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«Minacce, bombe e omertà Mercato inquinato a Milano»

MILANO — Per la prima vol­ta contestato a Milano alla stre­gua che a Platì o Corleone, il re­ato si chiama «illecita concor­renza e turbativa al mercato con minaccia o violenza». Ma le intercettazioni di Dia, Gico e carabinieri lo fanno capire mol­to meglio.

Sei un imprenditore e stai decidendo a chi affidare il subappalto per gli scavi e il movimento terra nel tuo cantie­re nella cintura sud dell’hinter­land milanese, colonizzata de­cenni fa dalle famiglie storiche della ’ndrangheta al Nord? Io, che sono pure un imprenditore — volto ufficiale la società in via Montenapoleone, volto oscuro la compartecipazione in affari immobiliari con i rampolli di terza generazio­ne delle cosche Barbaro e Papalia trapiantate a Buc­cinasco, Assago, Corsico, Cesano Boscone, Trezzano sul Naviglio — «ho due per­sone da presentarti.

Anzi una non te la presento, per gli scavi ti faccio solo fare un preventivo da un ragazzo preci­so. Un bravo ragazzo». Natural­mente «se sei d’accordo, senza alcun impegno». Per carità, sei libero di scegliere a chi dare il lavoro, in fondo anche quell’al­tro fornitore «non è che non sia un bravo ragazzo». Ma sai com’è, «il mondo degli scavi è un mondo diverso, diverso», e a volte richiede «degli equili­bri ». E’ vero che, con quell’al­tro, risparmieresti 40mila euro sul lavoro: solo che «quello te lo può fare pure a gratis, ma come ci sono dei problemi, lui sicuramente non ti risolve un problema che posso risolverti io! » .

E’ tutta questione di «problemi » possibili. Di che tipo, lo elencano 250 pagine di ordi­nanza per arrestare ieri 17 per­sone e sequestrare case e socie­tà per 5 milioni di euro: auto­mezzi fatti saltare in aria, agen­zie immobiliari bruciate, gente dubbiosa persuasa da colpi di pistola sparati alle finestre del­la camera da letto, un perito del Tribunale corrotto («il geo­metra la perizia la fa come glie­lo abbiamo detto di fare noi») per comprare a prezzo straccia­to un prezioso terreno alle aste giudiziarie. E imprenditori mezzo terrorizzati e mezzo col­lusi con chi tra l’altro dava asi­lo a un latitante in fuga dal­l’Aspromonte; seppelliva detri­ti non nelle apposite discariche ma in un cantiere sulla linea ferroviaria Milano-Mortara; e in una Lancia Lybra nascosta in un box di Assago custodiva un arsenale di mitragliatori, pisto­le semiautomatiche, fucili, bombe a mano di fabbricazio­ne jugoslava. E’ «di estremo allarme — scrive sconfortato il gip Giusep­pe Gennari a proposito del ma­teriale offertogli dai pm Boccas­sini, Dolci, Venditti e Storari— il fatto che, da anni, tra impren­ditori milanesi si consideri un dato ineluttabile che determi­nati lavori in campo edile sia­no totalmente sottratti alle re­gole del mercato e della concor­renza » . Eccone uno che, ignaro di es­sere intercettato mentre si sfo­ga con un amico, inveisce con­tro quelli che «buttano bombe a destra e sinistra, gentaglia di m...», salvo poi, quando viene convocato dagli inquirenti, as­sicurare invece che sarebbero «persone con me sempre genti­li e rispettose». Eccone un altro che, per paura, per un anno la­scia ai genitori di un boss l’uso gratis di una casa, ma ai pm lo garantisce «una persona sicura­mente affabile». Eccone ancora altri barcamenarsi: «Uno di quelli 'pesanti' mi ha detto: 'Quel signore lavora con voi', e io ho detto: no, non è corret­to, lavora per noi».

Del resto, è a due passi dal Duomo che un imprenditore racconta che ci si rivolge al boss di zona come ormai forse nemmeno più succede nei vico­li di camorra: «In zona tutti si rivolgevano a lui per i più sva­riati problemi: ad esempio a lui si chiedevano informazioni in caso di furto della macchina. Era la persona che nel momen­to del bisogno poteva darti un mano a risolvere i problemi». Il pm Boccassini annuncia «una linea di durezza verso gli imprenditori border line: l'im­prenditoria sana deve capire che bisogna stare con lo Stato, non contro, e che non può ac­cettare le violenze mafiose per propri tornaconti». Ma intanto il gip scatta solo tre tipi di foto d’azienda: «Vi è chi decide sem­plicemente di autoesiliarsi per non incontrare la strada dei 'ca­labresi' » e va a lavorare altro­ve, anche a costo di affrontare «costi maggiori del 10%.

Vi è chi accetta le regole del gioco evitando fastidi e problemi. E vi è chi va anche oltre, intessen­do rapporti che esorbitano l’or­dinaria commessa lavorativa. Se poi qualcuno dimentica le regole, il fuoco appiccato o l’or­digno esplosivo sono un buon metodo per richiamare la me­moria » . Solo quando indispensabile, s’intende. Perché il boss di tur­no è sempre pronto a portare la 'sua' pace. «Speriamo che qua tutta questa situazione la ri­solviate — consiglia ad esem­pio a chi sta litigando troppo per un debito —. Vedete come la potete passare, come la pote­te risolvere, sennò...ve lo giu­ro, sennò a me mi dispiace».

Fonte: Corriere.it
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