Il filmato che immortala l’onorevole Mimmo Scilipoti con la cornetta del telefono in mano mentre ascolta l’audiomessaggio del presidente del Consiglio, suo nuovo spirito guida, è il reperto di un’epoca. E un grande sketch della commedia all’italiana con vago sapore retrò che meriterebbe una ripresa in bianco e nero e un apparecchio telefonico in grafite, di quelli inchiodati al muro come nelle case polverose dei nostri bisnonni. Il fatto che, nell’era di Internet, di Skype, delle videoconferenze e degli avatar, il “grande comunicatore” rinverdisca i fasti del telefono fisso, con filo e spinotto, fa tenerezza. A quando il ritorno all’alfabeto morse? Ai piccioni viaggiatori? Ai messi a cavallo? Questo festival del modernariato riporta alla mente i telefoni bianchi. Il romanzo La concessione del telefono di Camilleri. Franca Valeri nei panni della sora Cecioni. Bice Valori in quelli della centralinista Rai: “Pronto, parla il centralone della Rai Televisione. Il telefono è occupato. Come dice, è un deputato? In tal caso signorsì, pronto prego parli qui!”. La gente rideva di gusto, anche perché non aveva ancora visto Scilipoti con la cornetta in mano. Riguardatevi la foto dell’onorevole agopuntore di Barcellona Pozzo di Gotto in estasi, gli occhi socchiusi, la boccuccia a cul di gallina, il fiato trattenuto, la cornetta fra le dita protesa verso il microfono e sollevata verso il cielo, come il prete che porta in processione il Santissimo. Tutt’intorno, sull’attenti, uno sparuto manipolo di fedeli: i “responsabili”, che fino all’altro giorno dicevano peste e corna del Cainano e ora – folgorati sulla via di Arcore in seguito a improvvisa crisi mistica – delibano estatici ogni sua parola e sospiro che fuoriesce dal gracchiante apparecchio. È il rito sacro della telefonata domenical-mattutina del premier alle convention di questo o quel partitucolo appena comprato: tre o quattro deputati non di più, accatastati su palchi improvvisati in salette d’albergo rigorosamente prive di pubblico. Ancora in pigiama dopo una notte di bunga bunga, la voce impastata e arrochita dall’oltretomba, il Cavaliere di Hardcore concede una chiamatina ai Responsabili di Moffa & Scilipoti e una ai Pionatiani di Pionati, tra una pompetta e l’altra. Poi torna ai consueti impedimenti istituzionali: Ruby, Iris, Noemi, la Fico e così via. Dice sempre le stesse cose, quelle che poi ripeterà anche nel videomessaggio serale ai Promotori della libertà, anche lì solo in versione audio col corredo della solita foto della prima comunione. Ma questi eroi dei nostri tempi son contenti lo stesso: basta un “Ciao a tutti”, un “Bella giornata eh?”, un “Saluti e baci”, un “Viva la figa” telefonico per garantire agli sventurati l’apertura di tutti i tg. Ben si comprendono dunque la febbrile attesa e la rapita soddisfazione dei destinatari di ogni chiamata, grazie a cui strapperanno qualche nanosecondo di celebrità televisiva da spendere con parenti e amici. S’immagina che ogni volta si giochino a sorte l’onore di estrarre dal tabernacolo la preziosa cornetta tempestata di lapislazzuli, di tenerla in mano per diffondere la voce del padrone, di ostenderla come reliquia a favore di telecamera, di prendere il volo con essa elevandosi verso l’empireo. Come il barone di Münchausen che pretendeva di saltare più in alto di se stesso afferrandosi per il codino. Se, come dice Ostellino in dolce stil novo, le Papi-girl “sono sedute sulla propria fortuna”, Scilipoti & C. la stringono addirittura fra le dita. Mestiere usurante, il loro (la logorrea del premier impone faticosi esercizi ginnici per tonificare la muscolatura del braccio). Ma anche pregno di gratificazioni. La sera, al paesello natio, si possono vantare al Bar Sport: “Visto? Oggi è toccato a me!”. E i bambini, interrogati a scuola sul mestiere del genitore, fanno un figurone: “Ma come, prof, non lo sa? Papà è il reggicornetta di Berlusconi”. Sono soddisfazioni, povere stelle. Una telefonata allunga la vita. E soprattutto il vitalizio.
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