendio per quattro mesi. Niente “compenso straordinario” per Gnudi, che ha comunque incassato 337 mila euro come “indennità di fine carica”. Tutto regolare, tutto messo nero su bianco in documenti ad hoc votati e approvati dai rispettivi consigli di amministrazione sulla base di criteri determinati dagli stessi consiglieri.
Le stesse carte rivelano anche gli stipendi dei super dirigenti, quelli che vengono definiti manager “con responsabilità strategiche”. Insomma, il top della gerarchia aziendale. E così si scopre che all’Enel, questa pattuglia di capi, 17 persone in tutto, l’anno scorso si sono portati a casa, in totale, quasi 20 milioni di euro. Nel 2010 era andata peggio: i loro stipendi, sommati insieme, non arrivavano a 13 milioni. L’aumento in busta supera quindi il 50 per cento nel giro di 12 mesi. Per l’Eni si può fare riferimento ai tre direttori generali Claudio Descalzi, Domenico Dispenza e Angelo Fanelli. Nel 2010 avevano guadagnato, in totale, 4,2 milioni. L’anno scorso è andata decisamente meglio: i loro stipendi sono arrivati, complessivamente, fino a 5,6 milioni, con una crescita del 30 per cento. Bilanci alla mano, quindi, è festa grande per tutti. Aumentano i compensi dei capiazienda Scaroni e Conti, così come le retribuzioni della prima linea dei manager.
La musica cambia se invece si vanno a guardare i risultati aziendali, i numeri di bilancio a cui, almeno in teoria, dovrebbe essere legati i compensi di dirigenti e amministratori. L’Eni, per dire, nel 2011 sono ha chiuso un bilancio con utili in aumento. La crescita dei profitti però si è fermata al 9 per cento, quindi di gran lunga inferiore all’incremento in busta paga del numero uno Scaroni. All’Enel è andata ancora peggio. Il gruppo guidato da Conti si è messo alle spalle un esercizio non esattamente brillante, con profitti in calo del 5 per cento. Utili in calo quindi, al contrario dei compensi dell’amministratore delegato Conti saliti del 40 per cento e di quelli del gruppo di dirigenti di vertice, pure questi in netto aumento.
Chissà che cosa ne pensano i soci del gruppo elettrico, che da molti mesi ormai vedono calare il prezzo delle loro azioni. Giusto un anno fa i titoli dell’Enel viaggiavano intorno a quota 4,8 euro. Adesso invece vivacchiano sui 2,6 euro. Una perdita secca di oltre il 40 per cento nel giro di 12 mesi. Peggio dell’indice di Borsa che nello stesso periodo è arretrato del 30 per cento circa. All’Eni invece le quotazioni hanno aperto il paracadute. Dopo essere precipitato ai minimi da molti anni a questa parte, il titolo del gruppo petrolifero ha ripreso quota fino a tornare sugli stessi livelli di inizio 2011. Niente di esaltante, ma con l’aria che tirava in Borsa l’anno scorso ai soci poteva andare molto peggio. Scaroni e Conti, invece, potevano stare tranquilli. Per loro era pronto l’aumento di stipendio.
da Il Fatto Quotidiano dell’8 aprile 2012
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L’energia costa sempre di più? La benzina aumenta e il gasolio pure? La bolletta della luce prende il volo? Peggio per voi che dovete pagare. E peggio ancora vi sentirete nell’apprendere che nel 2011 i due super manager che guidano Eni ed Enel hanno visto aumentare alla grande i loro già elevatissimi stipendi. Paolo Scaroni, il gran capo del cane a sei zampe, l’anno scorso ha ricevuto compensi per un totale di oltre 5,8 milioni, il 30 per cento in più del 2010. Il suo collega Fulvio Conti, amministratore delegato dell’azienda elettrica, si è invece accontentato (si fa per dire) di 4,37 milioni, con un balzo del 40 per cento circa rispetto a quanto, dedotte alcune voci di competenza dell’anno precedente, gli era stato accordato nel 2010.
Insomma, ai piani alti di Eni ed Enel, entrambe a controllo pubblico, la crisi proprio non si sente. Scaroni e Conti festeggiano due volte. L’anno scorso il governo di Silvio Berlusconi li ha riconfermati in carica fino al 2014. E poi, ad abundantiam, hanno ricevuto una busta paga di gran lunga più pesante d quella del 2010. Del resto, anche gli amministratori che hanno fatto le valigie non hanno davvero motivo di lamentarsi. Prendiamo Roberto Poli, il commercialista di provata fede berlusconiana che giusto 12 mesi fa è stato sostituito da Giuseppe Recchi sulla poltrona di presidente dell’Eni. Poli ha ricevuto 262 mila euro per quattro mesi di lavoro (gennaio-aprile 2011), a cui va aggiunto un bonus di 375 mila euro. Infine, il consiglio di amministrazione ha deciso di elargire al presidente uscente un altro milione sotto forma di “compenso straordinario”. Un premio, si legge nelle carte ufficiali, per “il significativo apporto professionale profuso nella realizzazione degli obiettivi aziendali”. Morale della storia: l’addio di Poli all’Eni è stato addolcito da una buonuscita di 1,63 milioni di euro.
Anche Piero Gnudi, passato dalla poltrona di presidente dell’Enel a quella di ministro al Turismo, Sport e Affari regionali nel governo di Mario Monti, ha preso il largo con tanto di ricco premio e buonuscita. Il commercialista bolognese, che ha lasciato l’incarico a fine aprile del 2011, ha ricevuto 490 mila euro di bonus che si sommano ai 233 mila euro di stipendio per quattro mesi. Niente “compenso straordinario” per Gnudi, che ha comunque incassato 337 mila euro come “indennità di fine carica”. Tutto regolare, tutto messo nero su bianco in documenti ad hoc votati e approvati dai rispettivi consigli di amministrazione sulla base di criteri determinati dagli stessi consiglieri.
Le stesse carte rivelano anche gli stipendi dei super dirigenti, quelli che vengono definiti manager “con responsabilità strategiche”. Insomma, il top della gerarchia aziendale. E così si scopre che all’Enel, questa pattuglia di capi, 17 persone in tutto, l’anno scorso si sono portati a casa, in totale, quasi 20 milioni di euro. Nel 2010 era andata peggio: i loro stipendi, sommati insieme, non arrivavano a 13 milioni. L’aumento in busta supera quindi il 50 per cento nel giro di 12 mesi. Per l’Eni si può fare riferimento ai tre direttori generali Claudio Descalzi, Domenico Dispenza e Angelo Fanelli. Nel 2010 avevano guadagnato, in totale, 4,2 milioni. L’anno scorso è andata decisamente meglio: i loro stipendi sono arrivati, complessivamente, fino a 5,6 milioni, con una crescita del 30 per cento. Bilanci alla mano, quindi, è festa grande per tutti. Aumentano i compensi dei capiazienda Scaroni e Conti, così come le retribuzioni della prima linea dei manager.
La musica cambia se invece si vanno a guardare i risultati aziendali, i numeri di bilancio a cui, almeno in teoria, dovrebbe essere legati i compensi di dirigenti e amministratori. L’Eni, per dire, nel 2011 sono ha chiuso un bilancio con utili in aumento. La crescita dei profitti però si è fermata al 9 per cento, quindi di gran lunga inferiore all’incremento in busta paga del numero uno Scaroni. All’Enel è andata ancora peggio. Il gruppo guidato da Conti si è messo alle spalle un esercizio non esattamente brillante, con profitti in calo del 5 per cento. Utili in calo quindi, al contrario dei compensi dell’amministratore delegato Conti saliti del 40 per cento e di quelli del gruppo di dirigenti di vertice, pure questi in netto aumento.
Chissà che cosa ne pensano i soci del gruppo elettrico, che da molti mesi ormai vedono calare il prezzo delle loro azioni. Giusto un anno fa i titoli dell’Enel viaggiavano intorno a quota 4,8 euro. Adesso invece vivacchiano sui 2,6 euro. Una perdita secca di oltre il 40 per cento nel giro di 12 mesi. Peggio dell’indice di Borsa che nello stesso periodo è arretrato del 30 per cento circa. All’Eni invece le quotazioni hanno aperto il paracadute. Dopo essere precipitato ai minimi da molti anni a questa parte, il titolo del gruppo petrolifero ha ripreso quota fino a tornare sugli stessi livelli di inizio 2011. Niente di esaltante, ma con l’aria che tirava in Borsa l’anno scorso ai soci poteva andare molto peggio. Scaroni e Conti, invece, potevano stare tranquilli. Per loro era pronto l’aumento di stipendio.
da Il Fatto Quotidiano dell’8 aprile 2012
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la politica deve finire di nominare i manager per aziende a partecipazione statali ma solo controllare che non ci sono abusi e lasciare al privato il tutto forse ci sarà meno abusi.