SALEMI - Il sindaco che nella città degli esattori Salvo ha realizzato il museo della mafia rischia di vedersi sciogliere il municipio con l’infamante accusa di “infiltrazioni mafiose”. Quanto basta per mandare su tutte le furie il sindaco più estroverso d’Italia, Vittorio Sgarbi, che in poche ore dopo un volo Milano-Palermo decide di dimettersi, di mollare la Sicilia, di chiudere l’esperienza pubblicizzata in tutto il mondo con fortunate e contestate campagne come quella delle “case a un euro”: “Si, le mie sono dimissioni irrevocabili”. Sono bastate meno di due ore di viaggio per annullare i combattivi annunci echeggiati da Linate dove, senza credere alle accuse lanciate contro il potente ex democristiano Giuseppe Giammarinaro, aveva fatto sapere di essere pronto a resistere e a nominarlo suo vice sindaco. Un modo per replicare duro ai commissari inviati lo scorso anno dall’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni subito dopo l’operazione “Salus iniqua” su appalti e nomine nella sanità. Un’inchiesta sfociata nel sequestro di beni per 35 milioni di euro riconducibili allo stesso ex deputato regionale un tempo vicino ad Andreotti e sottoposto al regime della sorveglianza speciale.
UN ALTRO SGARBI - Atterrato all’aeroporto Falcone e Borsellino, in macchina verso Salemi, il sindaco ha improvvisamente mutato opinione: “Si, lo ammetto, allo Sgarbi impetuoso è subentrato uno Sgarbi che invecchia. Eccomi qua, uno, nessuno e centomila. Disorientato perché avevo pensato di combattere la mafia con Caravaggio, Picasso e Rubens, Oliviero Toscani, Ayala, Francesco Merlo e centinaia di intellettuali fatti arrivare in una Sicilia dove non si può cambiare niente di niente”. Da tre anni impegnato a sostenere che la mafia in quest’area della provincia di Trapani non esiste più “come organizzazione”, che perfino l’influente Giammarinaro non conterebbe più niente, Sgarbi s’è visto clamorosamente smentire dai commissari pronti alla chiusura del procedimento amministrativo con una corposa relazione già sul tavolo del nuovo ministro Cancellieri.
RITORNO AL NORD - E il “nuovo Sgarbi”: “Non mi resta che andare mercoledì dal ministro con un mio dossier di 800 pagine per mostrare le cose fatte. Dove qualcuno vede infiltrazioni mafiose che io non vedo. Utilizzate per accusare il Giammarinaro mafioso che mafioso non è. Un paradosso troppo complicato, calato nella contrapposizione mafia e antimafia che qui tutto annulla. Comprese le mie denunce sulle pale eoliche dove davvero c’era mafia che ufficialmente tanti non vedevano”. Uno Sicilia stretta nella morsa fra bene e male, di difficile interpretazione, con Sgarbi che apparentemente sembra arrendersi: “Meglio tornare al Nord. Forse per una candidatura a Parma. Intanto, per la mostra del Tintoretto al Quirinale. Poi, chissà, magari per fare il sindaco a Cefalù o Agrigento...”. Come dire che un siculo ritorno di fiamma non sarebbe escluso.
L’ONOREVOLE SCAGIONATO - La presenza degli ispettori, arrivati in questa capitale dell’Unità d’Italia conquistata nel 1860 da Giuseppe Garibaldi, aveva già creato un terremoto istituzionale. Con Sgarbi che minacciava denunce perfino contro il questore di Trapani per avere firmato l’ordinanza contro Giammarinaro, a sua volta scagionato in passato dall’accusa di mafia, ma rimasto come un’ombra ingombrante a campeggiare fra le pieghe di tante indagini condotte dalla task force impegnata nel trapanese a caccia del superlatitante Matteo Messina Denaro.
L’ACCUSA DI OLIVIERO TOSCANI - Lo stesso Giammarinaro ha sempre ribadito di non avere più avuto alcun ruolo politico e amministrativo, schermendosi davanti a quanti continuavano a indicarlo come il consigliori che aveva scelto Sgarbi e che non rinunciava a dare suggerimenti su piccole e grandi questioni. Una falsa fotografia della realtà, diceva Sgarbi. Ma a smentirlo è arrivato il grande fotografo da lui scelto come assessore, Oliviero Toscani. Un’intesa bruscamente interrotta da quest’ultimo andato via sbattendo la porta contro il contesto mafioso e il ruolo di Giammarinaro: “Partecipava e assumeva decisioni senza alcun titolo”. Altro tema di cui Sgarbi forse parlerà con la Cancellieri al Viminale.
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Fonte: Corriere.it
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UN ALTRO SGARBI - Atterrato all’aeroporto Falcone e Borsellino, in macchina verso Salemi, il sindaco ha improvvisamente mutato opinione: “Si, lo ammetto, allo Sgarbi impetuoso è subentrato uno Sgarbi che invecchia. Eccomi qua, uno, nessuno e centomila. Disorientato perché avevo pensato di combattere la mafia con Caravaggio, Picasso e Rubens, Oliviero Toscani, Ayala, Francesco Merlo e centinaia di intellettuali fatti arrivare in una Sicilia dove non si può cambiare niente di niente”. Da tre anni impegnato a sostenere che la mafia in quest’area della provincia di Trapani non esiste più “come organizzazione”, che perfino l’influente Giammarinaro non conterebbe più niente, Sgarbi s’è visto clamorosamente smentire dai commissari pronti alla chiusura del procedimento amministrativo con una corposa relazione già sul tavolo del nuovo ministro Cancellieri.
RITORNO AL NORD - E il “nuovo Sgarbi”: “Non mi resta che andare mercoledì dal ministro con un mio dossier di 800 pagine per mostrare le cose fatte. Dove qualcuno vede infiltrazioni mafiose che io non vedo. Utilizzate per accusare il Giammarinaro mafioso che mafioso non è. Un paradosso troppo complicato, calato nella contrapposizione mafia e antimafia che qui tutto annulla. Comprese le mie denunce sulle pale eoliche dove davvero c’era mafia che ufficialmente tanti non vedevano”. Uno Sicilia stretta nella morsa fra bene e male, di difficile interpretazione, con Sgarbi che apparentemente sembra arrendersi: “Meglio tornare al Nord. Forse per una candidatura a Parma. Intanto, per la mostra del Tintoretto al Quirinale. Poi, chissà, magari per fare il sindaco a Cefalù o Agrigento...”. Come dire che un siculo ritorno di fiamma non sarebbe escluso.
L’ONOREVOLE SCAGIONATO - La presenza degli ispettori, arrivati in questa capitale dell’Unità d’Italia conquistata nel 1860 da Giuseppe Garibaldi, aveva già creato un terremoto istituzionale. Con Sgarbi che minacciava denunce perfino contro il questore di Trapani per avere firmato l’ordinanza contro Giammarinaro, a sua volta scagionato in passato dall’accusa di mafia, ma rimasto come un’ombra ingombrante a campeggiare fra le pieghe di tante indagini condotte dalla task force impegnata nel trapanese a caccia del superlatitante Matteo Messina Denaro.
L’ACCUSA DI OLIVIERO TOSCANI - Lo stesso Giammarinaro ha sempre ribadito di non avere più avuto alcun ruolo politico e amministrativo, schermendosi davanti a quanti continuavano a indicarlo come il consigliori che aveva scelto Sgarbi e che non rinunciava a dare suggerimenti su piccole e grandi questioni. Una falsa fotografia della realtà, diceva Sgarbi. Ma a smentirlo è arrivato il grande fotografo da lui scelto come assessore, Oliviero Toscani. Un’intesa bruscamente interrotta da quest’ultimo andato via sbattendo la porta contro il contesto mafioso e il ruolo di Giammarinaro: “Partecipava e assumeva decisioni senza alcun titolo”. Altro tema di cui Sgarbi forse parlerà con la Cancellieri al Viminale.
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