ROMA -Nessun reato. Nessuna truffa. La querelle sulla casa di Montecarlo finisce davanti alla sentenza dei pm di Roma che parlando di "insussistenza di azioni fraudolente". La procura ha chiesto l'archiviazione per la compravendita dell'appartamento in rue de Princesse, la cui proprietà ha tenuto banco per mesi ed è stato oggetto di una furibonda campagna stampa del Giornale e Libero contro il presidente della Camera Gianfranco Fini (che con l'ex tesoriere di An Francesco Pontone sono stati iscritti nel registro degli indagati per truffa). Chiarita, dunque, la storia dell' appartamento da Alleanza Nazionale nel 1999 e ceduto nel 2008 per 300 mila euro. Poi preso in affitto 1 da Giancarlo Tulliani, cognato di Fini.
Resta in piedi la competenza del giudice civile che, però, potrebbe interessarsi della vicenda però solo se ci fosse istanza altri rappresentanti del partito chiedendo un risarcimento del danno per la vendita ad un prezzo inferiore di quello di mercato dell'immobile.
La casa di Montecarlo finisce nel mirino della stampa vicina al premier il 28 luglio. "Fini, la compagna, il cognato e la strana casa a Montercarlo" titola "Il Giornale". Che ricostruisce così la vicenda: l'appartamento fa parte di un lascito da due miliardi e mezzo di lire, da parte della contessa Anna Maria Colleoni, ad An. Nel 2008 la casa viene venduta a una società off shore con sede nelle Antille, per una cifra vicina ai 300mila euro. A luglio nell'appartamento vive il cognato di Fini.
Due giorni dopo due esponenti de La Destra, Roberto Buonasorte e Marco di Andrea presentano una denuncia contro ignoti per il reato di truffa aggravata. Fini reagisce minacciando la prima querela nei confronti de "Il Giornale". Il 3 agosto la ribalta viene presa da Luciano Gaucci, ex compagno di Elisabetta Tulliani. L'ex presidente del Perugia afferma che la sua ex fidanzata avrebbe ricevuto un ingente patrimonio da lui, prima della sua fuga nella Repubblica Dominicana. Un patrimonio mai restituito.
Il 5 agosto la Procura di Roma apre un fascicolo contro ignoti ipotizzando il reato di truffa aggravata. Parte anche la rogatoria internazionale per acquisire i documenti. Fini commenta: "Ben vengano le indagini". Dalle fila della maggioranza il deputato Stracquadanio, invoca per Fini il "trattamento Boffo".
Il presidente della Camera capisce che non può più tacere. E affida ad una nota il suo pensiero. "Non ho nulla da nascondere nè da temere", scrive Fini, "Ho piena fiducia nella magistratura". Al contrario di altri non sono abituato a "strillare contro i giudici comunisti". Il caso ha assunto rilevanza per "l'ossessiva campagna mediatica dei giornali berlusconiani". Fini ricostruisce la vicenda, dicendo di aver appreso con "sorpresa e disappunto" della presenza del cognato nell'appartamento.
Il Giornale, però, insiste e lancia una raccolta di firme per chiedere le dimissioni del presidente della Camera. I finiani reagiscono: per riprendere il confronto serve lo stop immediato alla campagna contro il presidente della Camera.
Intanto l'inchiesta giornalistica del quotidiano di Feltri va avanti. Nel mezzo finiscono il direttore dell'Avanti Lavitola 2, che da mesi va avanti e indietro tra l'Italia e i Caraibi e il ministro della Giustizia, Rudolph Francis.
La palla palla ai giudici. Che oggi hanno chiuso la vicenda. Almeno dal punto di vista giuridico. Da quello politico, invece, è tutta un'altra storia.
Fonte: Repubblica.it
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