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Articolo 18, Monti: "Sciolti tutti i nodi" Il giudice valuterà motivi licenziamento

ROMA - Eccolo, l'accordo sulla riforma dell'articolo 18. Una mediazione, tra il premier Mario Monti e il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, che trova il via libera anche da Alfano. Formalmente non si torna indietro: i licenziamenti economici non prevederanno il reintegro ma un'indennità prevista tra le 15 e le 27 mensilità. Il giudice però avrà il potere di valutare se la motivazione oggettiva esiste davvero. Se non fosse così, via libera al reintegro.

Doppia strada invece per i licenziamenti disciplinari. In caso di inesistenza del fatto contestato al lavoratore, il giudice potrà annullare il licenziamento e sanzionare il datore di lavoro sia alla reintegrazione che al risarcimento dei danni.


L'incontro a Palazzo Giustiniani è durato oltre tre ore. Seduti intorno al tavolo Mario Monti, i leader dei partiti della maggioranza Alfano, Bersani e Casini, il ministro del Welfare Elsa Fornero, il viceministro all'economia Vittorio Grilli e il sottosegretario alla presidenza Antonio Catricalà. Un "vertice positivo", ha detto il premier alla fine: "Abbiamo sciolto tutti i nodi". Più pacato il commento di Pier Luigi Bersani: "Abbiamo detto le nostre cose, ora il governo deciderà".

Nella nota
diffusa da Palazzo Chigi si legge che "il governo e i leader delle forze politiche di maggioranza si sono impegnati per un iter di approvazione efficace e tempestivo della riforma in Parlamento".

"Ieri sera nessuno ha perso e tutti abbiamo vinto, soprattutto l'Italia", ha detto il leader dell'udc, Pier Ferdinando Casini, adesso "un problema che il Paese ha da lunghi anni può essere risolto positivamente". L'intesa arriva "mentre l'Italia è ancora in una tempesta finanziaria che richiede risposte", ha continuato Casini ricordando come gli ultimi dati segnalino che "l'Italia non è ancora fuori pericolo". "L'accordo è tecnicamente pronto e lo vedrete tra qualche ora nella sua stesura definitiva" ha poi annunciato, spiegando che potranno esserci "piccoli margini di cambiamento in Parlamento".

A convincere il premier ad 'aprire' alle modifiche è stato il pressing dei partiti di maggioranza. E probabilmente anche la continua 'moral suasion' del Quirinale che attende una 'telefonata' del professore e una sua salita al Colle per presentare il testo definitivo della riforma. Una telefonata che a questo punto potrebbe arrivare in giornata insieme al nuovo testo del ddl limato dal governo in base alle intese raggiunte stanotte.

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