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Commercianti denunciano, 63 arresti a Palermo Smantellata la rete del boss Lo Piccolo


Hanno pagato per anni al clan di Salvatore Lo Piccolo per ogni appalto che realizzavano, adesso hanno deciso di denunciare gli esattori del pizzo. Le dichiarazioni di tredici imprenditori sono state determinanti per l'ultima indagine della squadra mobile e della Procura di Palermo nei confronti di 63 persone accusate di aver gestito il mandamento di Tommaso Natale dopo l'arresto di Lo Piccolo, nel novembre 2007. Ventisei indagati erano già in carcere, per altre estorsioni. Trentasette sono finiti in manette questa notte.

I provvedimenti riguardano presunti mafiosi, ma anche insospettabili imprenditori che avrebbero fatto da prestanome. I boss avevano deciso di investire in nuove attività: uno dei più noti centri benessere del centro città, "O sole mio", sarebbe stato realizzato con i soldi del capomafia Giovanni Bonanno, della famiglia di Resuttana. Il titolare, Filippo Catania, è stato arrestato con l'accusa di associazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori.

Il pizzo fu invece pagato per alcuni lavori all'aeropor¬¬to Falcone Borsellino. Questo è quanto emerge dalle indagini coordinate dai sostituti procuratori Francesco Del Bene, Lia Sava, Gaetano Paci, Annamaria Picozzi e Marcello Viola nonché dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia. Il pizzo sarebbe stato pagato anche dalla ditta che ha ristrutturato la caserma Bighelli dell'Esercito. Il mandamento di Tommaso Natale estendeva il suo potere dal centro città fino ad alcuni centri della provincia. Così, pagarono pure gli imprenditori che si erano aggiudicati l'appalto per la realizzazione di una scuola materna a Cinisi: quella volta, i boss non pretesero soldi, ma imposero alcune ditte di fiducia nei subappalti. Il taglieggiamento dei capimafia era esteso ai cantieri per la costruzione di palazzine private e ai distributori di benzina.

Tutto questo hanno confermato i tredici imprenditori che nei mesi scorsi sono stati convocati alla squadra mobile per spiegare quanto emergeva dalla contabilità trovata nei pizzini di Lo Piccolo. Il pizzo variava dal tre per cento sull'importo degli appalti ai 50 mila euro dei cantieri edili privati. I gestori dei distributori pagavano invece 20 mila euro all'anno. Il significato di cifre e codici segnati nei pizzini è stato spiegato anche da alcuni collaboratori di giustizia che un tempo era uomini fidati dei Lo Piccolo. Così è emerso il nome del capo della famiglia di Capaci e Isola delle femmine, Pietro Bruno, e del suo collega di Torretta, Salvatore D'Anna. Gli altri arresti riguardano esponenti delle famiglie di Carini, Montelepre, Tommaso Natale, Sferracavallo, Cardillo, Resuttana e Passo di Rigano. L'inchiesta fa luce anche su un traffico di droga gestito nel quartiere Zen.

Negli ultimi due anni sono stati ascoltati alla squadra mobile di Palermo 232 fra imprenditori e commercianti. Solo 61 hanno deciso di denunciare. "Non siamo ancora di fronte a una ribellione collettiva contro il racket, il pizzo purtroppo si paga ancora a Palermo, ma assistiamo a una significativa presa di coscienza da parte degli operatori economici", dice il vice questore Nino De Santis, che dirige la sezione Criminalità organizzata della Mobile. "E' un processo culturale importante e in evoluzione, che è stato favorito dal lavoro delle associazioni antiracket e adesso deve essere sostenuto sempre di più dalle associazioni di categorie".

I prestanome. L'ultima indagine ha svelato che i soldi delle estorsioni venivano reinvestiti in attività lecite attraverso una rete di insospettabili. In manette sono finiti gli imprenditori edili Michele Acquisto, Mario Biondo, Giuseppe e Isidoro Lo Cascio, Mario e Antonino Lucia.

Nel centro benessere di Filippo Catania si erano imbattute anche le indagini dei carabinieri. Da alcune intercettazioni era emerso che il 15 dicembre 2005 il boss Maurizio Spataro, oggi collaboratore di giustizia, aveva telefonato addirittura al cellulare di Giuseppe Cuffaro, fratello dell'allora presidente della Regione Siciliana, per invitarlo all'inaugurazione del nuovo solarium "O sole mio". Gli disse che avrebbe portato un invito "anche per Totò". Totò Cuffaro. E un'ora dopo, Spataro chiamò Catania: "Sto vedendo di fare venire una persona molto speciale", disse.

In un'altra attività di Filippo Catania, la parruccheria "Loca club" di viale del Fante, il boss Giovanni Bonanno (assassinato nel gennaio 2006) avrebbe invece organizzato dei summit di mafia.

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Fonte: Repubblica.it

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