Sfido chiunque a darmi lezioni di moralità. Io penso di poterne dare. E mi aspetto innanzitutto rispetto per il lavoro che ho svolto in questi anni. Parliamone, discutiamone a viso aperto in qualunque sede. Sono pronto a confrontarmi con quelli che mostrano dubbi sulla mia candidatura». Vincenzo De Luca, il battagliero sindaco di Salerno, una vita per la città dal ‘93, si trova a gestire le sue prime ore da candidato Pd alla presidenza della Regione Campania, tra i dubbi e gli altolà di possibili compagni di strada. L’Idv non ci sta. Vendola e la sua area invitano alla riapertura del dibattito sulla candidatura.
Sindaco, potrebbe ripensarci?
«Ma stiamo scherzando...».
Neanche davanti alla possibilità che un suo passo indietro possa far aumentare i partiti a sostegno del centrosinistra?
«Basta con la politica politicante. Dei tavoli e dei sottotavoli. Delle decisioni prese nelle segrete stanze. Con le primarie ti rivolgi direttamente agli elettori. Ero disponibile a farle. Ora io, che non ho alle spalle potentati politici, sono pronto a giocarmi fino in fondo la partita, da uomo libero».
C’è chi non manca di ricordare i suoi conti aperti con la giustizia proprio per chiederle di fare un passo indietro.
«È vero, devo fare i conti con una vicenda giudiziaria ma legata ad una vicenda di cui vado orgoglioso. Sono inquisito per aver difeso il posto di duecento lavoratori. Rifarei tutto dalla A alla Zeta. E, come ho già detto, sono pronto a sfidare chiunque in qualunque sede sui temi della moralità. Facciamo un dibattito, parliamoci a viso aperto, e ricostruiamo con correttezza una storia che non vivo con difficoltà ma, ripeto, con orgoglio».
Lei è un sindaco molto popolare. Al quinto posto nella classifica dei primi cittadini più efficienti. Punta su questo certificato buon governo per ottenere la vittoria alle regionali?
«Salerno è la città dell’umanità e della solidarietà. Abbiamo fatto in tanti anni quello che poche amministrazioni possono rivendicare. Abbiamo portato avanti un programma di sicurezza, rivalorizzazione sociale ed economica, di integrazione, di sviluppo e occupazione. Nella nostra città si fa il 75 per cento di raccolta differenziata e abbiamo creato un filo diretto e di collaborazione con le comunità di extracomunitari a cominciare da quella senegalese che è la più rappresentata. Aiuti alle loro attività economiche, ai ricongiungimenti familiari».
Ma Nichi Vendola dice che lei è un “sindaco sceriffo”.
«Non accetto lezioni da nessuno. Io e Vendola abbiamo pareri diversi su come far rispettare le regole. Noi abbiamo garantito il lavoro, servizi sociali di buon livello, assistenza domiciliare agli anziani e ai disabili, una significativa programmazione culturale, una battaglia a viso aperto alla criminalità organizzata. Io mi muovo così. Fornisco buoni servizi e pretendo il rispetto delle regole. Per riuscirci servono a poco la poesia e l’ accademia. Vorrei ricordare che non ho mai avuto avuto problemi di bancomat e non ci sono state questioni di donne. Io amministro una casa di vetro».
C’è chi fa paragoni tra la sua candidatura a quella mancata del sottosegretario Cosentino. È una questione che regge?
«A Gasparri, mi pare l’abbia detto lui, rispondo che io ho sempre frequentato gli operai. Cosentino credo altri ambienti. Scivoloni come questi valgono almeno diecimila voti per me».
La sua non è stata una candidatura facile. Si è parlato di primarie nel Pd. Poi gli altri candidati hanno fatto un passo indietro E c’è chi ancora spera in una riapertura dei giochi. Lei pensa di rappresentare davvero tutto il Pd?
«Certo che sono sicuro di rappresentare tutto il partito. C’è stato dibattito e confronto. Ora ci aspetta una grande battaglia che per avere il risultato sperato dovrà essere di tutti».
Eppure c’è la sua storica distanza dal governatore uscente. Siete stati protagonisti di epici scontri. Come si muoverà, secondo lei, Bassolino?
«Non ci dobbiamo certo scambiare dichiarazioni d’amore. E lui, senza ipocrisie, è una figura di riferimento per la politica meridionale. A questo punto vorrei che tutti tenessimo ben presente che se perdiamo la Regione e poi di conseguenza tra dieci mesi il Comune di Napoli, sarà una catastrofe che travolgerà tutti. In momenti come questi deve prevalere il senso di responsabilità».
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