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In arrivo un nuovo lodo-Ghedini a Roma i processi delle alte cariche

ROMA - Sempre più in affanno. Sempre più divisi. La Lega e i finiani contro Ghedini. Pezzi del Pdl sempre più perplessi sulle norme ad personam studiate in quel di Padova dall'avvocato del Cavaliere. E stavolta con un alto là del Guardasigilli Alfano:

"Mi sono esposto personalmente con il lodo, gli ho dato il mio nome, ma adesso basta, il mio ministero resta fuori, norme sulla prescrizione e quant'altro dovranno venire dal dibattito parlamentare". Proprio così. Tant'è che ieri sera, durante la riunione della Consulta del Pdl per la giustizia (Ghedini ne è animatore, factotum, presidente), l'accordo interno è stato già preso, "niente passi da palazzo Chigi, solo emendamenti ad hoc". La storia della Cirami, della Cirielli, della Pecorella si ripete.

La condanna in appello di Mills è vecchia di 48 ore. Berlusconi ha sempre meno fiducia negli alambicchi giudiziari dei suoi esperti. Lega e finiani stoppano seccamente sulla prescrizione breve perché sarebbe letta con un solo possibile nome, amnistia. Il legittimo impedimento reso più stringente e praticamente obbligatorio per il giudice già cozza con le sentenze della Consulta e dunque viaggia verso un binario secondario. Ma è intorno a quel principio - consentire a chi è imputato e nel contempo riveste incarichi istituzionali di prendere parte al suo processo ed esercitare appieno il diritto alla difesa - che ragiona Niccolò Ghedini per dare al premier la certezza di un ampio riparo dai suoi processi. Bocciato il lodo Alfano che congelava i dibattimenti, ecco rispuntare un nuovo lodo, un artificio giuridico che suona così: "Per i reati commessi dalle alte cariche il tribunale competente è quello di Roma". È tutto da decidere se ne fruiranno anche ministri e parlamentari.

È l'ultima spiaggia di Ghedini, l'ultima creatura. La sua "soluzione finale". Maturata negli ultimissimi giorni dopo un sondaggio con Lega e finiani sulla prescrizione breve che ha sortito un esito catastrofico.

Intendiamoci: è quella la misura che l'avvocato vorrebbe veramente incassare. Sicura, perché farebbe "morire" d'un colpo i processi Mills e Mediaset. Ma gli ostacoli sono insormontabili. Netto il no della finiana Giulia Bongiorno che gliel'ha comunicato la settimana scorsa. Ora s'aggiunge il niet della Lega che non potrebbe giustificare la nuova amnistia, centinaia di processi chiusi e di imputati liberi, con gli elettori malati di zero tolerance.

Sia nuovo lodo allora. Stavolta firmato direttamente dal suo proponente, Ghedini, pronto a tuffarsi in una perigliosa avventura che, alle viste, rischia di risolversi in un altro scontro col Quirinale. Le prime avvisaglie già ci sono. Un lodo che rende obbligatorio il trasferimento a Roma dei processi alle alte cariche, per di più esteso a ministri e parlamentari, rischia di scontrarsi con il principio della Costituzione che, all'articolo 25, garantisce il rispetto del giudice naturale. Sul Colle, dove già Napolitano ha messo in guardia Berlusconi da leggi eterogenee e soprattutto dettate dall'emergenza, la prospettiva di un trasferimento forzato dei processi, soprattutto di quelli già in corso come Mills e Mediaset, viene considerata una pericolosa forzatura costituzionale. Né, d'altronde, il Colle apre sulla prescrizione che, per come viene disegnata, finirebbe per avere gli stessi effetti devastanti della famosa norma blocca-processi (fermarli tutti per un anno pur di fermare quelli del Cavaliere).

L'affanno è massimo. I margini stretti. Nel Pdl molti sono stanchi di immolarsi sull'altare di norme ad personam che si risolvono in continui insuccessi.
Anche il lodo Ghedini ha dei rischi perché, gli obiettano, se da un lato i processi vengono trasferiti a Roma, dall'altro per l'imputato è meno facile accampare impegni da spendere come legittimo impedimento. Molti deputati e senatori potrebbero essere perplessi. Ma Ghedini va avanti. Sul piatto è pronto a lanciare un ammorbidimento sulle intercettazioni. Lo teorizza, con il relatore al Senato Roberto Centaro, nella riunione della Consulta. I famosi "gravi indizi di colpevolezza" diventerebbero soltanto "sufficienti". È un "vedo" per aprire una trattativa con l'opposizione, la nuova era di Bersani, e spuntare una tregua armata sul futuro lodo.

Fonte: Repubblica.it
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