REGGIO CALABRIA - Questa volta il segnale è stato chiarissimo. Non ci sono dubbi sul fatto che nel mirino ci sia il Procuratore Generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro. Stanotte, pochi minuti prima delle 2, una bomba è stata fatta esplodere davanti al portone del palazzo in cui vive il magistrato reggino. Un boato che ha divelto il portone d'ingresso, devastato l'atrio e procurato danni ad alcune abitazioni vicine. Solo danni materiali, per fortuna nessun ferito. Di Landro abita tra l'altro in pieno centro, a Parco Caserta, zona residenziale della città dello Stretto. Un dedalo di viuzze molto frequentate a tutte le ore, anche in agosto.
"Contro di me, a partire dall'attentato a gennaio contro la Procura generale, c'é stata una tensione malevola e delittuosa crescente, da parte della criminalità organizzata, che si è personalizzata", ha dichiarato Di Landro, facendo riferimento alla bomba fatta esplodere la scorsa notte contro la sua abitazione. "Vogliono farmela pagare, evidentemente, per il fatto che ho sempre ed in ogni circostanza fatto il mio dovere di magistrato".
"Questo ennesimo grave episodio si inserisce in una lunga scia di intimidazioni e minacce, iniziata lo scorso tre gennaio, nei confronti della magistratura calabrese tutta", ha detto il Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. "E' in corso una sfida alle istituzioni culminata", ha ricordato, "nel ritrovamento di una macchina con armi durante la visita a Reggio Calabria del presidente della Repubblica".
La bomba, confezionata molto probabilmente con del tritolo, è stata collocata sulla soglia del portone d'ingresso allo stabile di sei piani, che si affaccia direttamente sulla strada. Per arrivarvi non è quindi necessario superare alcuna barriera. Un ordigno innescato probabilmente da una miccia a lenta combustione, che ha sradicato il portone, provocato lesioni all'atrio e mandato fuori uso l'ascensore. Il Procuratore Generale della Corte d'Appello, al momento dell'esplosione era in casa con la moglie. I primi rilievi sono stati fatti dalla polizia scientifica e dagli artificieri della polizia, che hanno raccolto sul posto alcuni frammenti della bomba e messo in sicurezza l'area bonificando - per il timore di altri ordigni - l'intera strada. Poche decine di minuti dopo l'allarme a casa Di Landro c'erano il procuratore aggiunto Nicola Gratteri, il magistrato di turno Danilo Riva e il questore di Reggio Calabria Carmelo Casabona con Diego Trotta, uno dei dirigenti della squadra mobile.
Quello di ieri è solo l'ultimo degli episodi che si sono registrati ai danni di magistrati reggini. Dalla giorno della bomba di fronte al portone della Procura Generale 1 (il 2 gennaio scorso) ad oggi l'elenco delle toghe minacciate è particolarmente lungo. Ad inizio anno, una bombola di gas innescata con del tritolo fece tremare l'ingresso degli uffici della Procura generale in via Cimino, a poche decine di metri dal Tribunale nel quale è ospitata la Corte d'Appello di Reggio. Nei mesi successivi sono state intercettate una serie di lettere di minacce con proiettili inviate ai pm Giuseppe Lombardo (due volte) e Antonio Di Bernardo della Dda e una missiva intimidatoria fu indirizzata anche al Procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone. Fino all'auto carica di esplosivo trovata a genneaio sul percorso previsto per la visita di solidarietà del presidente della Repubblica Napolitano 2.
Ci sono poi almeno due sabotaggi ad auto di giudici. Tra giugno e luglio infatti sono state svitati i bulloni delle ruote delle auto di servizio dello stesso Di Landro e del sostituto procuratore generale Adriana Fimiani. Nel caso del Procuratore Generale la ruota si staccò in un momento in cui Di Landro non era a bordo e il suo autista stava andando a velocità ridotta per delle commissioni in città. Un altro episodio inquietante ha visto protagonista ai primi di agosto il Procuratore di Palmi Giuseppe Creazzo. Qualcuno ha infatti lasciato una cartuccia caricata a pallettoni sul parabrezza della sua auto di servizio parcheggiata all'interno del garage nel quale sono custodite tutte le macchine dei magistrati reggini, nel seminterrato del Tribunale. Messaggi mafiosi, con i quali la 'ndrangheta continua a dimostrare che è in grado di colpire chiunque e in qualsiasi posto.
Fonte: Repubblica.it
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