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Antonio di Pietro: Il decreto Romani-mediaset


Il Parlamento sta esaminando in questi giorni il decreto Romani. Il provvedimento è sostanzialmente un attacco del Governo nei confronti di Sky e della Rete per ostacolare la concorrenza a Mediaset.
Infatti, tra le righe del decreto, si consuma anche l’assalto alla Rete. Le disposizioni stabiliscono che le dirette streaming verranno equiparate alle dirette televisive e quindi sottoposte ad una autorizzazione obbligatoria con tutti i vincoli che ne conseguono. Inoltre si prevede l’oscuramento da parte del Garante che interviene sui provider di tutti quei canali video (compreso YouTube) sui quali verranno riscontrate eventuali violazioni del copyright.

Il decreto, che è il recepimento di una direttiva comunitaria, attende solo il parere del Parlamento per essere poi approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri.
Lo stesso Garante per le comunicazioni ha evidenziato pubblicamente le gravi criticità di questo provvedimento che, a nostro avviso, interviene illegittimamente su numerose materie.

Insomma, quando si trattava di adeguarsi ai richiami dell’Unione europea per sfrattare Rete 4 se ne son fregati ora, invece, in tutta fretta, il Governo, approfittando del recepimento di una direttiva comunitaria di contenuti assai limitati, introduce un strumento di censura per le reti internet.
In Italia gli strumenti per punire le violazioni ci sono già, questo decreto vuole bypassare la magistratura e la polizia postale per poter utilizzare certe norme a proprio uso e consumo.
Il decreto Romani rischia di diventare il manganello del Governo contro la Rete, oltre che l’ultimo di una lunga serie di colpi bassi a Sky.

Silvio Berlusconi prima di disporre di un decreto del genere deve:
-scegliere se vuole fare il Presidente del Consiglio o il padrone di Mediaset. E’ indecente, infatti, che Berlusconi utilizzi le leggi dello Stato per contravvenire alle regole del libero mercato e avvantaggiare le sue aziende.

-restituire due delle tre reti televisive di cui dispone, concessioni che non possono accentrarsi in un unico soggetto ma devono essere distribuite per assicurare una pluralità di soggetti nel settore. Per una delle due, tra l'altro, si tratterebbe solo di dar seguito ad una sentenza della Corte di Giustizia europea, di cui questo governo è rispettoso a fasi alterne, e che da tempo ha disposto la restituzione di frequenze ben precise occupate abusivamente da Rete4 ma che spettavano ad Europa7.

-adeguare il prezzo delle concessioni delle frequenze radiotelevisive, oggi fermo ad un vergognoso 1% del fatturato di Rti, almeno ad un 20% dei proventi complessivi derivanti dalla pubblicità.

Ecco, dopo aver fatto tutto questo, il Presidente del Consiglio e i suoi sodali avrebbero potuto parlare del decreto Romani in modo disinteressato.

Qualora non dovesse subire rilevanti modifiche a seguito dell’esame parlamentare in commissione, il gruppo dell’Italia dei Valori presenterà una proposta di parere con la quale chiederà al governo di ritirare lo schema di decreto Romani.

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