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Dell'Utri, in cassazione trova il giudice amico di Carnevale "l'ammazzasentenze".

Marcello Dell’Utri non poteva trovare giudice migliore. Sarà la quinta sezione penale a dover decidere il 9 marzo prossimo il destino del senatore del Pdl, condannato in Appello per concorso esterno in associazione mafiosa. Il collegio che potrebbe salvarlo dalla galera è presieduto da Aldo Grassi un giudice finito sui giornali negli anni Novanta per le sue conversazioni con il collega Corrado Carnevale, meglio noto come l’ “Ammazzasentenze”. Già negli anni Ottanta, quando era sostituto procuratore di Catania, Grassi finì al centro di un’ispezione ministeriale per le sue scelte investigative timide nei confronti dei Cavalieri di Catania, il costruttore Costanzo, anche lui processato e assolto dalle accuse di contiguità con la mafia perché avrebbe pagato per la protezione dei boss ma in uno stato di necessità.

Storie vecchie, ma che tornano di attualità ora che il fascicolo giudiziario più delicato del momento è arrivato alla quinta sezione della Suprema Corte, proprio quella presieduta da Grassi. Un magistrato che non fa mistero delle sue idee sulla riforma della giustizia: separazione delle carriere e fine dell’obbligatorietà dell’azione penale. La tempistica dell’assegnazione è stata particolarmente lenta e tortuosa. Un dato non secondario visto che il processo potrebbe finire con la prescrizione nel giugno 2015 se la Cassazione decidesse, per esempio, un annullamento della sentenza di secondo grado con rinvio alla Corte di appello. Venerdì 9 marzo il collegio presieduto da Aldo Grassi però potrebbe anche mettere la parola fine sulle speranze di Dell’Utri decretando il rigetto del ricorso presentato dagli avvocati Massimo Krog, Giuseppe Di Peri e Pietro Federico o potrebbe addirittura accogliere il ricorso presentato dal procuratore generale di Palermo Antonino Gatto che, al contrario, critica la parte della sentenza che assolve Dell’Utri per il periodo successivo al 1992.

L’11 dicembre del 2004 Marcello Dell’Utri era stato condannato dal Tribunale di Palermo a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa proprio perché l’accordo con la mafia e in particolare con i fratelli Graviano era stato ritenuto provato anche dopo il 1993. Mentre il 29 giugno 2010 la Corte di appello di Palermo ha ridotto la pena a 7 anni proprio perché – nonostante l’apporto del nuovo collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza – non ha ritenuto provata con certezza l’esistenza di questo patto nella fase politica dell’impegno di Dell’Utri. Le motivazioni della Corte di appello sono state depositate nel novembre 2010. Nel gennaio 2011 il procuratore generale di Palermo Nino Gatto presenta il suo ricorso in Cassazione. A fine febbraio il fascicolo arriva all’ufficio per l’attribuzione dei ricorsi della Cassazione. A marzo la causa viene assegnata alla sezione quinta. Dall’estate è al lavoro il relatore, Maria Vessichelli, e il collegio sarà presieduto da Aldo Grassi.

Certo ne ha fatta di strada questo magistrato da quando nel 1984 gli ispettori ministeriali erano scesi a Catania per accertare cosa c’era di vero negli esposti presentati contro di lui e contro un altro magistrato della Procura etnea. Al termine dell’ispezione i magistrati inviati dal ministro di allora, Mino Martinazzoli, chiesero il trasferimento per incompatibilità ambientale per Grassi, ma il ministro e il Csm furono di diverso avviso. Così l’attuale presidente di sezione della Corte di Cassazione restò al suo posto e proseguì la sua carriera. Le pagine della relazione degli ispettori dedicate a Grassi sono quindi irrilevanti per la giustizia interna della magistratura ma restano ancora interessanti: “Il comportamento del dr. Grassi, analizzato con riferimento al periodo temporale intercorso tra la fine del 1981 e la metà del 1982, evidenzia anch’esso una linea direttiva preordinata ad accantonare le denunzie contro i grandi costruttori per fatturazioni per operazioni inesistenti. Quanto precede viene compiuto attraverso lo strumento di mantenere, o di passare, nel registro atti relativi i suddetti incarti al trasparente fine di evitare l’indicazione di precedenti sui certificati di carichi pendenti, richiesti per la partecipazione alle gare di appalto”. Nell’ispezione si racconta anche che Grassi aveva affittato una casa di proprietà di una società del gruppo Costanzo e, sempre secondo le accuse degli ispettori ministeriali, il magistrato avrebbe anche chiesto un contributo tramite una fondazione di Rendo per un convegno di Magistratura Indipendente, la corrente di Grassi. Accuse che però sono state considerate insignificanti dal Csm e dal ministro della Giustizia.

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Fonte: Il FQ

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