Le intercettazioni di Massimo Moratti e altri dirigenti dell’Inter rese note dalla difesa di Luciano Moggi sono senz’altro indice di un diffuso malcostume. E dunque è un bene che siano state pubblicate. Ma dal punto di vista penale non modificano di una virgola l’esito del processo in corso a Napoli, che ipotizza un’associazione per delinquere finalizzata alla truffa sportiva per alterare risultati di partite ed esiti di campionati. E la disdicevole dimestichezza dei dirigenti nerazzurri con il mondo arbitrale, per quello che è emerso, non configura alcuna notizia di reato, dunque bene han fatto i magistrati di Napoli a escluderla dal processo. Solo un’informazione smemorata e superficiale può metterle sullo stesso piano dei gravissimi fatti emersi a carico delle dirigenze della Juventus, del Milan, della Fiorentina e della Lazio.
MOGGI E LA CUPOLA. Il processo in corso a Napoli si basa sulle intercettazioni disposte dalle Procure di Torino (che poi ha archiviato il procedimento) e di Napoli fra l’estate del 2004 e quella del 2005. Il mattatore assoluto è l’allora direttore generale della Juve, Moggi, che secondo l’accusa sedeva al vertice di una «cupola» in grado di condizionare partite, campionati, arbitraggi, calciomercato, organi di controllo, stampa, tv e persino ampi settori del mondo politico e delle forze dell’ordine. C’è il controllo militare sui designatori arbitrali Pierluigi Pairetto e Paolo Bergamo. Ci sono le istituzioni, dalla Figc all’Uefa, piegate a interessi di parte: per sistemare gli amici e soprattutto per avere arbitri malleabili, in campionato e in Champions League. E ci sono addirittura le riunioni in casa di Antonio Giraudo, amministratore delegato della Juventus, con Lucianone e i due designatori. Poi c’è la «Gea World», una società che «gestisce» centinaia tra calciatori, allenatori e dirigenti e fa capo a un’agguerrita pattuglia di «figli di papà»: Alessandro Moggi, Chiara Geronzi, Giuseppe De Mita, Francesca Tanzi, Andrea Cragnotti, Davide Lippi. Secondo gli investigatori, sarà proprio grazie a questo colossale conflitto d’interessi che il presidente della Roma Franco Sensi, inizialmente riottoso al sistema Moggi, ma indebitato fino al collo con la sua Italpetroli nei confronti di Capitalia (allora presieduta da Cesare Geronzi), sarà indotto a cedere la guida del club alla figlia Rosella, ben presto risucchiata nell’orbita geronzian-moggiana; e a sacrificare uno strenuo oppositore della «cupola», il direttore sportivo Franco Baldini.
Moggi viene intercettato a Torino, nel precampionato, mentre sceglie gli arbitri preferiti per le partite della Juventus: i due designatori prendono nota e obbediscono. Il dg bianconero è in grado d’influire sulle loro carriere, e su quelle dei fischietti, non solo intervenendo sui dirigenti del calcio, ma anche controllando capillarmente uno stuolo di giornalisti sportivi, della carta stampata e della tv. Compresi i «moviolisti» incaricati di analizzare le scelte arbitrali e di condizionare così i giudizi sugli eventuali errori. Chi sbaglia a vantaggio della Juve e dei suoi amici, viene coperto e salvato.
Chi invece sbaglia contro, o fa semplicemente il suo dovere, se ne pente amaramente: viene attaccato dai giornalisti moggiani e punito dagli organi federali. Moggi vanta pure ottimi rapporti con molti politici, a partire dal ministro dell’Interno, Beppe Pisanu (che chiede e ottiene il salvataggio della Torres Sassari in serie C1), e da quello dell’Ambiente, Altero Matteoli (tifoso bianconero). Poi ci sono le telefonate intercettate dal Ros di Roma per la Procura di Napoli. Le più inquietanti sono due: quella in cui Moggi racconta di aver chiuso a chiave nello spogliatoio dello stadio di Reggio Calabria l’arbitro Gianluca Paparesta, «reo» di non aver favorito la Juventus contro la Reggina (il direttore di gara, intimidito, nel suo referto non riferirà una parola del fattaccio); e quella in cui il dirigente bianconero concorda col designatore Bergamo i sorteggi arbitrali a vantaggio della sua squadra, ma anche di quelle alleate. Il sistema è quello delle «griglie»: le partite sono divise in diverse fasce e così gli arbitri. Basta escludere dalla fascia della Juventus quelli sgraditi a Moggi e inserire quelli graditi, e ogni «rischio» per i bianconeri e i loro amici è azzerato. Tanto più se le griglie le detta lo stesso Lucianone al designatore. È il 9 febbraio 2005.
Moggi: Ora ti dico quello che mi ero studiato io.
Bergamo: Vai!...Vediamo cosa torna con quello che ho studiato io...Chi ci metti in prima griglia di squadre? Di partite?
Moggi: Aspe’...Fammi piglia’ il foglietto! Perché io me la son guardata oggi per bene...Allora, io ho fatto: Inter-Roma, Juventus-Udinese, Reggina-Milan, Fiorentina-Parma che non può non essere messa qui, e Siena-Messina.
Bergamo: Sì.
Moggi: Ho fatto di 5, ma si po’ fa’ anche di 4 però! Non è che però Siena-Messina...mi sembra una partita abbastanza importante! Mi sembra, eh?
Bergamo: Poi c’è anche Livorno-Sampdoria che all’andata è stato un casino!
Moggi: Sono due squadre che in pratica so’ un po’ più tranquille.
Bergamo: Vabbè, vai, tanto questo cambia poco, se ne può aggiungere anche una volendo, però arbitri per la prima fascia ce ne ho pochi. Dimmi!
Moggi: Io ci ho messo Bertini, Paparesta, Trefoloni, Racalbuto, ci avevo messo Tombolini, però Tombolini poi ha fatto un casino con la Lazio, non lo so qui com’è, ha dato un rigore... questi qui erano gli arbitri che io avevo messo in questa griglia!
Bergamo: E Rodomonti al posto di Tombolini, no?
Moggi: Va bene pure!
Bergamo: E allora s’era fatta uguale vedi!
Moggi: Io credo che questa qui possa essere una griglia.
Bergamo: Io ce ne avevo 4. C’avevo: Bertini, Racalbuto, Rodomonti e Trefoloni. E sinceramente Tombolini volevo tenerlo un turno fermo perché ha sbagliato, sennò questi se non li punisci mai...
Moggi: Guarda, ora ti dico, può darsi pure che mi sbaglio, io pure c’ho della gente da tene’ sotto, no? Se tu, per esempio, non punisci Collina e Rosetti, gli altri sono tutti autorizzati...
Bergamo: Ma infatti io Collina e Rosetti non li ho mica messi, eh?
Moggi: No, per dirti! Ma gli altri sono autorizzati a dire: «Se lo fanno loro possiamo farlo anche noi»...Non ci devono rompere i...!
Bergamo: Sì sì, infatti che ti ho detto...
Moggi: Questa, questa è una legge di gruppo!
Due giorni dopo ecco le designazioni: Juventus-Udinese, Rodomonti; Livorno-Sampdoria, Taglia-vento; Inter-Roma, Trefoloni; Fiorentina-Parma, Paparesta; Bologna-Palermo, Messina; Reggina-Milan, Racalbuto; Siena-Messina, Bertini; Lecce-Chievo, Morganti; Brescia-Cagliari, De Marco; Lazio-Atalanta, Brighi. Tutto come ordinato: un sorteggio à la carte.
VIOLA, LAZIO E MILAN. Anche la vicenda della Fiorentina di Diego e Andrea Della Valle è emblematica. I due fratelli rilevano la società viola da Vittorio Cecchi Gori nel 2002. L’uno è presidente onorario, l’altro presidente effettivo. E subito provano a scardinare la cupola del calcio e si battono per cacciare Carraro dalla Figc e Galliani dalla Lega. Ma ben presto sono costretti a scendere a patti con la cupola da un’autentica persecuzione arbitrale, che precipita la Fiorentina sull’orlo della retrocessione. I Della Valle contattano Bergamo e Moggi. E alla fine la Fiorentina si salva per il rotto della cuffia a discapito del Bologna. L’ultima giornata è decisiva: il Parma non deve vincere a Lecce, altrimenti si salva e manda in B la Fiorentina. Arbitra il solito De Santis. Il designatore lo chiama prima della partita per le ultime raccomandazioni:
Bergamo: Massimo, è tutto a posto?
De Santis: Ho parlato con i guardalinee, gli ho spiegato un po’ velatamente le cose, ci mettiamo in mezzo noi.
Bergamo: L’importante è che tu vinca.
Infatti la Fiorentina batte il Brescia 3-0 e Lecce-Parma finisce rocambolescamente 3-3. Mazzini si felicita con Della Valle per la missione compiuta.
Mazzini: I cavalli boni vengono sempre fori. Le nostre pedine funzionano sempre, l’operazione chirurgica è stata perfetta.
Della Valle: Certi errori non li faremo più.
Il ruolo della Lazio è complesso: il presidente Lotito avrebbe agito – si legge nella sentenza dell’arbitrato del Coni (l’ultimo della lunga serie di verdetti della giustizia sportiva) – nella "putativa convinzione di dover reagire a torti subiti e di poterlo fare avviando contatti non trasparenti con i vertici federali". Le sue proteste vanno a buon fine, anche perché Carraro ha bisogno del voto di Lotito per essere confermato alla presidenza della Figc. Non per niente il 3 febbraio 2005, in vista dell’incontro fra Chievo e Lazio che si giocherà il giorno 20, Carraro ordina a Pairetto: "Bisogna dare una mano alla Lazio". Quanto al Milan, visto che gli arbitri li controlla Moggi, si accaparra i guardalinee. Se ne occupa un consulente "esterno" del club berlusconiano, in stretto contatto con Galliani: il ristoratore Leonardo Meani, molto addentro alle segrete cose del calcio, essendo stato guardalinee. Anche lui, come Galliani e gli altri dirigenti coinvolti nello scandalo, già squalificato dalla giustizia sportiva.
Da il Fatto Quotidiano del 4 aprile
---
Se hai trovato interessante l'articolo iscriviti ai feed via mail per rimanere sempre aggiornato sui nuovi contenuti del blog
MOGGI E LA CUPOLA. Il processo in corso a Napoli si basa sulle intercettazioni disposte dalle Procure di Torino (che poi ha archiviato il procedimento) e di Napoli fra l’estate del 2004 e quella del 2005. Il mattatore assoluto è l’allora direttore generale della Juve, Moggi, che secondo l’accusa sedeva al vertice di una «cupola» in grado di condizionare partite, campionati, arbitraggi, calciomercato, organi di controllo, stampa, tv e persino ampi settori del mondo politico e delle forze dell’ordine. C’è il controllo militare sui designatori arbitrali Pierluigi Pairetto e Paolo Bergamo. Ci sono le istituzioni, dalla Figc all’Uefa, piegate a interessi di parte: per sistemare gli amici e soprattutto per avere arbitri malleabili, in campionato e in Champions League. E ci sono addirittura le riunioni in casa di Antonio Giraudo, amministratore delegato della Juventus, con Lucianone e i due designatori. Poi c’è la «Gea World», una società che «gestisce» centinaia tra calciatori, allenatori e dirigenti e fa capo a un’agguerrita pattuglia di «figli di papà»: Alessandro Moggi, Chiara Geronzi, Giuseppe De Mita, Francesca Tanzi, Andrea Cragnotti, Davide Lippi. Secondo gli investigatori, sarà proprio grazie a questo colossale conflitto d’interessi che il presidente della Roma Franco Sensi, inizialmente riottoso al sistema Moggi, ma indebitato fino al collo con la sua Italpetroli nei confronti di Capitalia (allora presieduta da Cesare Geronzi), sarà indotto a cedere la guida del club alla figlia Rosella, ben presto risucchiata nell’orbita geronzian-moggiana; e a sacrificare uno strenuo oppositore della «cupola», il direttore sportivo Franco Baldini.
Moggi viene intercettato a Torino, nel precampionato, mentre sceglie gli arbitri preferiti per le partite della Juventus: i due designatori prendono nota e obbediscono. Il dg bianconero è in grado d’influire sulle loro carriere, e su quelle dei fischietti, non solo intervenendo sui dirigenti del calcio, ma anche controllando capillarmente uno stuolo di giornalisti sportivi, della carta stampata e della tv. Compresi i «moviolisti» incaricati di analizzare le scelte arbitrali e di condizionare così i giudizi sugli eventuali errori. Chi sbaglia a vantaggio della Juve e dei suoi amici, viene coperto e salvato.
Chi invece sbaglia contro, o fa semplicemente il suo dovere, se ne pente amaramente: viene attaccato dai giornalisti moggiani e punito dagli organi federali. Moggi vanta pure ottimi rapporti con molti politici, a partire dal ministro dell’Interno, Beppe Pisanu (che chiede e ottiene il salvataggio della Torres Sassari in serie C1), e da quello dell’Ambiente, Altero Matteoli (tifoso bianconero). Poi ci sono le telefonate intercettate dal Ros di Roma per la Procura di Napoli. Le più inquietanti sono due: quella in cui Moggi racconta di aver chiuso a chiave nello spogliatoio dello stadio di Reggio Calabria l’arbitro Gianluca Paparesta, «reo» di non aver favorito la Juventus contro la Reggina (il direttore di gara, intimidito, nel suo referto non riferirà una parola del fattaccio); e quella in cui il dirigente bianconero concorda col designatore Bergamo i sorteggi arbitrali a vantaggio della sua squadra, ma anche di quelle alleate. Il sistema è quello delle «griglie»: le partite sono divise in diverse fasce e così gli arbitri. Basta escludere dalla fascia della Juventus quelli sgraditi a Moggi e inserire quelli graditi, e ogni «rischio» per i bianconeri e i loro amici è azzerato. Tanto più se le griglie le detta lo stesso Lucianone al designatore. È il 9 febbraio 2005.
Moggi: Ora ti dico quello che mi ero studiato io.
Bergamo: Vai!...Vediamo cosa torna con quello che ho studiato io...Chi ci metti in prima griglia di squadre? Di partite?
Moggi: Aspe’...Fammi piglia’ il foglietto! Perché io me la son guardata oggi per bene...Allora, io ho fatto: Inter-Roma, Juventus-Udinese, Reggina-Milan, Fiorentina-Parma che non può non essere messa qui, e Siena-Messina.
Bergamo: Sì.
Moggi: Ho fatto di 5, ma si po’ fa’ anche di 4 però! Non è che però Siena-Messina...mi sembra una partita abbastanza importante! Mi sembra, eh?
Bergamo: Poi c’è anche Livorno-Sampdoria che all’andata è stato un casino!
Moggi: Sono due squadre che in pratica so’ un po’ più tranquille.
Bergamo: Vabbè, vai, tanto questo cambia poco, se ne può aggiungere anche una volendo, però arbitri per la prima fascia ce ne ho pochi. Dimmi!
Moggi: Io ci ho messo Bertini, Paparesta, Trefoloni, Racalbuto, ci avevo messo Tombolini, però Tombolini poi ha fatto un casino con la Lazio, non lo so qui com’è, ha dato un rigore... questi qui erano gli arbitri che io avevo messo in questa griglia!
Bergamo: E Rodomonti al posto di Tombolini, no?
Moggi: Va bene pure!
Bergamo: E allora s’era fatta uguale vedi!
Moggi: Io credo che questa qui possa essere una griglia.
Bergamo: Io ce ne avevo 4. C’avevo: Bertini, Racalbuto, Rodomonti e Trefoloni. E sinceramente Tombolini volevo tenerlo un turno fermo perché ha sbagliato, sennò questi se non li punisci mai...
Moggi: Guarda, ora ti dico, può darsi pure che mi sbaglio, io pure c’ho della gente da tene’ sotto, no? Se tu, per esempio, non punisci Collina e Rosetti, gli altri sono tutti autorizzati...
Bergamo: Ma infatti io Collina e Rosetti non li ho mica messi, eh?
Moggi: No, per dirti! Ma gli altri sono autorizzati a dire: «Se lo fanno loro possiamo farlo anche noi»...Non ci devono rompere i...!
Bergamo: Sì sì, infatti che ti ho detto...
Moggi: Questa, questa è una legge di gruppo!
Due giorni dopo ecco le designazioni: Juventus-Udinese, Rodomonti; Livorno-Sampdoria, Taglia-vento; Inter-Roma, Trefoloni; Fiorentina-Parma, Paparesta; Bologna-Palermo, Messina; Reggina-Milan, Racalbuto; Siena-Messina, Bertini; Lecce-Chievo, Morganti; Brescia-Cagliari, De Marco; Lazio-Atalanta, Brighi. Tutto come ordinato: un sorteggio à la carte.
VIOLA, LAZIO E MILAN. Anche la vicenda della Fiorentina di Diego e Andrea Della Valle è emblematica. I due fratelli rilevano la società viola da Vittorio Cecchi Gori nel 2002. L’uno è presidente onorario, l’altro presidente effettivo. E subito provano a scardinare la cupola del calcio e si battono per cacciare Carraro dalla Figc e Galliani dalla Lega. Ma ben presto sono costretti a scendere a patti con la cupola da un’autentica persecuzione arbitrale, che precipita la Fiorentina sull’orlo della retrocessione. I Della Valle contattano Bergamo e Moggi. E alla fine la Fiorentina si salva per il rotto della cuffia a discapito del Bologna. L’ultima giornata è decisiva: il Parma non deve vincere a Lecce, altrimenti si salva e manda in B la Fiorentina. Arbitra il solito De Santis. Il designatore lo chiama prima della partita per le ultime raccomandazioni:
Bergamo: Massimo, è tutto a posto?
De Santis: Ho parlato con i guardalinee, gli ho spiegato un po’ velatamente le cose, ci mettiamo in mezzo noi.
Bergamo: L’importante è che tu vinca.
Infatti la Fiorentina batte il Brescia 3-0 e Lecce-Parma finisce rocambolescamente 3-3. Mazzini si felicita con Della Valle per la missione compiuta.
Mazzini: I cavalli boni vengono sempre fori. Le nostre pedine funzionano sempre, l’operazione chirurgica è stata perfetta.
Della Valle: Certi errori non li faremo più.
Il ruolo della Lazio è complesso: il presidente Lotito avrebbe agito – si legge nella sentenza dell’arbitrato del Coni (l’ultimo della lunga serie di verdetti della giustizia sportiva) – nella "putativa convinzione di dover reagire a torti subiti e di poterlo fare avviando contatti non trasparenti con i vertici federali". Le sue proteste vanno a buon fine, anche perché Carraro ha bisogno del voto di Lotito per essere confermato alla presidenza della Figc. Non per niente il 3 febbraio 2005, in vista dell’incontro fra Chievo e Lazio che si giocherà il giorno 20, Carraro ordina a Pairetto: "Bisogna dare una mano alla Lazio". Quanto al Milan, visto che gli arbitri li controlla Moggi, si accaparra i guardalinee. Se ne occupa un consulente "esterno" del club berlusconiano, in stretto contatto con Galliani: il ristoratore Leonardo Meani, molto addentro alle segrete cose del calcio, essendo stato guardalinee. Anche lui, come Galliani e gli altri dirigenti coinvolti nello scandalo, già squalificato dalla giustizia sportiva.
Da il Fatto Quotidiano del 4 aprile
---
Se hai trovato interessante l'articolo iscriviti ai feed via mail per rimanere sempre aggiornato sui nuovi contenuti del blog
0 commenti to " Marco Travaglio - Moratti al telefono non cambia nulla [FQ del 04.04.2010] "