MILANO - La decisione di chiudere Termini Imerese «è irreversibile. Lo stabilimento non è in grado di competere». Lo ha ribadito l'amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne, intervenendo all'Automotive News World Congress, dopo che il suo intervento era stato interrotto da una piccola protesta. Dalla platea si è alzata una voce affermando: «Fiat-Chrysler vergogna», in riferimento alla decisione del Lingotto di chiudere lo stabilimento siciliano. Marchionne, ha poi precisato: «La Fiat è un'azienda e ha le responsabilità di un'azienda. Non ha le responsabilità di un governo, è il governo che deve governare. Siamo il maggiore investitore in Italia, ma non abbiamo la responsabilità di governare il paese».
«A livello globale la nostra industria ha la capacità di produrre circa 94 milioni di auto all'anno, circa 30 milioni in più di quante se ne vendono. Un terzo di questo eccesso di capacità si trova in Europa, dove il settore automobilistico resta virtualmente l'unico settore a non aver ancora razionalizzato la produzione. L'Europa lo scorso anno ha utilizzato il 75% della propria capacità, un numero che potrebbe scendere al 65% quest'anno. La ragione è semplice - spiega Marchionne -: i produttori europei semplicemente non chiudono gli impianti. E questo perché ricevono spesso fondi per non farlo. L'ultima volta che un impianto in Germania è stato chiuso la Seconda Guerra Mondiale doveva ancora iniziare». «Questo problema coincide con l'apparente determinazione a fare del settore automobilistico l'ultimo bastione del nazionalismo economico del continente. È passato più di mezzo secolo è passato da quando il Trattato di Roma è stato firmato, e i governi europei continuano ancora ad agire come se fossero le infermiere delle rispettive case automobilistiche nazionali, discriminandosi fra paesi», aggiunge Marchionne, sottolineando come i motivi alla base di questo atteggiamento del governo potrebbero essere anche «ammirevoli.
Tutelare l'occupazione è il primo: è un imperativo di ogni società assicurare che i bisogni umani siano soddisfatti» ma non si possono forzare le industrie a farlo. E inoltre - aggiunge - le aziende «possono farlo solo in modo artificiale». «Un'altra ragione ugualmente comprensibile è l'orgoglio: l'orgoglio nazionale può essere motivante e virtuoso».
Ma, citando Aristotele, Marchionne afferma: «La differenza fra orgoglio e vanità è che una merita gli onori l'altra li riceve. Così dovrebbe essere per la nostra industria. La Fiat ha dato il benvenuto all'orgoglio della nostra rinascita, perchè era genuino. Ma le case automobilistiche non meritano l'orgoglio dei loro governi se questi le trattano come società deboli che richiedono assistenza continua: le società saranno motivo di orgoglio se saranno in grado di stare in piedi sulle loro gambe e competere». (Fonte: Ansa)
---
Se hai trovato interessante l'articolo iscriviti ai feed via mail per rimanere sempre aggiornato sui nuovi contenuti del blog
«A livello globale la nostra industria ha la capacità di produrre circa 94 milioni di auto all'anno, circa 30 milioni in più di quante se ne vendono. Un terzo di questo eccesso di capacità si trova in Europa, dove il settore automobilistico resta virtualmente l'unico settore a non aver ancora razionalizzato la produzione. L'Europa lo scorso anno ha utilizzato il 75% della propria capacità, un numero che potrebbe scendere al 65% quest'anno. La ragione è semplice - spiega Marchionne -: i produttori europei semplicemente non chiudono gli impianti. E questo perché ricevono spesso fondi per non farlo. L'ultima volta che un impianto in Germania è stato chiuso la Seconda Guerra Mondiale doveva ancora iniziare». «Questo problema coincide con l'apparente determinazione a fare del settore automobilistico l'ultimo bastione del nazionalismo economico del continente. È passato più di mezzo secolo è passato da quando il Trattato di Roma è stato firmato, e i governi europei continuano ancora ad agire come se fossero le infermiere delle rispettive case automobilistiche nazionali, discriminandosi fra paesi», aggiunge Marchionne, sottolineando come i motivi alla base di questo atteggiamento del governo potrebbero essere anche «ammirevoli.
Tutelare l'occupazione è il primo: è un imperativo di ogni società assicurare che i bisogni umani siano soddisfatti» ma non si possono forzare le industrie a farlo. E inoltre - aggiunge - le aziende «possono farlo solo in modo artificiale». «Un'altra ragione ugualmente comprensibile è l'orgoglio: l'orgoglio nazionale può essere motivante e virtuoso».
Ma, citando Aristotele, Marchionne afferma: «La differenza fra orgoglio e vanità è che una merita gli onori l'altra li riceve. Così dovrebbe essere per la nostra industria. La Fiat ha dato il benvenuto all'orgoglio della nostra rinascita, perchè era genuino. Ma le case automobilistiche non meritano l'orgoglio dei loro governi se questi le trattano come società deboli che richiedono assistenza continua: le società saranno motivo di orgoglio se saranno in grado di stare in piedi sulle loro gambe e competere». (Fonte: Ansa)
---
Se hai trovato interessante l'articolo iscriviti ai feed via mail per rimanere sempre aggiornato sui nuovi contenuti del blog
0 commenti to " Marchionnne: "Termini chiuderà, siamo un'azienda, non un governo" "