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Scudo fiscal ridimensionato, il 60% dei capitali non rientrati

ROMA - Sorpresa sullo scudo fiscale: i soldi rientrati sono molti meno di quanto annunciato. Meno della metà dei 95 miliardi, frutto dell'operazione "scudo fiscale 1" conclusa il 15 dicembre dello scorso anno, sono rientrati "sonanti" in Italia e saranno a disposizione del rilancio del Paese come era nelle intenzioni del ministro dell'Economia Giulio Tremonti.

I denari, le azioni e le obbligazioni che i beneficiari dello scudo fiscale hanno riportato materialmente in Italia, smobilitando le attività estere e convertendole in contante, ammontano per la precisione a 34,9 miliardi, ovvero al 41 per cento degli 85 miliardi totalizzati complessivamente dalla prima fase dello scudo (si arriva a 95 solo tendendo conto di oro e gioielli, delle microperazioni e dei rientri differiti per particolari ostacoli procedurali).

Il nuovo quadro è assai meno ottimistico di quello accreditato dal Tesoro in un comunicato della fine dello scorso anno che parlava di "rimpatri effettivi" pari al 98 per cento dei 95 miliardi "scudati". A rendere possibile un bilancio più approfondito e veritiero dell'operazione scudo fiscale sono stati i dati diffusi nei giorni scorsi dalla Banca d'Italia.

Per capire come sono andate effettivamente le cose bisogna considerare che le strade che consentono di aderire allo scudo fiscale sono tre: la regolarizzazione (si tengono i capitali all'estero presso un intermediario straniero e si denunciano al fisco); il rimpatrio giuridico, cioè si lasciano i capitali investiti in attività estere ma li si affida in gestione ad un intermediario italiano; ed infine il rimpatrio con liquidazione: ovvero si vendono le attività estere e si portano fisicamente i soldi in Italia. Come è evidente, solo quest'ultima versione dello scudo mette a disposizione denaro fresco per la nostra economia in crisi: ovvero i 34,9 miliardi classificati dalla Banca d'Italia. Le prime due, "regolarizzazione" e "rimpatrio giuridico", sono state invece le più gettonate e hanno raccolto il 60 per cento dei consensi di evasori ed esportatori di capitali pari 50,2 miliardi.

La versione dell'operazione-rimpatrio, che veniva descritta dal Tesoro come "uno straordinario successo, segno di forza della nostra economia e di fiducia dell'Italia", appare alla luce dei dati di Bankitalia un po' ridimensionata. Il comunicato del Tesoro di fine anno, ha scritto Maria Cecilia Guerra su Lavoce. info nel sollevare la questione, "pur formalmente corretto, era nella sostanza fuorviante: si voleva far credere che il 98 per cento dei 95 miliardi "scudati" fosse davvero rientrato in Italia, pronto ad affluire alle nostre imprese in crisi". La Guerra aggiunge che si è "giocato sull'ambiguità" del termine "rimpatri effettivi", senza ricordare, come abbiamo visto, che esistono rimpatri veri e propri e rimpatri meramente giuridici.

Dove tenevano i soldi coloro che li hanno materialmente riportati in Italia? In cima alla classifica c'è la Svizzera: dai cantoni elvetici sono rientrati materialmente 24,9 miliardi, ma ben 35 sono rimasti nei forzieri elevetici. Dai dati di Bankitalia emerge anche il tipo di attività in cui avevano investito evasori ed esportatori di capitali all'estero: la maggior parte dei soldi stava in depositi di conto corrente (33,7 miliardi). Circa 990 milioni erano investiti in sicure obbligazioni, 103 milioni in azioni, 1 milione nei pericolosissimi derivati e 37 milioni in altre attività finanziarie non meglio definite. Ci sono anche 6 milioni di case e quote di multiproprietà che gli "scudanti" hanno deciso di vendere per riportare i soldi in Italia. Pagando il 5 per cento.


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