Home � Indegna platea a Sanremo per il Benigni patriotico

Indegna platea a Sanremo per il Benigni patriotico

Di Mino Fucillo
SANREMO – Benigni mormorava: “Fratelli…”. Nessuno si alzò a cantare “d’Italia”. Era Sanremo, era il Teatro Ariston ed erano da poco passate le undici della sera del 17 febbraio, quasi dieci milioni di italiani erano davanti alla tv, qualche migliaio in platea. Era stato simpatico fino ad allora Roberto Benigni: il cavallo, la bandiera, le battute scherzose sulle “Mie prigioni di Silvio” e “Mubarak di cognome Rubacuori”. Simpatico ma anche alquanto prolisso, teneva il palcoscenico ormai da più di mezz’ora e in fondo era stato politicamente scontato più che politicamente scorretto. Ma poi aveva trovato la chiave e il ritmo, la tonalità e la sostanza: “memorabile” come direbbe lui la sua “esegesi”, cioè spiegazione e lettura dell’inno nazionale: come nacque, chi lo scrisse, cosa significa, come si legge. Benigni dava carne e anima a quei versi e a quelle note, ne faceva lezione, ne porgeva sentimento e ragione. Narrava la storia Benigni, come la storia nessuno narra più. E finalmente si faceva poeta e cantava “Fratelli d’Italia”.

Cantava e non era una canzone, era un canto: Benigni metteva le parole dell’inno in bocca a un giovane di venti anni, che aveva venti anni un secolo e mezzo fa. Un giovane, una notte, un giovane da solo in una notte. E il giorno che a quella notte sarebbe seguito forse sarebbe stato l’ultimo della vita di quel giovane di venti anni. Il giorno dopo poteva morire, morire per la patria che non c’era, la patria cui lui stava per dare la vita. Quel giovane intonava a voce bassa le parole appena apprese, le cantava a se stesso, dava a se stesso la ragione per vivere e per morire e le raccoglieva in un canto per la sua solitudine e per i figli e i nipoti che probabilmente non avrebbe avuto. La giovinezza, la notte, la vita, la morte, la storia che si fa uomo e l’uomo che si fa storia. Benigni mormorava il canto di quel giovane e di un’intera nazione: “Fratelli…d’Italia”. Mormorava basso: “l’Italia s’è desta…”. In qualunque paese del mondo qualunque platea all’ascolto si sarebbe levata in piedi a cantare quell’inno. Spinta ad alzarsi e a cantare da un groppo alla gola. Ovunque la voce solitaria mormorante sarebbe diventata un coro, a cantare in crescendo la Marsigliese o Dio salvi la Regina o l’inno americano con gli americani con la mano sul cuore. Sarebbe diventato coro orgoglioso e compatto cui nessuno si sarebbe sottratto, sarebbe stato ovunque un momento come il momento dell’Attimo Fuggente in cui tutti si levano in piedi e pronunciano la stessa parola. Ovunque il mormorio di un giovane di venti anni che canta la patria e per la patria muore sarebbe diventato nazione che canta in coro per lui e per se stessa: attimo di riconoscimento reciproco, attimo epico.

Invece la platea di Sanremo ha applaudito, applaudito l’artista e lo spettacolo, si è alzata in piedi composta ma non ha cantato. Non aveva, non provava groppi in gola. Era una normale, tranquilla platea di gente impagliata. Gente cui qualcosa di profondo e irreversibile ha estirpato la dimensione epica dell’esistenza, quella delle leggende, degli eroi, dei miti e delle favole. Erano in piedi e non cantavano, erano spettatori riconoscenti e plaudenti, non erano, non sono stati, non hanno saputo essere una nazione. Applaudivano rispettosi, dell’inno, di Benigni e della bandiera. Ma erano come ormai siamo tutti noi o quasi: quelli che applaudono ai funerali perché il dolore e l’amore non sanno più diventare tremito dell’anima e sentimento che ingorga la gola, dolore e amore possono diventare solo rumore.

Il giorno dopo complimenti di ministri e di pubblico a Benigni, soddisfazione di audience e congratulazioni tricolori. Come si fa e si deve fare per una festa e una commemorazione ben riuscita. Ma quella platea, unica al mondo, non ha cantato, non ha fatto sul il canto di vita e di morte di quel ventenne in una privata notte di storia. E nessuno ha notato questa afonia, nessuno si è sentito privato di quel canto a mille gole con un unico e comune groppo in gola. Contrariamente a quanto dice altra, successiva e più banale canzone è “anche da questi particolari che si giudica una nazione”. Mentre Benigni mormorava Mameli l’Italia in quella platea non “s’è desta”. Buonanotte, Italia: la tua notte, neanche per una notte, hai saputo far essere la notte di quel giovane di venti anni che viveva e moriva per te.


Se trovi i nostri articoli interessanti, Clicca sul "Pollice Ok"

Fonte: Blitzquotidiano.it

--- Se hai trovato interessante l'articolo iscriviti ai feed via mail per rimanere sempre aggiornato sui nuovi contenuti del blog
vota su OKNotizie

16 commenti to " Indegna platea a Sanremo per il Benigni patriotico "

  1. Anonimo says:

    evidentemente ne il pubblico in sala e ne quello a casa hanno preso le centinaia di migliaia di euro presi da Benigni!

  2. Anonimo says:

    1. il suo picco di ascolti ha fatto si che la rai con gli sponsor ci abbia addirittura GUADAGNATO
    2. Benigni li ha devoluti in BENEFICIENZA non li ha nascosti in losche società affshore conme qualcun altro

  3. Tina Onnis says:

    ECCO - IL PERFETTO ITALIANO D'OGGI - LANCIA LA PIETRA NASCOSTO DIETRO 'ANONIMO'E GIU' A MONETTIZZARE TUTTO - CHE PERSONE COME QUESTA NON NE VEDANO DI EURO - CHI NON METTE LA FACCIA NON NE DEVE PRENDERE DI 'CENTINAIA DI MIGLIAIA DI EURO.

  4. Ed è stato giusto così, perché è giusto che della patria e dell'inno, nel 2011 ci si pulisca il culo, come dicono quei sub umani dei leghisti.

    Negli ultimissi anni, per colpa della Lega Nord, in Italia sono diventati tutti patriottici e nazionalisti con il tricolore in mano peggio che i vecchi fascisti.
    Inneggiano alla nazione pure quelli che fino all'altro giorno votavano per Rifondazione Comunista!!!
    Fino a qualche anno fa, nemmeno i giocatori della nazionale conoscevano le parole dell'Inno e nessuno se ne preoccupava. Ora sembra un peccato mortale!

    Si è riusciti a confondere la gente paventando confini intranazionali per accrescere sentimenti nazionalistici che si trasformano prontamente in chiusura e razzismo.

    Invece di comprendere l'importanza di vivere senza confini, senza differenze sociali, di etnia, religione, si sta andando verso un'affermazione della diversità transnazionale. Quell'affermazione che porta all'intolleranza, alla paura del prossimo, alla paura del diverso.

    Tutto questo sentimento patriottico, così piovuto dal cielo, inculcato nella massa, è a dir poco rivoltante.

  5. Anonimo says:

    io pagherò il canone perché voglio pensare che i miei soldi vanno a Benigni, perché voglio pensare che anche io ho contribuito a far si che qualcuno ci facesse vedere la differenza fra alto intrattenimento con fondamento culturale, spirituale ed etico e tutto il resto; caro anonimo pensi che sia meglio Minzolini che si sputtana 86.000 euri con la carta di credito dell'azienda in giro per il mondo nonostante lui nel momento in cui vengono spesi i soldi figura essere in azienda? La furbizia paga in questo paese di ladri.... ma non è quello che interessa a noi.... le ritengo considerazioni superficiali dette da chi ignora il messaggio perché non è in grado di comprenderlo, o forse perché ha paura di far sapere quanto è povero d'animo.... e mi dispiace per lui...
    Il Maestro Benigni quei soldi se li é guadagnati e se fosse per me gliene darei anche di più perché continui a rieducarci ad un sano patriottismo e ci faccia riscoprire la dignità di essere Italiano.... scommetto caro anonimo che non riesci neanche a capire di che cosa io stia parlando.. alla fine quello che conta é quello che c'è in superficie e non i concetti e le idee che ci hanno permesso di diventare liberi, come ben Lui ci ha spiegato con civiltà e classe senza alcun pregiudizio.... lui ha la cultura dalla sua che gli permetterà di bruciare il tempo ed essere conosciuto nel presente e nel futuro, mentre tu cominci e finisci nel tuo commento...... Marco Mignosi

  6. Max says:

    A mio modesto parere è giusto che la platea sia rimasta ad ascoltare... non si interrompe l'artista che sta cantando e così succede ovunque in occasioni particolari! Tutti possiamo ricordare l'apertura dei giochi olimpici invernali a Torino, nella quale una bambina dalla voce bellissima ha cominciato l'inno di Mameli... ha forse cantato qualcuno? no, perchè la bambina era l'artista che infondeva il sentimento della canto e così è stato per Benigni... in quel momento era necessario ascoltare, non cantare...
    Sono tante le cose di cui bisogna vergognarsi, non facciamo che lo siano anche quelle giuste...

  7. Anonimo says:

    .... caro Max tu hai ragione; ma inizialmente un applauso ha interrotto quel canto, e sinceramente non ci stava proprio, hai presente quando senti una melodia e c'è una nota che stona? Io ho avuto la stessa sensazione.... penso invece che lui cercasse quella comunanza che purtroppo non ha trovato, penso che lui volesse regalarci un suo intimo sentimento e sperava in una contaminazione della platea, cosa che non è avvenuta ma continuo a pensare insieme a lui che quel sentimento comune, che io ho sentito, se condiviso potrebbe dare risultati che oggi più che mai sono necessari per toglierci da questo torpore... SVEGLIATEVI!

  8. Leo says:

    Anch'io mi associo con quanto detto da Max. Il canto era così delicato ed intimo che il solo provare ad accordarcisi sarebbe stata una grande dissonanza. Trovo anche sia importante soffermarsi ad ascoltare ogni tanto senza farsi travolgere dal bisogno di sentirsi protagonisti! E finiamola poi con questa solita esigenza di far polemica ad ogni costo. Soffermiamoci ad apprezzare e a godere il "bello" che, al giorno d'oggi, è cosa sempre più rara da trovare.

  9. Maria says:

    se la platea avesse intonato l inno sarebbe stato un attimo stupendo perchè avrebbe significato che le coscienze sono ancora sensibili ma cosi non è stato e gli italiani hanno applaudito lo spettacolo più che il sacrificio del ragazzo.La sonnolenza ha avuto il sopravvento è tutto è rimasto nei limiti.Ma cosa bisogna fare per ritrovare un po di vitalità?

  10. Anonimo says:

    Concordo con Max.Il pubblico ha goduto della "recita" dell'inno, da parte di un artista assolutamente comunicativo nel rappresentare la solitudine del giovane italiano, che cantava a bassa voce, solo, e non in coro. Benigni ha reso il momento della sua solitudine così intensamente e insieme lievemente, che si è capito che non andava confuso con l'ardore della platea, comq. attenta e commossa.

    Vincenzo

  11. Chi parla di soldi lo sa che Benigni ha devoluto l'intero importo all'ospedale Mayer (mi pare sia questo il nome) di Firenze? Sarebbe meglio informarsi prima di sparare idiozie.
    Marisa

  12. E per fortuna che ci hanno evitato il nauseante spettacolo tipico di altre culture che grazie a decenni di una certa televisione e un certo cinema abbiamo imparato a considerare più nostre della nostra vera. La vergogna sta semmai nel fatto che l'abbiano applaudito. Poteva essere una provocazione, cantare l'inno davanti a una platea composta per lo più di farfalloni e di ciarlatani che fan parte di un sistema politico marcio e pappone. Qualcuno comunque poteva accorgersene, e alzarsi in piedi a tacere. O a fischiare. Questo sì sarebbe stato bello vedere! Ma ormai Benigni è un'istituzione, dalla quale non ci si aspetta altro che amore e bene per tutti noi, un idolo della patria, un'icona della genialità italiana. E lui stesso non si aspetta altro. Allora solo applausi, dalle ranocchie dello stagno, e il giorno dopo elogi e salamelecchi. A lui e alla sua funzionale retorica.

  13. isabella deiana says:

    E' verissimo quanto dice il bellissimo articolo,però c'é da sottolineare che la platea di Sanremo é fatta appunto di gente impagliata,gente che compra un bilgietto per "stare a Sanremo" come status simbol,incredibile,ma purtoppo......gente anche abbastanza ignorante,anche i Ministri.Io credo che in una piazza,mi auguro almeno,sarebbe forse successo quello che lì non é successo.E che era giusto avvenisse.

  14. Ruggy says:

    ....stava insegnando ad alcuni italiani come va letto "l'Inno di Mameli"
    e giustamente andava ascoltato, in silenzio come si ascolta un maestro che spiega la lezione ai suoi alunni.
    Viva Benigni!
    Se non ci fosse bisognerebbe inventarlo.

  15. LadyOscar says:

    Benigni sei un grande, Berlusconi non ti può comprare e al cavaliere questo non va giù!
    Se non ci fosse bisognerebbe davvero inventarlo.

  16. Anonimo says:

    Cari Amici mi dispiace ma non condivido.Qui in AMERICA ognuno si sarebbe alzato in piedi, avrebbe portato la mano destra al cuore ed avrebbe accompagnato BENIGNI nell'inno di MAMELI:SIAMO ITALIANI O un branco di Berlusconiani o Leghisti????????

Leave a comment