Regolarizzazione mascherata per 4.500 precari della Regione siciliana, ma è una prova pubblica. Quesiti ridicoli e porte chiuse ai disoccupati
Sono tempi duri, non basta una laurea a Oxford nemmeno per ottenere l’impiego meno qualificato. Così leggendo l’elenco delle prove pratiche dell’ultimo concorso della Regione Siciliana si apre il cuore. Prima prova: “Fare fotocopie, ove possibile fronte retro”. Seconda: “Apporre data su un documento utilizzando un datario”. Terza: “Predisporre una busta, mettere indirizzo e timbro dell’ufficio mittente”. A questo punto l’esausto candidato può affrontare il quarto cimento: “Mandare un fax”. Quindi il finale: “Movimentazione documenti (per esempio aprire un faldone, estrarre un singolo fascicolo e richiudere il faldone con gli appositi nastri)”. Possibile? Sì, leggendo il documento (provvisorio) concordato da Regione e sindacati. Insomma, l’esatto contrario dei test che sembrano fatti apposta per bocciare migliaia di candidati.Le prove infatti – come ammettono nei corridoi della Regione – sono state studiate con l’intento opposto: “Promuovere tutti”. Qui, però, non si tratta di una manciata di candidati, ma di 4.500 persone (tanti sono i precari della Regione Siciliana), un quarto degli attuali 16 mila dipendenti, come ricorda il giornalista Giacomo Di Girolamo sul sito www.marsala.it. Ma attenzione a gridare subito allo scandalo, la questione è più complessa, non tutto è bianco o nero: “Finalmente riusciremo a far assumere i precari che da decenni lavorano per la Regione”, spiega Michele Palazzotto, segretario generale della Cgil Funzione Pubblica per la Sicilia. E racconta: “C’è gente che dal 1986 va avanti con contratti a tempo determinato, che non ha diritti.
C’è in ballo il mantenimento di migliaia di famiglie”. Una vertenza senza fine, che era stata sottoposta anche al ministro Giulio Tremonti, il quale, però, aveva storto il naso. Così la Regione, che gode di statuto speciale e non ha dovuto chiudere i rubinetti delle assunzioni come altri enti locali, ha deciso di fare da sé e di assumere in blocco i precari. Partiti d’accordo. Sindacati entusiasti. “Gli stipendi resteranno gli stessi, non ci sarà alcun aggravio per le nostre casse.
Semplicemente i contratti a tempo determinato diventeranno a tempo indeterminato”, assicurano in Regione. Ma quelle prove di esame? “Sono facilissime, ma si parla di qualifiche basse”. Così ecco le “prove pratiche per la stabilizzazione”. Le più impegnative sono per i dipendenti della categoria “B”, anche se nemmeno queste paiono proibitive: “Fare un fax, protocollare mediante protocollo cartaceo o informatico una lettera in entrata o in uscita”. Poi archiviazione di documenti, prova di videoscrittura o “predisposizione di lettera raccomandata”.
Maria, una dei 4.500 precari, esulta: “Sono entrata in Regione ventiquattro anni fa. Da allora è stato un susseguirsi interminabile di contratti e proroghe, l’ultima, di cinque anni, nel 2005. Provate voi a vivere così”. Tutti d’accordo? Non proprio. Perché il concorso è aperto soltanto ai precari. Insomma, chi, soprattutto i giovani, sperava di trovare un posto in Regione dovrà ribussare tra qualche anno. Forse decenni. Una – sudata – conquista per i precari, una condanna per chi resta escluso, visto che in Sicilia la disoccupazione vola al 13,9 per cento (38,5 per i giovani). A livello ufficiale, ovviamente, nessuno osa criticare l’intesa. Ma più di uno, tra associazioni di disoccupati e sindacalisti, storce il naso. Il motivo è semplice: “La legge è chiara: gli enti pubblici devono assumere con un concorso aperto a tutti. Così invece si assumono in un sol colpo migliaia di persone senza selezione”, osserva un sindacalista che vuole restare anonimo.
No, non si punta il dito contro i precari, ma contro il solito sistema di assunzioni all’italiana: “La Regione Siciliana adesso avrà 20 mila dipendenti e 12 mila pensionati, un record mondiale”. Ma il problema è anche un altro: “Purtroppo in una terra come la nostra anche un posto da precario vale un tesoro. Soprattutto perché si ottiene senza concorso. E sappiamo tutti come finisce: spesso entra chi può contare su una spintarella. Poi, quando sono stati assunti tutti, scattano le promozioni a tappeto per i raccomandati”. Ancora: “Tra quei 4.500 precari ci sono molte persone in gamba, ma continuando con le assunzioni di massa, senza selezione, ci troveremo con migliaia di dipendenti che non servono e magari non sono nemmeno qualificati o meritevoli. Un guaio anche per l’efficienza dell’amministrazione”.
Attilio, disoccupato con laurea e famiglia, non ci sta: “In un Paese normale la salvezza sono i concorsi dove vince il più bravo. Invece, finisce sempre così: sanatorie, concorsi farsa. Io ho 42 anni e due figli. Non voglio prendermela con i precari, sarebbe una guerra tra poveri, ma ditemi voi perché non posso partecipare al concorso. Il risultato è sempre lo stesso: chi non ha santi in paradiso resta a spasso”.
da il Fatto Quotidiano del 16 settembre
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