L’ultimo verbale dell’inchiesta sulla Cricca, quello dell’architetto Zampolini che parla di Bertolaso, Prodi, Rutelli e Veltroni e, in un secondo momento, tira in ballo Di Pietro, contiene un’utilissima lezione per tutti quelli che parlano a sproposito della legge bavaglio. Il verbale non è stato depositato dalla magistratura, ma è in possesso dell’avvocato di Zampolini, dunque non è
più coperto da segreto perché noto all’indagato che l’ha firmato. Con la legge attuale i giornali lo possono raccontare. Con la legge Alfano non potrebbero parlarne per 3-4 anni, fino al termine dell’udienza preliminare. E solo per la parte che tira in ballo imputati: se Prodi, Rutelli, Veltroni e Di Pietro non venissero indagati e poi imputati, non se ne saprebbe mai nulla, nemmeno dopo l’eventuale rinvio a giudizio di Bertolaso e Zampolini. La legge Alfano infatti vieta di allegare agli atti i riferimenti ai non indagati. Domanda: è utile sapere, e subito, che Zampolini tira in ballo a vario titolo Prodi, Rutelli, Veltroni (eventuali “segnalatori” di professionisti ingaggiati dalla Protezione civile) e Di Pietro (presunto destinatario di due alloggi di Propaganda Fide grazie ai buoni uffici di Balducci)? Secondo noi sì. È utile alle persone chiamate in causa perché possano difendersi come preferiscono (querele, dichiarazioni, testimonianze spontanee ai magistrati). È utile ai giornali per informare tempestivamente sull’indagine che terremota la politica italiana, verificando la fondatezza o meno delle parole di Zampolini e dei cinque politici, in attesa che lo facciano i giudici. È utile ai cittadini per farsi un’idea sulle responsabilità (o sulle non responsabilità) dei personaggi pubblici tirati in ballo, confrontando la loro versione con quella di Zampolini e col lavoro della stampa, e per capire chi ha fatto cosa. A prescindere dai reati.
Comprese eventuali calunnie pilotate. Zampolini dice di aver pagato per conto di Anemone 900 mila euro per casa Scajola. Scajola invoca il segreto istruttorio, evoca il complotto, nega tutto, viene smentito da 5 testimoni, dice che gli han pagato la casa a sua insaputa, poi si dimette. Zampolini dice di aver pagato per conto di Anemone l’affitto del pied à terre affittato da Bertolaso in via Giulia. Bertolaso, che di quella casa non ha mai parlato ai pm, balbetta, nega, ma viene smentito dal proprietario, allora estrae dal cilindro un misterioso “amico” e grida al complotto. Prodi, Veltroni e Rutelli non si sa nemmeno cosa debbano spiegare, visto che Zampolini parla genericamente di personaggi segnalati da loro.
Infine Di Pietro. Da due giorni tv e giornali, citando Zampolini, parlano di due case di Propaganda Fide fattegli avere da Balducci, in via della Vite e in via Quattro Fontane. Lui, sul suo blog e sul Fatto , ha dato una spiegazione che sembra tagliare la testa al toro: o quel che dice è vero, e allora la storia finisce qui; o è falso, e allora s’è
impiccato da solo. Dice l’ex pm: in via della Vite c’è la sede dell’Editrice Mediterranea, con cui Idv fece un contratto per il giornale di partito, che dunque ebbe sede allo stesso indirizzo (l’editore conferma); in via Quattro Fontane il coordinatore Idv Pedica trovò un alloggio da 75 metri quadri alla tesoriera Silvana Mura, che lo affittò per 2.000 euro al mese. Di Pietro, che vive in via Merulana, non ha mai trattato né abitato quegli appartamenti. Né sapeva che fossero di Propaganda Fide (il contratto d’affitto della Mura è con la “Congregazione per l’e vangelizzazione
dei popoli”), anche se non c’è nulla di male ad affittare un alloggio dal clero (che controlla il 22.5%
del patrimonio immobiliare). Se poi fosse vero che glieli ha procurati Balducci, non si spiegherebbe perché Di Pietro, divenuto ministro, lo cacciò dal Consiglio superiore dei lavori pubblici e protestò quando fu ripescato nella Struttura di missione per i 150 anni dell’Italia unita. Tutto questo lo sappiamo perché non è ancora passata la legge bavaglio. Che non può essere “più accettabile” o meno, secondo gli auspici del solito Colle. È una porcata e basta.
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